INT-99
05.07.2025
Damian Kocur si è rapidamente affermato come uno dei più interessanti registi emergenti del cinema polacco attraverso il suo lungometraggio di debutto, Bread and Salt - che ha ottenuto il Premio Speciale della Giuria nella sezione Orizzonti del 2022, alla Mostra del Cinema di Venezia. In una breve pausa causata da difficoltà legate ai finanziamenti del suo secondo lungometraggio, Kocur ha co-diretto con la giovane regista ucraina Anastasia Solonevych il cortometraggio As it was, presentato a Cannes 2023. La sua seconda opera indipendente ci porta invece nelle Canarie, e segue una famiglia ucraina in procinto di rientrare in patria, ma è il Febbraio 2022, e all’improvviso i voli vengono annullati.
Under the Volcano è stato presentato nel 2024 al TIFF in anteprima mondiale, e dopo l’anteprima italiana al Festival di Roma il film è stato riproposto al Trieste Film Festival 2025, dove Kocur era stato precedentemente premiato per il Miglior cortometraggio con Beyond is the Day (2020). Quest’anno il cineasta è stato presente nella giuria dei cortometraggi, e ha ottenuto, proprio per Under the Volcano, il premio CEI.
Abbiamo avuto il piacere di intervistare Damian Kocur che ci ha parlato della sua nuova, interessante, opera.
Bread and Salt (2022)
Per il tuo primo film, Bread and Salt, hai usato principalmente attori non professionisti. In Under the Volcano, hai ingaggiato sia attori non professionisti che alcuni dei più famosi attori ucraini. Come hai composto il cast?
Non direi che sono famosi in patria, forse un pochino. Anastasia Karpenko lo è diventata dopo una serie televisiva, ma Roman Lutskyi è più staccato dall’industria ucraina, vive fuori Kyiv, e principalmente recita a teatro. Hanno fatto film più “arthouse”, per esempio Roman ha recitato in Reflection di Valentyn Vasyanovich, ma non sono popolari come altri attori conosciuti dal pubblico ucraino. Abbiamo fatto un casting molto classico, con l’aiuto di casting director ucraini, a volte online, a volte di persona. Dato che sapevo che il film sarebbe stato “esigente” in termini di presenza per i personaggi e che avremmo avuto solo 20 giorni di riprese,. Ad esempio per Sofia Berezovska, la ragazza che interpreta la figlia, è la prima apparizione sullo schermo.
Sofia era presente anche in As it was, il cortometraggio presentato a Cannes che hai co-diretto con Anastasia Solonevych.
Si, era presente in un breve episodio di circa 30 secondi, per cui non era una vera e propria “esperienza sullo schermo”, anche perchè quel corto è stato girato con modalità abbastanza “punk”.
Un altro collaboratore ucraino, Nikita Kuzmenko, è stato il direttore della fotografia, ha già curato la fotografia di Pamfir (2022) e di numerosi video musicali, ma comunque sei riuscito a rendere il film più simile alle tue opere che alle sue collaborazioni precedenti.
Ho studiato fotografia quindi penso sempre all’immagine. Per me il cinema non è solo il testo, ma anche la forma, e bisogna comprenderla prima di iniziare le riprese. Perciò abbiamo parlato molto con Nikita riguardo a come raccontare la storia, il nostro approccio è stato completamente diverso rispetto a Bread and Salt, dato che la macchina da presa non è così rigorosa, fissa, ma, a volte, è mano libera. Mi ero deciso che, essendo un film diverso, anche la forma doveva essere diversa.
As it was (2023)
C’è poi la scelta di girare alle Canarie, un ambiente completamente nuovo anche per te, con, immagino, varie difficoltà, tra cui andare sull’altopiano del vulcano.
Devo dire che abbiamo fatto quella scena quasi illegalmente: avevamo i permessi ma per il giorno successivo, però mi sono detto, potremmo andare con una troupe piccola in stile “guerrilla filmmaking”, girare tutto e sparire senza che nessuno ci veda. Devo ammettere che abbiamo girato spesso in questo modo. Cerco sempre di ritagliarmi un po’ di libertà, anche per interagire con le persone che incontro, per esempio. Le Canarie sono un luogo dove vengono prodotte molte pubblicità, molte serie TV. La gente locale è abituata alle troupe cinematografiche, e non le apprezzano molto - anche se io ho avuto solo buone esperienze con loro.
In Bread and Salt hai lasciato spazio ad improvvisazioni o a scene completamente inedite rispetto alla sceneggiatura, è avvenuto lo stesso con Under the Volcano?
Certo, molte scene cambiano durante le riprese. Per esempio l’inizio e la conclusione del film, nella sceneggiatura erano completamente diversi. La scena iniziale del film non era presente nel copione, ma ho osservato un animatore di un villaggio turistico che chiedeva ai bambini di presentarsi ed indicare la loro provenienza, ed ho pensato fosse una bella scena per introdurre la nazionalità dei protagonisti in un modo verosimile. Inseguo sempre ciò che mi sembra reale , alcune volte può succedere che qualcosa funzioni sulla carta, ma poi devi eseguirla e ti rendi conto che non è così nella realtà. Non ho paura di andare in una direzione diversa.
In opere come Under the Volcano, Bread and Salt e nel tuo cortometraggio Beyond is the Day, si può notare una predisposizione al racconto delle migrazioni e del razzismo nei confronti di persone con identità non europee. Credi che questi siano i temi costanti delle tue opere?
Non so se mi sento un regista che racconta storie di razzismo. Penso che, fondamentalmente, sia qualcosa di cui non mi piace parlare, anche se devo. Ritengo che tutti noi finiamo per esercitare delle forme di razzismo, troviamo sempre un pretesto per odiare qualcuno (anche se non esiste un vero motivo), cerchiamo sempre un capro espiatorio per i nostri problemi. Immagino che tu mi stia ponendo questa domanda ricollegandoti alla scena in cui il venditore ambulante cerca di vendere qualcosa alla famiglia e scaturisce quella forte reazione del padre. Quello è qualcosa che succede spesso, che succede a chiunque, chi fa questo mestiere cerca di vendere qualcosa ma chi si trova in vacanza lo percepisce come un imbroglio, un’invasione del proprio spazio e tempo libero, e spesso li identifica come se fossero un tutt’uno, pur essendo persone molto diverse fra loro. Le Canarie sono un luogo pieno di immigrati, molti muoiono in mare.
Under the Volcano (2024)
In Under the Volcano è interessante il non-conflitto con la famiglia russa, anch’essa in vacanza nel resort.
Si, c’è un conflitto in fondo, ma tutti si aspettano che qualcuno agirà, anche se in realtà non molti hanno fatto qualcosa di concreto. Si era alimentato questo odio generale nei loro confronti, ma è difficile reagire in un contesto in cui la guerra appare comunque distante.
Sai già qual è il tuo prossimo progetto?
Ho ricevuto i fondi dall’istituto polacco di cinema per la produzione di una sceneggiatura dal titolo “La Manche” che ho scritto anni fa, tratta di una storia ambientata sul confine polacco-bielorusso. Malgrado questo, non sono sicuro se lo realizzerò, perché è difficile continuare ad amare un progetto a distanza di tanti anni.
INT-99
05.07.2025
Damian Kocur si è rapidamente affermato come uno dei più interessanti registi emergenti del cinema polacco attraverso il suo lungometraggio di debutto, Bread and Salt - che ha ottenuto il Premio Speciale della Giuria nella sezione Orizzonti del 2022, alla Mostra del Cinema di Venezia. In una breve pausa causata da difficoltà legate ai finanziamenti del suo secondo lungometraggio, Kocur ha co-diretto con la giovane regista ucraina Anastasia Solonevych il cortometraggio As it was, presentato a Cannes 2023. La sua seconda opera indipendente ci porta invece nelle Canarie, e segue una famiglia ucraina in procinto di rientrare in patria, ma è il Febbraio 2022, e all’improvviso i voli vengono annullati.
Under the Volcano è stato presentato nel 2024 al TIFF in anteprima mondiale, e dopo l’anteprima italiana al Festival di Roma il film è stato riproposto al Trieste Film Festival 2025, dove Kocur era stato precedentemente premiato per il Miglior cortometraggio con Beyond is the Day (2020). Quest’anno il cineasta è stato presente nella giuria dei cortometraggi, e ha ottenuto, proprio per Under the Volcano, il premio CEI.
Abbiamo avuto il piacere di intervistare Damian Kocur che ci ha parlato della sua nuova, interessante, opera.
Bread and Salt (2022)
Per il tuo primo film, Bread and Salt, hai usato principalmente attori non professionisti. In Under the Volcano, hai ingaggiato sia attori non professionisti che alcuni dei più famosi attori ucraini. Come hai composto il cast?
Non direi che sono famosi in patria, forse un pochino. Anastasia Karpenko lo è diventata dopo una serie televisiva, ma Roman Lutskyi è più staccato dall’industria ucraina, vive fuori Kyiv, e principalmente recita a teatro. Hanno fatto film più “arthouse”, per esempio Roman ha recitato in Reflection di Valentyn Vasyanovich, ma non sono popolari come altri attori conosciuti dal pubblico ucraino. Abbiamo fatto un casting molto classico, con l’aiuto di casting director ucraini, a volte online, a volte di persona. Dato che sapevo che il film sarebbe stato “esigente” in termini di presenza per i personaggi e che avremmo avuto solo 20 giorni di riprese,. Ad esempio per Sofia Berezovska, la ragazza che interpreta la figlia, è la prima apparizione sullo schermo.
Sofia era presente anche in As it was, il cortometraggio presentato a Cannes che hai co-diretto con Anastasia Solonevych.
Si, era presente in un breve episodio di circa 30 secondi, per cui non era una vera e propria “esperienza sullo schermo”, anche perchè quel corto è stato girato con modalità abbastanza “punk”.
Un altro collaboratore ucraino, Nikita Kuzmenko, è stato il direttore della fotografia, ha già curato la fotografia di Pamfir (2022) e di numerosi video musicali, ma comunque sei riuscito a rendere il film più simile alle tue opere che alle sue collaborazioni precedenti.
Ho studiato fotografia quindi penso sempre all’immagine. Per me il cinema non è solo il testo, ma anche la forma, e bisogna comprenderla prima di iniziare le riprese. Perciò abbiamo parlato molto con Nikita riguardo a come raccontare la storia, il nostro approccio è stato completamente diverso rispetto a Bread and Salt, dato che la macchina da presa non è così rigorosa, fissa, ma, a volte, è mano libera. Mi ero deciso che, essendo un film diverso, anche la forma doveva essere diversa.
As it was (2023)
C’è poi la scelta di girare alle Canarie, un ambiente completamente nuovo anche per te, con, immagino, varie difficoltà, tra cui andare sull’altopiano del vulcano.
Devo dire che abbiamo fatto quella scena quasi illegalmente: avevamo i permessi ma per il giorno successivo, però mi sono detto, potremmo andare con una troupe piccola in stile “guerrilla filmmaking”, girare tutto e sparire senza che nessuno ci veda. Devo ammettere che abbiamo girato spesso in questo modo. Cerco sempre di ritagliarmi un po’ di libertà, anche per interagire con le persone che incontro, per esempio. Le Canarie sono un luogo dove vengono prodotte molte pubblicità, molte serie TV. La gente locale è abituata alle troupe cinematografiche, e non le apprezzano molto - anche se io ho avuto solo buone esperienze con loro.
In Bread and Salt hai lasciato spazio ad improvvisazioni o a scene completamente inedite rispetto alla sceneggiatura, è avvenuto lo stesso con Under the Volcano?
Certo, molte scene cambiano durante le riprese. Per esempio l’inizio e la conclusione del film, nella sceneggiatura erano completamente diversi. La scena iniziale del film non era presente nel copione, ma ho osservato un animatore di un villaggio turistico che chiedeva ai bambini di presentarsi ed indicare la loro provenienza, ed ho pensato fosse una bella scena per introdurre la nazionalità dei protagonisti in un modo verosimile. Inseguo sempre ciò che mi sembra reale , alcune volte può succedere che qualcosa funzioni sulla carta, ma poi devi eseguirla e ti rendi conto che non è così nella realtà. Non ho paura di andare in una direzione diversa.
In opere come Under the Volcano, Bread and Salt e nel tuo cortometraggio Beyond is the Day, si può notare una predisposizione al racconto delle migrazioni e del razzismo nei confronti di persone con identità non europee. Credi che questi siano i temi costanti delle tue opere?
Non so se mi sento un regista che racconta storie di razzismo. Penso che, fondamentalmente, sia qualcosa di cui non mi piace parlare, anche se devo. Ritengo che tutti noi finiamo per esercitare delle forme di razzismo, troviamo sempre un pretesto per odiare qualcuno (anche se non esiste un vero motivo), cerchiamo sempre un capro espiatorio per i nostri problemi. Immagino che tu mi stia ponendo questa domanda ricollegandoti alla scena in cui il venditore ambulante cerca di vendere qualcosa alla famiglia e scaturisce quella forte reazione del padre. Quello è qualcosa che succede spesso, che succede a chiunque, chi fa questo mestiere cerca di vendere qualcosa ma chi si trova in vacanza lo percepisce come un imbroglio, un’invasione del proprio spazio e tempo libero, e spesso li identifica come se fossero un tutt’uno, pur essendo persone molto diverse fra loro. Le Canarie sono un luogo pieno di immigrati, molti muoiono in mare.
Under the Volcano (2024)
In Under the Volcano è interessante il non-conflitto con la famiglia russa, anch’essa in vacanza nel resort.
Si, c’è un conflitto in fondo, ma tutti si aspettano che qualcuno agirà, anche se in realtà non molti hanno fatto qualcosa di concreto. Si era alimentato questo odio generale nei loro confronti, ma è difficile reagire in un contesto in cui la guerra appare comunque distante.
Sai già qual è il tuo prossimo progetto?
Ho ricevuto i fondi dall’istituto polacco di cinema per la produzione di una sceneggiatura dal titolo “La Manche” che ho scritto anni fa, tratta di una storia ambientata sul confine polacco-bielorusso. Malgrado questo, non sono sicuro se lo realizzerò, perché è difficile continuare ad amare un progetto a distanza di tanti anni.