Election Night: una guida cinematografica
alle elezioni americane,
di Rodrigo Mella
TR-12
03.11.2020
Alla fine di una delle campagne elettorali più atipiche, e forse più influenti di sempre, visto il momento storico che stiamo vivendo, martedì 3 novembre verrà finalmente annunciato il prossimo presidente degli Stati Uniti. Il 2020 è stato l’anno del coronavirus, di Black Lives Matter, e degli incendi sulla costa ovest – tre avvenimenti che riassumono perfettamente cosa ci sia in ballo in queste elezioni, e che spiegano perché se ne sia parlato ancora più del solito. La corsa alla Casa Bianca è uno degli eventi più seguiti al mondo, sia per ragioni politiche, ma anche perché, un po’ come qualsiasi altro tipo di competizione, it’s just good TV. Anche quest’anno i dibattiti presidenziali americani sono stati secondi in termini di audience solo al Super Bowl e poco altro. Come riportato dal New York Times, il primo dibattito tra Trump e Biden è stato seguito da 73 milioni di spettatori senza calcolare tutti quelli che si sono sintonizzati online, ed è stato il terzo più visto della storia, in coda solo a Trump vs. Clinton, e Carter vs. Reagan (il che la dice lunga sul momento di crisi politica attuale). Vista l’importanza sociale e il fascino mediatico che la circondano, non è una sorpresa dunque che anche all’interno del panorama cinematografico esista praticamente un genere a parte dedicato alla Casa Bianca.
Tra i 45 uomini ad aver occupato lo Studio Ovale, ce ne sono tre in particolare che durante gli anni hanno assunto un ruolo importante anche nella storia del cinema: Abraham Lincoln, Richard Nixon, e John Fitzgerald Kennedy. Sul primo di questi, oltre alle decine di volte in cui è apparso come personaggio secondario, l’omonimo Lincoln (2012) ne è forse la rappresentazione più importante. Con dodici nomination agli Oscar, tra cui la terza (e forse ultima) statuetta di Daniel Day-Lewis, il film di Spielberg fu un successo sia con la critica che al botteghino, e rimane un esempio importante del genere biopic. Meno conosciuta è invece la versione del 1930 di D. W. Griffith (quello che nel 1915 fece Nascita di una nazione, uno di quei film che appunto ha Lincoln come personaggio secondario), intitolata Abraham Lincoln. Questa versione invece non ebbe un grande successo all’epoca, ma rimane comunque un artefatto storico, essendo uno degli unici due film sonori realizzati dal pionieristico regista americano. Per quanto riguarda Nixon, i suoi anni di presidenza sono forse uno degli argomenti più trattati di sempre in generale, e in particolare per quanto riguarda lo scandalo Watergate. Il recente film di Ron Howard Frost/Nixon (2008) è uno dei film più riusciti sull’argomento, ma non ci sono dubbi sul fatto che Tutti gli uomini del presidente (1976) rimanga in cima a questa lista. Grazie anche alle interpretazioni di Dustin Hoffman e Robert Redford, l’ultimo capitolo della trilogia della paranoia di Pakula è diventato una pietra miliare del cinema americano, la cui sfera d’influenza sul cinema moderno (vedasi Spotlight, Zodiac, e The Post, giusto per citarne qualcuno) continua ad avere pochi eguali.
E infine, c’è JFK. Tra i diritti civili, la relazione con Marilyn, e l’assassinio (e conseguenti teorie di complotto), JFK è stato la prima figura politica ad aver veramente raggiunto la stratosfera dell’immaginario pop. Non sorprende dunque che anche nel suo caso, tra film e documentari, la lista sia molto lunga. JFK (1991) di Oliver Stone rimane sicuramente tra i più rilevanti, quanto meno per l’impatto culturale che ebbe. Ai tempi dell’uscita infatti, il film venne preso di mira per la presunta manipolazione di fatti storici, in particolare la conclusione tratta da Stone che Lyndon B. Johnson (successore di Kennedy) avesse in realtà preso parte all’assassinio di Dallas, e che si fosse trattato dunque di un colpo di stato. Il film rese popolare questa versione alternativa dei fatti, e viene citato dall’ARRB (Assassination Records Review Board) come una delle ragioni dietro la pubblicazione dei documenti governativi riguardanti l'assassinio, per anni rimasti segreti. Grazie anche alle mille teorie riguardanti vita e morte di JFK, attorno al trentacinquesimo presidente degli Stati Uniti si è creata un’aura quasi mitologica, che rende difficile immaginarlo come un’uomo fatto solo di carne ed ossa. Ed è forse per questo motivo che il cinema si è spesso interessato anche ai personaggi che lo circondavano. Tra questi il ritratto della moglie Jackie (2016) di Pablo Larraín, merita una menzione speciale. Oltre alla profonda riflessione sul lutto offerta dal film, le sorprendenti musiche di Mica Levi e l’interpretazione di Natalie Portman lo rendono uno dei biopic più interessanti di sempre.
Nonostante l’abbondanza di materiale, il Presidente degli Stati Uniti è una figura che in realtà si presta poco a caratterizzazioni cinematografiche. Essendo già personaggi frutto dell’immaginazione collettiva, crearne una nuova versione che risulti convincente non è sempre facile, e alla fine il film raramente riesce ad uscire dall’ombra del soggetto stesso. Le elezioni invece, sono tutta un’altra storia. La naturale struttura della competizione impone quella narrativa del film, e il verdetto finale lascia poco spazio ad interpretazioni. Le elezioni sono forse l’unico riscontro concreto della coscienza politica di un paese, ed è questa tangibilità, il fatto che alla fine della corsa ci sia un vincitore e un perdente (o meglio, milioni di vincitori e milioni di perdenti), a renderle un prodotto già fatto e finito per Hollywood. Oltre a tutti quei film che usano le elezioni per contestualizzare la storia in una realtà politica e sociale precisa (Nashville, Taxi Driver, Shampoo), ci sono poi i film sulle stesse campagne elettorali. E in questa categoria è forse L’ultimo urrà (1958) il primo tassello del domino. Scritto e diretto da John Ford appena due anni dopo Sentieri Selvaggi, il film ambientato nel New England racconta la storia di Frank Skeffington (Spencer Tracy) e la sua campagna elettorale priva di principi morali per provare a vincere il suo quinto mandato consecutivo da sindaco. Anche se si tratta di un’elezione fittizia (pur basata su eventi reali), il film mette in mostra molte delle tematiche principali di questo genere. In particolare, è la questione morale a cui Ford s’interessa – fino a che punto si è disposti a spingersi pur di vincere? Più di cinquant’anni dopo, è George Clooney a porsi la stessa domanda con Idi di Marzo (2011), un film che per alcuni si concentra troppo sugli intrecci e troppo poco sulla politica, ma che ha in generale poco da invidiare a molti altri thriller politici. Fuori dal grande schermo, vale la pena menzionare l’ultimo episodio della prima stagione di Mad Men, intitolato Nixon vs. Kennedy, uno dei momenti più alti di una serie TV che per quanto riguarda l’analisi socio-politica degli Stati Uniti non ha rivali.
Durante gli anni si è sviluppata anche una corrente più attivista, di film elettorali realizzati con intenzioni politiche. Tra questi c’è Medium Cool (1969), un film sulla counterculture girato durante la counterculture. Realizzato da Haskell Wexler (famoso soprattutto come direttore della fotografia – Qualcuno volò sul nido del cuculo, I giorni del cielo), il film racconta attraverso gli occhi di un cameraman televisivo le violente proteste che ebbero luogo a Chicago nell’estate 1968 durante il convegno nazionale dei Democratici. Qui il confine tra realtà e finzione spesso sparisce, ed è uno dei pochi esempi in cui il film appare cosciente della propria forza politica, e in cui l'obiettivo è alimentare un movimento, invece di limitarsi a raccontarlo. In questo senso, negli ultimi anni, sono stati i documentari a ricevere il passaggio del testimone. Knock Down the House (2019) di Rachel Lears e prodotto da Netflix, è un progetto che nasce parallelamente al movimento politico che racconta, diventandone dunque parte integrante. Oltre a fornire un ritratto della crisi politica moderna, è probabile che il film passi alla storia come il film che raccontò l’inizio della storia di Alexandria Ocasio-Cortez. Ancora più in prospettiva c’è Boys State (2020), una delle ultime fatiche di A24, un documentario su un campeggio estivo in Texas in cui 700 adolescenti vengono scelti per inscenare una vera e propria campagna elettorale, e in cui la diffusione della corruzione morale e politica appare tanto inevitabile come l’emergere dei brufoli sulle loro facce.
Per chiudere, anche se non si tratta prettamente di elezioni politiche, sarebbe sbagliato non citare Election (1999) di Alexander Payne. Primo grande successo del regista americano, il film, ambientato nei corridoi di un liceo invece di quelli della Casa Bianca, segue la corsa alla presidenza del consiglio scolastico e i conseguenti brogli elettorali. La commedia racchiude in maniera originale molte delle problematiche politiche del paese. L’unica differenza è che a competere ci sono degli adolescenti vendicativi e pedanti, che a pensarci bene non sono poi così lontani dalla realtà dei fatti.
In attesa dunque che si scoprano i risultati di queste elezioni, la lista dei film a tema è lunga abbastanza per far passare altri 4 anni.
Menzioni Speciali: Vice, The President’s Analyst, The American President, Wag the Dog, Milk, Idiocracy, The Candidate, Napoleon Dynamite, Slay the Dragon
Election Night: una guida cinematografica alle elezioni americane.
di Rodrigo Mella
TR-12
03.11.2020
Alla fine di una delle campagne elettorali più atipiche, e forse più influenti di sempre, visto il momento storico che stiamo vivendo, martedì 3 novembre verrà finalmente annunciato il prossimo presidente degli Stati Uniti. Il 2020 è stato l’anno del coronavirus, di Black Lives Matter, e degli incendi sulla costa ovest – tre avvenimenti che riassumono perfettamente cosa ci sia in ballo in queste elezioni, e che spiegano perché se ne sia parlato ancora più del solito. La corsa alla Casa Bianca è uno degli eventi più seguiti al mondo, sia per ragioni politiche, ma anche perché, un po’ come qualsiasi altro tipo di competizione, it’s just good TV. Anche quest’anno i dibattiti presidenziali americani sono stati secondi in termini di audience solo al Super Bowl e poco altro. Come riportato dal New York Times, il primo dibattito tra Trump e Biden è stato seguito da 73 milioni di spettatori senza calcolare tutti quelli che si sono sintonizzati online, ed è stato il terzo più visto della storia, in coda solo a Trump vs. Clinton, e Carter vs. Reagan (il che la dice lunga sul momento di crisi politica attuale). Vista l’importanza sociale e il fascino mediatico che la circondano, non è una sorpresa dunque che anche all’interno del panorama cinematografico esista praticamente un genere a parte dedicato alla Casa Bianca.
Tra i 45 uomini ad aver occupato lo Studio Ovale, ce ne sono tre in particolare che durante gli anni hanno assunto un ruolo importante anche nella storia del cinema: Abraham Lincoln, Richard Nixon, e John Fitzgerald Kennedy. Sul primo di questi, oltre alle decine di volte in cui è apparso come personaggio secondario, l’omonimo Lincoln (2012) ne è forse la rappresentazione più importante. Con dodici nomination agli Oscar, tra cui la terza (e forse ultima) statuetta di Daniel Day-Lewis, il film di Spielberg fu un successo sia con la critica che al botteghino, e rimane un esempio importante del genere biopic. Meno conosciuta è invece la versione del 1930 di D. W. Griffith (quello che nel 1915 fece Nascita di una nazione, uno di quei film che appunto ha Lincoln come personaggio secondario), intitolata Abraham Lincoln. Questa versione invece non ebbe un grande successo all’epoca, ma rimane comunque un artefatto storico, essendo uno degli unici due film sonori realizzati dal pionieristico regista americano. Per quanto riguarda Nixon, i suoi anni di presidenza sono forse uno degli argomenti più trattati di sempre in generale, e in particolare per quanto riguarda lo scandalo Watergate. Il recente film di Ron Howard Frost/Nixon (2008) è uno dei film più riusciti sull’argomento, ma non ci sono dubbi sul fatto che Tutti gli uomini del presidente (1976) rimanga in cima a questa lista. Grazie anche alle interpretazioni di Dustin Hoffman e Robert Redford, l’ultimo capitolo della trilogia della paranoia di Pakula è diventato una pietra miliare del cinema americano, la cui sfera d’influenza sul cinema moderno (vedasi Spotlight, Zodiac, e The Post, giusto per citarne qualcuno) continua ad avere pochi eguali.
E infine, c’è JFK. Tra i diritti civili, la relazione con Marilyn, e l’assassinio (e conseguenti teorie di complotto), JFK è stato la prima figura politica ad aver veramente raggiunto la stratosfera dell’immaginario pop. Non sorprende dunque che anche nel suo caso, tra film e documentari, la lista sia molto lunga. JFK (1991) di Oliver Stone rimane sicuramente tra i più rilevanti, quanto meno per l’impatto culturale che ebbe. Ai tempi dell’uscita infatti, il film venne preso di mira per la presunta manipolazione di fatti storici, in particolare la conclusione tratta da Stone che Lyndon B. Johnson (successore di Kennedy) avesse in realtà preso parte all’assassinio di Dallas, e che si fosse trattato dunque di un colpo di stato. Il film rese popolare questa versione alternativa dei fatti, e viene citato dall’ARRB (Assassination Records Review Board) come una delle ragioni dietro la pubblicazione dei documenti governativi riguardanti l'assassinio, per anni rimasti segreti. Grazie anche alle mille teorie riguardanti vita e morte di JFK, attorno al trentacinquesimo presidente degli Stati Uniti si è creata un’aura quasi mitologica, che rende difficile immaginarlo come un’uomo fatto solo di carne ed ossa. Ed è forse per questo motivo che il cinema si è spesso interessato anche ai personaggi che lo circondavano. Tra questi il ritratto della moglie Jackie (2016) di Pablo Larraín, merita una menzione speciale. Oltre alla profonda riflessione sul lutto offerta dal film, le sorprendenti musiche di Mica Levi e l’interpretazione di Natalie Portman lo rendono uno dei biopic più interessanti di sempre.
Nonostante l’abbondanza di materiale, il Presidente degli Stati Uniti è una figura che in realtà si presta poco a caratterizzazioni cinematografiche. Essendo già personaggi frutto dell’immaginazione collettiva, crearne una nuova versione che risulti convincente non è sempre facile, e alla fine il film raramente riesce ad uscire dall’ombra del soggetto stesso. Le elezioni invece, sono tutta un’altra storia. La naturale struttura della competizione impone quella narrativa del film, e il verdetto finale lascia poco spazio ad interpretazioni. Le elezioni sono forse l’unico riscontro concreto della coscienza politica di un paese, ed è questa tangibilità, il fatto che alla fine della corsa ci sia un vincitore e un perdente (o meglio, milioni di vincitori e milioni di perdenti), a renderle un prodotto già fatto e finito per Hollywood. Oltre a tutti quei film che usano le elezioni per contestualizzare la storia in una realtà politica e sociale precisa (Nashville, Taxi Driver, Shampoo), ci sono poi i film sulle stesse campagne elettorali. E in questa categoria è forse L’ultimo urrà (1958) il primo tassello del domino. Scritto e diretto da John Ford appena due anni dopo Sentieri Selvaggi, il film ambientato nel New England racconta la storia di Frank Skeffington (Spencer Tracy) e la sua campagna elettorale priva di principi morali per provare a vincere il suo quinto mandato consecutivo da sindaco. Anche se si tratta di un’elezione fittizia (pur basata su eventi reali), il film mette in mostra molte delle tematiche principali di questo genere. In particolare, è la questione morale a cui Ford s’interessa – fino a che punto si è disposti a spingersi pur di vincere? Più di cinquant’anni dopo, è George Clooney a porsi la stessa domanda con Idi di Marzo (2011), un film che per alcuni si concentra troppo sugli intrecci e troppo poco sulla politica, ma che ha in generale poco da invidiare a molti altri thriller politici. Fuori dal grande schermo, vale la pena menzionare l’ultimo episodio della prima stagione di Mad Men, intitolato Nixon vs. Kennedy, uno dei momenti più alti di una serie TV che per quanto riguarda l’analisi socio-politica degli Stati Uniti non ha rivali.
Durante gli anni si è sviluppata anche una corrente più attivista, di film elettorali realizzati con intenzioni politiche. Tra questi c’è Medium Cool (1969), un film sulla counterculture girato durante la counterculture. Realizzato da Haskell Wexler (famoso soprattutto come direttore della fotografia – Qualcuno volò sul nido del cuculo, I giorni del cielo), il film racconta attraverso gli occhi di un cameraman televisivo le violente proteste che ebbero luogo a Chicago nell’estate 1968 durante il convegno nazionale dei Democratici. Qui il confine tra realtà e finzione spesso sparisce, ed è uno dei pochi esempi in cui il film appare cosciente della propria forza politica, e in cui l'obiettivo è alimentare un movimento, invece di limitarsi a raccontarlo. In questo senso, negli ultimi anni, sono stati i documentari a ricevere il passaggio del testimone. Knock Down the House (2019) di Rachel Lears e prodotto da Netflix, è un progetto che nasce parallelamente al movimento politico che racconta, diventandone dunque parte integrante. Oltre a fornire un ritratto della crisi politica moderna, è probabile che il film passi alla storia come il film che raccontò l’inizio della storia di Alexandria Ocasio-Cortez. Ancora più in prospettiva c’è Boys State (2020), una delle ultime fatiche di A24, un documentario su un campeggio estivo in Texas in cui 700 adolescenti vengono scelti per inscenare una vera e propria campagna elettorale, e in cui la diffusione della corruzione morale e politica appare tanto inevitabile come l’emergere dei brufoli sulle loro facce.
Per chiudere, anche se non si tratta prettamente di elezioni politiche, sarebbe sbagliato non citare Election (1999) di Alexander Payne. Primo grande successo del regista americano, il film, ambientato nei corridoi di un liceo invece di quelli della Casa Bianca, segue la corsa alla presidenza del consiglio scolastico e i conseguenti brogli elettorali. La commedia racchiude in maniera originale molte delle problematiche politiche del paese. L’unica differenza è che a competere ci sono degli adolescenti vendicativi e pedanti, che a pensarci bene non sono poi così lontani dalla realtà dei fatti.
In attesa dunque che si scoprano i risultati di queste elezioni, la lista dei film a tema è lunga abbastanza per far passare altri 4 anni.
Menzioni Speciali: Vice, The President’s Analyst, The American President, Wag the Dog, Milk, Idiocracy, The Candidate, Napoleon Dynamite, Slay the Dragon