NC-47
09.03.2021
Il 20 Gennaio 2020 Netflix annuncia l’acquisizione dei diritti dei film dello studio Ghibli. Il 2 Marzo 2020 la Prima Linea Productions, casa di produzione francese che aveva finanziato La famosa invasione degli orsi in Sicilia, chiude i battenti a seguito (ma non esclusivamente) dell’insuccesso della pellicola al botteghino. Nove mesi più tardi, il giorno di Natale la Pixar fa esordire il suo ultimo progetto Soul direttamente sulla sua piattaforma streaming. Tre eventi che sembrano in contraddizione tra loro, o forse due che sembrano andare verso una direzione e uno che ci racconta che quella direzione non è percorribile nel nostro paese. L’animazione e l’Italia, un matrimonio mai sbocciato del tutto.
Che si tratti di animazione 2D o 3D, le difficoltà ma soprattutto i costi che un film d’animazione deve affrontare sono più alti rispetto ad una più tradizionale forma di produzione. Ma se da un lato il discorso dei finanziamenti può giustificare certe tendenze, dall’altro non ne spiega la (quasi) totale rinuncia da parte di un’intera industria. Il risultato di questo processo è che nella maggior parte dei casi ci si nasconde dietro al mito del “problema culturale”, per il quale in Italia l’animazione non ha mercato ma soprattutto è un prodotto inteso esclusivamente per fini pedagogici. L’animazione non è e non deve essere necessariamente un prodotto destinato ad un pubblico per bambini. Ma ammettendo pure che questa argomentazione possa considerarsi valida, non sono forse i bambini, con famiglie annesse il target prediletto del cinema contemporaneo? Se si guarda ai film con l’incasso più alto in Italia nel 2019, ultimo anno prima dell’inizio della pandemia, nelle prime dieci posizioni ci sono sei film (Il Re Leone, Frozen 2, Aladdin, Maleficent: Signora del Male e Dumbo) che hanno come audience principale i bambini e le famiglie. Da un punto di vista esclusivamente economico i prodotti pensati per le famiglie hanno un potenziale di incasso molto alto. Perciò screditare l’animazione come prodotto che interessa solo i bambini non ne giustificherebbe la totale assenza nel mercato nazionale. Un momento storico come questo, nel quale il cinema stesso si sta ridefinendo, sembrerebbe proprio l’occasione ideale per immettere sul mercato una nuova tipologia di prodotto.
Un altro problema che l’animazione evidenzia è quello della logica in-house, per la quale un film viene pensato, ideato e realizzato all’interno di un’unica struttura. Questa struttura, per certi versi più industriale, che non è necessariamente un concetto antitetico alla libertà creativa, sottolinea la difficoltà delle case di produzione italiane nel creare un vero e proprio sistema. L’animazione soffre più di altri generi questa realtà, perché dovendo fronteggiare dei costi più elevati, non ha sempre la possibilità di adattarsi e sopravvivere all’interno di questo limbo.
Uno dei pochi esempi in controtendenza all’interno del panorama italiano è la Mad Entertainment. La Mad è una casa di produzione napoletana che si autodefinisce una factory creativa e produttiva, che ha l’ambizione di produrre in-house e con risorse contenute prodotti di livello internazionale. Nata nel 2010 e amministrata da Luciano Stella e Maria Carolina Terzi, ha saputo creare il giusto connubio tra risorse limitate e una chiara visione del futuro. Nel mondo dell’animazione hanno prodotto fino ad oggi due lungometraggi, un cortometraggio e due speciali per la televisione. Entrambi i lungometraggi portano la firma alla regia di Alessandro Rak (Gatta Cenerentola insieme a Ivan Cappiello, Marino Guarnieri e Dario Sansone) e condividono un'interpretazione unica del genere che hanno immediatamente fatto della Mad una solida realtà all’interno dell’animazione italiana.
I due film in questione, L’Arte della Felicità (2013) e Gatta Cenerentola (2017), hanno prima di tutto l’ambizione di rivolgersi ad un pubblico adulto, cosa che in Italia rappresenta una novità, e hanno inoltre la grande capacità di trasformare il territorio in un attore protagonista. L’unicità del territorio non si percepisce soltanto attraverso le ispirazioni delle persone che lavorano all’interno della Mad, ma dal contesto in cui questi due film nascono e si sviluppano. L’animazione dà la possibilità di reinventare, distorcere e raccontare delle idee attraverso le forme, attraverso una realtà costruita da zero. La Napoli raccontata all’interno dell’Arte della Felicità e di Gatta Cenerentola non è altro che la città di oggi vista attraverso gli occhi dei suoi registi, che creano così un’atmosfera da un lato distopica e dall’altro iperrealista. Il grande pregio della Mad è stato quello non di cercare di assecondare gli standard canonici del genere, ma di sapersi ritagliare una visione autoriale ed unica all’interno del panorama dell’animazione. Il loro prossimo film in uscita, The Walking Liberty diretto sempre da Alessandro Rak, è ambientato interamente all’interno di una foresta e rappresenta per la Mad una sfida forse ancora più grande, ossia quella di trovare una voce universale al di fuori delle mura amiche della città di Napoli. In questo percorso di crescita l’esperienza di Gatta Cenerentola, presentata nella sezione Orizzonti alla 74ª edizione del Festival di Venezia, ha mostrato la capacità della Mad di saper non solo creare soggetti originali ma anche di saper reinterpretare in chiave moderna fiabe della tradizione come quella di Cenerentola.
La storia della Mad, per quanto incoraggiante, non sembra però aver sensibilizzato il pubblico ad un nuovo tipo di prodotto. Ne è un esempio lampante l’insuccesso al botteghino del film del grande illustratore Lorenzo Matteotti, all’esordio alla regia con La Famosa invasione degli orsi in Sicilia. Costato approssimativamente 11 milioni di euro, il film ha avuto una lavorazione durata quasi sei anni, nella quale i disegni a mano hanno portato in vita il racconto omonimo di Dino Buzzati, con l’intento di offrire una visione più indipendente dell’animazione al giovane pubblico.
I tentativi di ampliare gli orizzonti dell'animazione occidentale sono presenti anche all’estero e arrivano da quella che può essere considerata una delle majors per eccellenza del settore, la Pixar. Questa casa di produzione, acquistata dalla Disney nel 2006, con a capo Pete Docter (Up, Inside Out e Soul) sta cercando di far virare l’animazione verso un concetto più ampio, che va oltre ai prodotti pensati esclusivamente per bambini. Prodotti che rimarranno comunque lontani dalla tradizione orientale che ha sempre trovato riscontro anche al di fuori del pubblico più giovane, con film che sono diventati vere e proprie pietre miliari della storia del cinema. In Europa ci sono molti esempi nell’animazione che dimostrano come una via alternativa sia possibile, a prescindere dal target e dalle scelte stilistiche. Dalla casa di produzione inglese Aardman ai film di Sylvain Chomet, passando per La tartaruga rossa (prodotto dallo studio Ghibli) fino ad arrivare a Klaus (scritto e diretto da Sergio Pablos, creatore del franchise Cattivissimo Me).
Insomma il mercato esiste, e quello che probabilmente manca in Italia è una struttura in grado di concepire e produrre, come la Mad, prodotti con una loro unicità propria del territorio.
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09.03.2021
Il 20 Gennaio 2020 Netflix annuncia l’acquisizione dei diritti dei film dello studio Ghibli. Il 2 Marzo 2020 la Prima Linea Productions, casa di produzione francese che aveva finanziato La famosa invasione degli orsi in Sicilia, chiude i battenti a seguito (ma non esclusivamente) dell’insuccesso della pellicola al botteghino. Nove mesi più tardi, il giorno di Natale la Pixar fa esordire il suo ultimo progetto Soul direttamente sulla sua piattaforma streaming. Tre eventi che sembrano in contraddizione tra loro, o forse due che sembrano andare verso una direzione e uno che ci racconta che quella direzione non è percorribile nel nostro paese. L’animazione e l’Italia, un matrimonio mai sbocciato del tutto.
Che si tratti di animazione 2D o 3D, le difficoltà ma soprattutto i costi che un film d’animazione deve affrontare sono più alti rispetto ad una più tradizionale forma di produzione. Ma se da un lato il discorso dei finanziamenti può giustificare certe tendenze, dall’altro non ne spiega la (quasi) totale rinuncia da parte di un’intera industria. Il risultato di questo processo è che nella maggior parte dei casi ci si nasconde dietro al mito del “problema culturale”, per il quale in Italia l’animazione non ha mercato ma soprattutto è un prodotto inteso esclusivamente per fini pedagogici. L’animazione non è e non deve essere necessariamente un prodotto destinato ad un pubblico per bambini. Ma ammettendo pure che questa argomentazione possa considerarsi valida, non sono forse i bambini, con famiglie annesse il target prediletto del cinema contemporaneo? Se si guarda ai film con l’incasso più alto in Italia nel 2019, ultimo anno prima dell’inizio della pandemia, nelle prime dieci posizioni ci sono sei film (Il Re Leone, Frozen 2, Aladdin, Maleficent: Signora del Male e Dumbo) che hanno come audience principale i bambini e le famiglie. Da un punto di vista esclusivamente economico i prodotti pensati per le famiglie hanno un potenziale di incasso molto alto. Perciò screditare l’animazione come prodotto che interessa solo i bambini non ne giustificherebbe la totale assenza nel mercato nazionale. Un momento storico come questo, nel quale il cinema stesso si sta ridefinendo, sembrerebbe proprio l’occasione ideale per immettere sul mercato una nuova tipologia di prodotto.
Un altro problema che l’animazione evidenzia è quello della logica in-house, per la quale un film viene pensato, ideato e realizzato all’interno di un’unica struttura. Questa struttura, per certi versi più industriale, che non è necessariamente un concetto antitetico alla libertà creativa, sottolinea la difficoltà delle case di produzione italiane nel creare un vero e proprio sistema. L’animazione soffre più di altri generi questa realtà, perché dovendo fronteggiare dei costi più elevati, non ha sempre la possibilità di adattarsi e sopravvivere all’interno di questo limbo.
Uno dei pochi esempi in controtendenza all’interno del panorama italiano è la Mad Entertainment. La Mad è una casa di produzione napoletana che si autodefinisce una factory creativa e produttiva, che ha l’ambizione di produrre in-house e con risorse contenute prodotti di livello internazionale. Nata nel 2010 e amministrata da Luciano Stella e Maria Carolina Terzi, ha saputo creare il giusto connubio tra risorse limitate e una chiara visione del futuro. Nel mondo dell’animazione hanno prodotto fino ad oggi due lungometraggi, un cortometraggio e due speciali per la televisione. Entrambi i lungometraggi portano la firma alla regia di Alessandro Rak (Gatta Cenerentola insieme a Ivan Cappiello, Marino Guarnieri e Dario Sansone) e condividono un'interpretazione unica del genere che hanno immediatamente fatto della Mad una solida realtà all’interno dell’animazione italiana.
I due film in questione, L’Arte della Felicità (2013) e Gatta Cenerentola (2017), hanno prima di tutto l’ambizione di rivolgersi ad un pubblico adulto, cosa che in Italia rappresenta una novità, e hanno inoltre la grande capacità di trasformare il territorio in un attore protagonista. L’unicità del territorio non si percepisce soltanto attraverso le ispirazioni delle persone che lavorano all’interno della Mad, ma dal contesto in cui questi due film nascono e si sviluppano. L’animazione dà la possibilità di reinventare, distorcere e raccontare delle idee attraverso le forme, attraverso una realtà costruita da zero. La Napoli raccontata all’interno dell’Arte della Felicità e di Gatta Cenerentola non è altro che la città di oggi vista attraverso gli occhi dei suoi registi, che creano così un’atmosfera da un lato distopica e dall’altro iperrealista. Il grande pregio della Mad è stato quello non di cercare di assecondare gli standard canonici del genere, ma di sapersi ritagliare una visione autoriale ed unica all’interno del panorama dell’animazione. Il loro prossimo film in uscita, The Walking Liberty diretto sempre da Alessandro Rak, è ambientato interamente all’interno di una foresta e rappresenta per la Mad una sfida forse ancora più grande, ossia quella di trovare una voce universale al di fuori delle mura amiche della città di Napoli. In questo percorso di crescita l’esperienza di Gatta Cenerentola, presentata nella sezione Orizzonti alla 74ª edizione del Festival di Venezia, ha mostrato la capacità della Mad di saper non solo creare soggetti originali ma anche di saper reinterpretare in chiave moderna fiabe della tradizione come quella di Cenerentola.
La storia della Mad, per quanto incoraggiante, non sembra però aver sensibilizzato il pubblico ad un nuovo tipo di prodotto. Ne è un esempio lampante l’insuccesso al botteghino del film del grande illustratore Lorenzo Matteotti, all’esordio alla regia con La Famosa invasione degli orsi in Sicilia. Costato approssimativamente 11 milioni di euro, il film ha avuto una lavorazione durata quasi sei anni, nella quale i disegni a mano hanno portato in vita il racconto omonimo di Dino Buzzati, con l’intento di offrire una visione più indipendente dell’animazione al giovane pubblico.
I tentativi di ampliare gli orizzonti dell'animazione occidentale sono presenti anche all’estero e arrivano da quella che può essere considerata una delle majors per eccellenza del settore, la Pixar. Questa casa di produzione, acquistata dalla Disney nel 2006, con a capo Pete Docter (Up, Inside Out e Soul) sta cercando di far virare l’animazione verso un concetto più ampio, che va oltre ai prodotti pensati esclusivamente per bambini. Prodotti che rimarranno comunque lontani dalla tradizione orientale che ha sempre trovato riscontro anche al di fuori del pubblico più giovane, con film che sono diventati vere e proprie pietre miliari della storia del cinema. In Europa ci sono molti esempi nell’animazione che dimostrano come una via alternativa sia possibile, a prescindere dal target e dalle scelte stilistiche. Dalla casa di produzione inglese Aardman ai film di Sylvain Chomet, passando per La tartaruga rossa (prodotto dallo studio Ghibli) fino ad arrivare a Klaus (scritto e diretto da Sergio Pablos, creatore del franchise Cattivissimo Me).
Insomma il mercato esiste, e quello che probabilmente manca in Italia è una struttura in grado di concepire e produrre, come la Mad, prodotti con una loro unicità propria del territorio.