di Edoardo Marchetti
NC-270
01.02.2025
Il calendario, di solito, si appende in cucina sotto l’orologio, come a creare un asse simmetrico e incrementale di scansione del tempo. I secondi diventano ore, che diventano giorni, che diventano settimane, fino a che le caselle si esauriscono, e bisogna comprarne uno nuovo. Oltre che dal meteo e dalla notte che si avvicina o si allontana, sui calendari i mesi vengono contraddistinti da un’immagine - un’ape che raccoglie il polline, un'aerea dell’Empire State Building, un quadro di Miró - che in un modo o nell’altro cerca di racchiudere l’essenza di questa particolare trentina di giorni.
Per questo Febbraio, al posto della singola illustrazione a cui siamo abituati, ODG pubblicherà una selezione di dieci film da vedere durante il mese e appositamente scelti per marcare ricorrenze, anniversari e affinità umorali.
4 febbraio. Le cronache dei morti viventi (2007) di George A. Romero
Il quattro febbraio George Romero, il padre degli zombi-politicizzati, dei non-morti “(ri)nati” per raccontare allegoricamente il consumismo, avrebbe compiuto 85 anni. Gli zombie non sono mai stati così simili ai vivi, per il cineasta, e dal 1968, anno di uscita de La notte dei morti viventi, il primo dei sei film sugli zombie da lui diretti, la situazione non è cambiata, anzi si è ingigantita. Ma con Diary of the Dead il maestro dell’horror, rimodulando ancora una volta la sua creatura, sposta l’attenzione su altri temi fortemente rilevanti nel nostro presente: la funzione delle immagini, il senso o la necessità di condividerle e l’incapacità di comprenderle. Una voce femminile, quella di Debra, ci informa che ha montato il film che vedremo. Dice di aver aggiunto la musica e gli effetti sonori per spaventarci perché “a volte la verità da sola non basta, e la gente deve aver paura per riuscire a credere”, un monito per chi visionerà l’opera, così da non cadere negli stessi errori dei protagonisti. Comincia poi il racconto di Jason, aspirante regista che con gli amici sta girando una scena per un film indipendente nel bosco, finché, grazie alla radio, il gruppo non viene a conoscenza di scontri violenti in tutto il Paese. Jason non smette mai di riprendere, e il suo film di finzione si trasforma in un documentario. C’è quindi una forte volontà testimoniale in chi è sopravvissuto. Ma se tutti sono zombie, chi potrà interpretare queste immagini?
Disponibile su Amazon Prime Video e TimVision e noleggiabile su Apple Tv e Google Play Film.
7 febbraio. Tre Volti (2018) di Jafar Panahi
La celebre attrice Benhaz Jafari riceve un videomessaggio girato con uno smartphone in cui una ragazza, Marziyeh, dentro un grotta, si lega un cappio al collo e si lascia cadere. L’attrice, scossa dalla visione, chiede al regista Jafar Panahi di accompagnarla al villaggio dove vive la ragazza, un paese sperduto nel nord-ovest dell’Iran. Ma emerge un dubbio: come è riuscita ad inviare il messaggio (che sembra, tra l’altro, essere montato)? Spesso nei film del cineasta iraniano il confine tra finzione e realtà si rivela labile, le due vie si influenzano e si scambiano negli obiettivi - narrare una storia, documentare la realtà -, dando vita a un cinema che si nutre di immagini dai doppi movimenti, capaci di essere al contempo veicolo di concretezza e materia interpretabile. Il viaggio dei due protagonisti si trasforma in un percorso nella loro memoria, in quella di un individuo, nella memoria storica dell’Iran, e nelle personalità della gente che abita il Paese, tutto per donare un senso a quell’immagine significativa. Durante il film i volti si aggrovigliano, e il compito del regista è quello di districare questo caotico intreccio.
Disponibile su Amazon Prime Video, TimVision e Rai Play e noleggiabile su Apple Tv, YouTube e Google Play Film.
10 febbraio. Paprika (2006) di Satoshi Kon
All’inizio di Paprika, sulle note di The Girl In Byakkoya, una ragazza viaggia veloce su un motorino. Un camion le passa accanto, e sul lato prende vita un disegno che la ritrae su un razzo. Il dipinto si anima e Paprika - la ragazza dai caratteristici capelli rossi che le arrivano appena sopra le spalle - vola sopra la metropoli. Entra nel grande schermo pubblicitario sulla cima di un palazzo, poi in un altro, fino a passare dentro al monitor di un computer. Diventa trasparente, ferma il tempo, torna sul motorino, poi guida un’auto, e il suo aspetto cambia. Il film ruota attorno al DC Mini, una tecnologia sperimentale che permette agli psicoanalisti di immergersi nei sogni, e la dottoressa Atsuko Chiba, sotto l’identità segreta di Paprika, utilizza il dispositivo per esplorare i sogni e curare i suoi pazienti. Ma quando viene rubato i confini tra sogno e realtà iniziano a dissolversi. Attraverso psichedelie e distorsioni le identità si sdoppiano e i sogni entrano in relazione con la vita reale. Satoshi Kon, prematuramente scomparso, con questo suo ultimo film è riuscito ad analizzare in maniera indimenticabile e personale tutto quello che stiamo vivendo oggi.
Noleggiabile su Amazon Prime Video, Apple Tv e Google Play Film
13 febbraio. L’occhio che uccide (1960) di Michael Powell
Non è segreto l’amore provato da Martin Scorsese per Michael Powell e Emeric Pressburger, amore ribadito anche nel recente documentario Made in England: i film di Powell e Pressburger (2024) di David Hinton, che nell’ultima parte si sofferma proprio sull’essenziale L’occhio che uccide diretto dal solo Powell. Un film caratterizzato da una profonda complessità, che racconta di Mark, un giovane operatore cinematografico ossessionato dalla morte e intrappolato nel suo trauma infantile. Un thriller in cui il protagonista vuole catturare l'espressione del terrore puro negli ultimi istanti di vita delle persone. E da qui l’aggressività inquietante della macchina da presa. Il film dai colori sgargianti, tra Freud e Alfred Hitchcock (Psyco, che condivide alcune caratteristiche con l'opera di Powell, uscì due mesi dopo) inizialmente non venne apprezzato, né della critica né dal pubblico, forse perché, come scritto da Robert Greene su Movie Mezzanine, gli spettatori vengono trasformati in assassini: “stiamo assistendo a un omicidio, ma è come se lo stessimo commettendo”. L'occhio che uccide è un invito ad esaminare il mezzo, e a metterlo in discussione.
Disponibile su Amazon Prime Video e TimVision e noleggiabile su Google Play Film
16 febbraio. An Elephant Sitting Still (2018) di Hu Bo
Il sedici febbraio 2018, durante la sessantottesima edizione del Festival di Berlino, veniva proiettato sugli schermi uno dei film più crudi del nostro presente. C’è un elefante nel circo di Manzhouli, cittadina della Manciuria, che sta sempre seduto, anche se provocato, che non mangia e non beve, e che tutti vogliono vedere dal vivo. Una serie di personaggi, tra cui il capo di una gang, un ragazzo delle medie con la sua compagna di classe e un anziano in pensione, chi per un motivo chi per un altro, volgeranno il loro sguardo verso questo strano animale, camminando, seguiti da lunghissimi piani sequenza, in una città desaturata, immersa in un denso manto di smog e nebbia. Spazi urbani asettici e impersonali, privati di ogni punto di fuga, dove la sofferenza è l’unica certezza. Hu Bo con il suo primo ed ultimo film costruisce e descrive un intero mondo partendo dalla Cina, rendendo l’illusione elefantesca - la speranza dello straordinario - l’unico motivo per guardare al futuro. Un’immagine surreale e un bagliore di speranza dentro un film orribilmente (neo)realista.
18 febbraio. Dillinger è morto (1969) di Marco Ferreri
Forse uno dei capolavori più avanguardistici di Marco Ferreri, Dillinger è morto sancisce già nel titolo l’idea del disfacimento di un’icona. È un processo memoriale che rimanda ad una figura - narrata brillantemente da Michael Mann nel suo Nemico Pubblico (2009) - appartenente ad un tempo passato, ormai inadatta. Qui, Glauco non è un’icona, ma un uomo di mezz’età che progetta maschere antigas, ormai stanco del suo lavoro. Una persona normale che fa cose normali, cucina e guarda la televisione. Finché non trova una pistola, una Bodeo modello 1889, che ripulisce e decora di rosso con pois bianchi, rendendo allegro e colorato un oggetto di morte. Sono indimenticabili le sequenze con il proiettore con cui (ri)vede i filmati delle vacanze passate, in questo suo asfissiante appartamento, in questa sorta di gabbia distraente e illusoria. Sicuramente non è un film consolatorio, ma un alienante viaggio mentale, dove il futuro smette di esistere e dove tutti, icone e non, sono inadatti.
Disponibile su RaiPlay.
21 febbraio. Nope (2022) di Jordan Peele
Il ventuno febbraio compie gli anni Jordan Peele, i cui film manifestano punti di contatto sia con l’horror d’autore che con il black horror tornato in auge grazie al successo del suo primo film Scappa - Get Out (2017). Nope prende una via leggermente differente, mantenendo alcuni elementi orrorifici, ma inserendoli dentro un’atmosfera western e una storia fantascientifica. OJ e Em sono fratello e sorella, e gestiscono un ranch di cavalli per il cinema, ereditato dal padre. Notano strani fenomeni nel cielo sopra la loro valle in California, una presenza che si nasconde tra le nuvole e si nutre di chiunque la guardi direttamente. È quasi come uno squalo spilberghiano nel cielo. Più generi comunicano tra di loro dentro a Nope, come se Peele avesse posto tutta la sua attenzione sull’analisi dell’universo cinematografico, dalla sua storia ai mezzi per realizzarlo. Di fatto, il film inizia con una lezione di una Storia del cinema, col cavallo di Muybridge, una storia raccontata da Em davanti ad uno schermo verde. E questa comunicazione tra l’elemento analogico e digitale proseguirà per tutto il film, fino allo splendido finale. Un grande blockbuster estivo che si impegna ad analizzare il nostro presente. Imperdibile.
Noleggiabile su Amazon Prime Video, Apple Tv e Google Play Film
23 febbraio. Marx può aspettare (2021) di Marco Bellocchio
“Camillo, l’angelo, è il protagonista di questo film”. Camillo, il fratello gemello del regista, morto suicida nel 1968. Marco Bellocchio compone un reportage familiare che aggiunge un altro tassello fondamentale alla sua filmografia, attraverso una seduta psicanalitica volta alla ricerca delle proprie responsabilità, in cui immagini girate appositamente e immagini archiviali si mescolano e rivelano, grazie ad un montaggio chiarificatore. È con il montaggio che il cineasta può unire il passato, i pensieri di ieri, al presente, le idee di oggi, e che portano ad apparizioni fantasmatiche irrealizzabili, che però donano ai fratelli e alle sorelle nuovi significati. Marx può aspettare è anche un incontro tra la sfera privata e quella pubblica che dominano la vita di un autore e le sue opere, l’incontro tra la Storia di un Paese, l’Italia, e l’identità di una famiglia. Marx può aspettare, questa volta, prima dobbiamo trovare un nostro posto nel mondo.
Disponibile su Now e noleggiabile su Amazon Prime Video, Apple Tv, TimVision e Google Play Film.
26 febbraio. Visages, villages (2017) di Agnès Varda e JR
Il modo di fare cinema di Agnès Varda è tra i più dolci e appassionati che si siano mai visti. Il suo amore per i visi della gente - “ogni viso ha una storia” - e il desiderio di conoscerne sempre di nuovi, per fotografarli e preservarli, affinché non si perdano nei meandri della memoria. L’incontro con l’artista francese JR, famoso per i suoi collage fotografici monumentali, dà vita ad un road movie sensibile e delicato, che vive, in alcuni frammenti, nella storia del cinema - storia che la Varda ha contribuito a scrivere -, trasformando il documentario in un’analisi genuinamente teorica sull’universo delle immagini e sul significato dello sguardo. Due generazioni che si incontrano e si confrontano (all’uscita del film Varda aveva 89 anni e JR 35), con due modi differenti di guardare: la regista che vede sfocato per i problemi causati dalla malattia, e l’artista che osserva la realtà filtrandola con i suoi occhiali scuri, mentre la gigantografia di un occhio attaccata su un treno viaggerà all’infinito e scorgerà più posti di quanti noi ne potremo mai vedere.
28 febbraio. L’ultimo spettacolo (1971) di Peter Bogdanovich
Inizio anni ’50. È Il fiume rosso (1948) di Howard Hawks l’ultimo spettacolo. L’ultimo film che verrà proiettato nel piccolo cinema Royal di Anarene, Texas, prima della sua chiusura. Tutto sembra ruotare attorno a questa proiezione che sancisce l’inesorabile e malinconica crescita dei due protagonisti, Sonny e Duane, dentro ad un’America disillusa e decadente. Gli adulti sono assuefatti da una vita insoddisfacente e ormai priva di ogni significato, mentre i più giovani non riescono a fuggire da quest’ambiente soffocante. Tra perdite e rimpianti alle porte del futuro c’è solo la guerra di Corea. Il resto è un cinema che chiude, in uno dei film più belli e intensi di sempre.
Noleggiabile su Amazon Prime Video.
di Edoardo Marchetti
NC-270
01.02.2025
Il calendario, di solito, si appende in cucina sotto l’orologio, come a creare un asse simmetrico e incrementale di scansione del tempo. I secondi diventano ore, che diventano giorni, che diventano settimane, fino a che le caselle si esauriscono, e bisogna comprarne uno nuovo. Oltre che dal meteo e dalla notte che si avvicina o si allontana, sui calendari i mesi vengono contraddistinti da un’immagine - un’ape che raccoglie il polline, un'aerea dell’Empire State Building, un quadro di Miró - che in un modo o nell’altro cerca di racchiudere l’essenza di questa particolare trentina di giorni.
Per questo Febbraio, al posto della singola illustrazione a cui siamo abituati, ODG pubblicherà una selezione di dieci film da vedere durante il mese e appositamente scelti per marcare ricorrenze, anniversari e affinità umorali.
4 febbraio. Le cronache dei morti viventi (2007) di George A. Romero
Il quattro febbraio George Romero, il padre degli zombi-politicizzati, dei non-morti “(ri)nati” per raccontare allegoricamente il consumismo, avrebbe compiuto 85 anni. Gli zombie non sono mai stati così simili ai vivi, per il cineasta, e dal 1968, anno di uscita de La notte dei morti viventi, il primo dei sei film sugli zombie da lui diretti, la situazione non è cambiata, anzi si è ingigantita. Ma con Diary of the Dead il maestro dell’horror, rimodulando ancora una volta la sua creatura, sposta l’attenzione su altri temi fortemente rilevanti nel nostro presente: la funzione delle immagini, il senso o la necessità di condividerle e l’incapacità di comprenderle. Una voce femminile, quella di Debra, ci informa che ha montato il film che vedremo. Dice di aver aggiunto la musica e gli effetti sonori per spaventarci perché “a volte la verità da sola non basta, e la gente deve aver paura per riuscire a credere”, un monito per chi visionerà l’opera, così da non cadere negli stessi errori dei protagonisti. Comincia poi il racconto di Jason, aspirante regista che con gli amici sta girando una scena per un film indipendente nel bosco, finché, grazie alla radio, il gruppo non viene a conoscenza di scontri violenti in tutto il Paese. Jason non smette mai di riprendere, e il suo film di finzione si trasforma in un documentario. C’è quindi una forte volontà testimoniale in chi è sopravvissuto. Ma se tutti sono zombie, chi potrà interpretare queste immagini?
Disponibile su Amazon Prime Video e TimVision e noleggiabile su Apple Tv e Google Play Film.
7 febbraio. Tre Volti (2018) di Jafar Panahi
La celebre attrice Benhaz Jafari riceve un videomessaggio girato con uno smartphone in cui una ragazza, Marziyeh, dentro un grotta, si lega un cappio al collo e si lascia cadere. L’attrice, scossa dalla visione, chiede al regista Jafar Panahi di accompagnarla al villaggio dove vive la ragazza, un paese sperduto nel nord-ovest dell’Iran. Ma emerge un dubbio: come è riuscita ad inviare il messaggio (che sembra, tra l’altro, essere montato)? Spesso nei film del cineasta iraniano il confine tra finzione e realtà si rivela labile, le due vie si influenzano e si scambiano negli obiettivi - narrare una storia, documentare la realtà -, dando vita a un cinema che si nutre di immagini dai doppi movimenti, capaci di essere al contempo veicolo di concretezza e materia interpretabile. Il viaggio dei due protagonisti si trasforma in un percorso nella loro memoria, in quella di un individuo, nella memoria storica dell’Iran, e nelle personalità della gente che abita il Paese, tutto per donare un senso a quell’immagine significativa. Durante il film i volti si aggrovigliano, e il compito del regista è quello di districare questo caotico intreccio.
Disponibile su Amazon Prime Video, TimVision e Rai Play e noleggiabile su Apple Tv, YouTube e Google Play Film.
10 febbraio. Paprika (2006) di Satoshi Kon
All’inizio di Paprika, sulle note di The Girl In Byakkoya, una ragazza viaggia veloce su un motorino. Un camion le passa accanto, e sul lato prende vita un disegno che la ritrae su un razzo. Il dipinto si anima e Paprika - la ragazza dai caratteristici capelli rossi che le arrivano appena sopra le spalle - vola sopra la metropoli. Entra nel grande schermo pubblicitario sulla cima di un palazzo, poi in un altro, fino a passare dentro al monitor di un computer. Diventa trasparente, ferma il tempo, torna sul motorino, poi guida un’auto, e il suo aspetto cambia. Il film ruota attorno al DC Mini, una tecnologia sperimentale che permette agli psicoanalisti di immergersi nei sogni, e la dottoressa Atsuko Chiba, sotto l’identità segreta di Paprika, utilizza il dispositivo per esplorare i sogni e curare i suoi pazienti. Ma quando viene rubato i confini tra sogno e realtà iniziano a dissolversi. Attraverso psichedelie e distorsioni le identità si sdoppiano e i sogni entrano in relazione con la vita reale. Satoshi Kon, prematuramente scomparso, con questo suo ultimo film è riuscito ad analizzare in maniera indimenticabile e personale tutto quello che stiamo vivendo oggi.
Noleggiabile su Amazon Prime Video, Apple Tv e Google Play Film
13 febbraio. L’occhio che uccide (1960) di Michael Powell
Non è segreto l’amore provato da Martin Scorsese per Michael Powell e Emeric Pressburger, amore ribadito anche nel recente documentario Made in England: i film di Powell e Pressburger (2024) di David Hinton, che nell’ultima parte si sofferma proprio sull’essenziale L’occhio che uccide diretto dal solo Powell. Un film caratterizzato da una profonda complessità, che racconta di Mark, un giovane operatore cinematografico ossessionato dalla morte e intrappolato nel suo trauma infantile. Un thriller in cui il protagonista vuole catturare l'espressione del terrore puro negli ultimi istanti di vita delle persone. E da qui l’aggressività inquietante della macchina da presa. Il film dai colori sgargianti, tra Freud e Alfred Hitchcock (Psyco, che condivide alcune caratteristiche con l'opera di Powell, uscì due mesi dopo) inizialmente non venne apprezzato, né della critica né dal pubblico, forse perché, come scritto da Robert Greene su Movie Mezzanine, gli spettatori vengono trasformati in assassini: “stiamo assistendo a un omicidio, ma è come se lo stessimo commettendo”. L'occhio che uccide è un invito ad esaminare il mezzo, e a metterlo in discussione.
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16 febbraio. An Elephant Sitting Still (2018) di Hu Bo
Il sedici febbraio 2018, durante la sessantottesima edizione del Festival di Berlino, veniva proiettato sugli schermi uno dei film più crudi del nostro presente. C’è un elefante nel circo di Manzhouli, cittadina della Manciuria, che sta sempre seduto, anche se provocato, che non mangia e non beve, e che tutti vogliono vedere dal vivo. Una serie di personaggi, tra cui il capo di una gang, un ragazzo delle medie con la sua compagna di classe e un anziano in pensione, chi per un motivo chi per un altro, volgeranno il loro sguardo verso questo strano animale, camminando, seguiti da lunghissimi piani sequenza, in una città desaturata, immersa in un denso manto di smog e nebbia. Spazi urbani asettici e impersonali, privati di ogni punto di fuga, dove la sofferenza è l’unica certezza. Hu Bo con il suo primo ed ultimo film costruisce e descrive un intero mondo partendo dalla Cina, rendendo l’illusione elefantesca - la speranza dello straordinario - l’unico motivo per guardare al futuro. Un’immagine surreale e un bagliore di speranza dentro un film orribilmente (neo)realista.
18 febbraio. Dillinger è morto (1969) di Marco Ferreri
Forse uno dei capolavori più avanguardistici di Marco Ferreri, Dillinger è morto sancisce già nel titolo l’idea del disfacimento di un’icona. È un processo memoriale che rimanda ad una figura - narrata brillantemente da Michael Mann nel suo Nemico Pubblico (2009) - appartenente ad un tempo passato, ormai inadatta. Qui, Glauco non è un’icona, ma un uomo di mezz’età che progetta maschere antigas, ormai stanco del suo lavoro. Una persona normale che fa cose normali, cucina e guarda la televisione. Finché non trova una pistola, una Bodeo modello 1889, che ripulisce e decora di rosso con pois bianchi, rendendo allegro e colorato un oggetto di morte. Sono indimenticabili le sequenze con il proiettore con cui (ri)vede i filmati delle vacanze passate, in questo suo asfissiante appartamento, in questa sorta di gabbia distraente e illusoria. Sicuramente non è un film consolatorio, ma un alienante viaggio mentale, dove il futuro smette di esistere e dove tutti, icone e non, sono inadatti.
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21 febbraio. Nope (2022) di Jordan Peele
Il ventuno febbraio compie gli anni Jordan Peele, i cui film manifestano punti di contatto sia con l’horror d’autore che con il black horror tornato in auge grazie al successo del suo primo film Scappa - Get Out (2017). Nope prende una via leggermente differente, mantenendo alcuni elementi orrorifici, ma inserendoli dentro un’atmosfera western e una storia fantascientifica. OJ e Em sono fratello e sorella, e gestiscono un ranch di cavalli per il cinema, ereditato dal padre. Notano strani fenomeni nel cielo sopra la loro valle in California, una presenza che si nasconde tra le nuvole e si nutre di chiunque la guardi direttamente. È quasi come uno squalo spilberghiano nel cielo. Più generi comunicano tra di loro dentro a Nope, come se Peele avesse posto tutta la sua attenzione sull’analisi dell’universo cinematografico, dalla sua storia ai mezzi per realizzarlo. Di fatto, il film inizia con una lezione di una Storia del cinema, col cavallo di Muybridge, una storia raccontata da Em davanti ad uno schermo verde. E questa comunicazione tra l’elemento analogico e digitale proseguirà per tutto il film, fino allo splendido finale. Un grande blockbuster estivo che si impegna ad analizzare il nostro presente. Imperdibile.
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23 febbraio. Marx può aspettare (2021) di Marco Bellocchio
“Camillo, l’angelo, è il protagonista di questo film”. Camillo, il fratello gemello del regista, morto suicida nel 1968. Marco Bellocchio compone un reportage familiare che aggiunge un altro tassello fondamentale alla sua filmografia, attraverso una seduta psicanalitica volta alla ricerca delle proprie responsabilità, in cui immagini girate appositamente e immagini archiviali si mescolano e rivelano, grazie ad un montaggio chiarificatore. È con il montaggio che il cineasta può unire il passato, i pensieri di ieri, al presente, le idee di oggi, e che portano ad apparizioni fantasmatiche irrealizzabili, che però donano ai fratelli e alle sorelle nuovi significati. Marx può aspettare è anche un incontro tra la sfera privata e quella pubblica che dominano la vita di un autore e le sue opere, l’incontro tra la Storia di un Paese, l’Italia, e l’identità di una famiglia. Marx può aspettare, questa volta, prima dobbiamo trovare un nostro posto nel mondo.
Disponibile su Now e noleggiabile su Amazon Prime Video, Apple Tv, TimVision e Google Play Film.
26 febbraio. Visages, villages (2017) di Agnès Varda e JR
Il modo di fare cinema di Agnès Varda è tra i più dolci e appassionati che si siano mai visti. Il suo amore per i visi della gente - “ogni viso ha una storia” - e il desiderio di conoscerne sempre di nuovi, per fotografarli e preservarli, affinché non si perdano nei meandri della memoria. L’incontro con l’artista francese JR, famoso per i suoi collage fotografici monumentali, dà vita ad un road movie sensibile e delicato, che vive, in alcuni frammenti, nella storia del cinema - storia che la Varda ha contribuito a scrivere -, trasformando il documentario in un’analisi genuinamente teorica sull’universo delle immagini e sul significato dello sguardo. Due generazioni che si incontrano e si confrontano (all’uscita del film Varda aveva 89 anni e JR 35), con due modi differenti di guardare: la regista che vede sfocato per i problemi causati dalla malattia, e l’artista che osserva la realtà filtrandola con i suoi occhiali scuri, mentre la gigantografia di un occhio attaccata su un treno viaggerà all’infinito e scorgerà più posti di quanti noi ne potremo mai vedere.
28 febbraio. L’ultimo spettacolo (1971) di Peter Bogdanovich
Inizio anni ’50. È Il fiume rosso (1948) di Howard Hawks l’ultimo spettacolo. L’ultimo film che verrà proiettato nel piccolo cinema Royal di Anarene, Texas, prima della sua chiusura. Tutto sembra ruotare attorno a questa proiezione che sancisce l’inesorabile e malinconica crescita dei due protagonisti, Sonny e Duane, dentro ad un’America disillusa e decadente. Gli adulti sono assuefatti da una vita insoddisfacente e ormai priva di ogni significato, mentre i più giovani non riescono a fuggire da quest’ambiente soffocante. Tra perdite e rimpianti alle porte del futuro c’è solo la guerra di Corea. Il resto è un cinema che chiude, in uno dei film più belli e intensi di sempre.
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