La repressione sessuale
nel cinema di Robert Eggers,
di Lorenzo Sartor
TR-120
14.01.2025
In una delle sequenze più significative di The Lighthouse (2019), seconda opera del regista Robert Eggers, il protagonista Thomas (Robert Pattinson) si isola nell’oscurità di un capannone per masturbarsi, tenendo nell’altra mano la statuetta di legno di una sirena, unico stimolo sessuale presente sull’isolotto in cui è recluso, mentre il montaggio alterna dei flash delle sue fantasie erotiche a quelli del faro che dà il titolo al film. Nella sceneggiatura originale, durante questo passaggio, il faro che sovrasta i due protagonisti viene descritto come “fallico” e in una nota di regia Eggers specifica che l’angolo dell’inquadratura del fallo deve coincidere con quella del faro, restituendo nell’immagine della struttura l’erezione che il protagonista non riesce a raggiungere.
Possiamo quindi capire quanto sia ricercata, nel cinema di Eggers, la chiave di lettura psicosessuale e come i conflitti vissuti dai suoi personaggi abbiano una rilevante vicinanza all’erotismo, alla repressione, alla mascolinità e all’impotenza, vivendo essi in perenne contrasto con i contesti storici di appartenenza.
Ne è fin da subito esempio il modo in cui viene esplorata la repressione del corpo femminile in The Witch (2015), ambientato nel New England rurale del XVII secolo. Lo scontro tra la famiglia puritana e la civilizzazione, da cui il nucleo rifugge, si definisce in quello che è un tema cardine del cinema di Eggers, ossia l’isolamento. I protagonisti della sua filmografia si distaccano dal contesto che li circonda e nel farlo reprimono il proprio desiderio, riducendo così l’approccio alla sessualità ad un istinto primitivo.
Thomasin e suo fratello Caleb, i giovani protagonisti di The Witch (2015)
La protagonista di The Witch, viene demonizzata per via dello sviluppo naturale del suo corpo verso l’età adulta, di conseguenza il suo viaggio di accettazione delle forze maligne, scatenatesi contro la famiglia, altro non è che il simbolo della sua emancipazione da quel puritanesimo che l’ha limitata sin dalla nascita. Il soffocamento del desiderio sessuale e l’imposizione di un modello puritano dei ruoli di genere non riguarda solo il corpo femminile di Thomasin (Anya Taylor-Joy), bensì anche quello del fratello Caleb (Harvey Scrimshaw), che affronta un tragitto alla cui base si trova il contrasto tra il modello di bigotta mascolinità impostato dal padre e le prime pulsioni sessuali che lo attraggono verso la morte.
L’immagine della strega che attira Caleb verso il proprio desiderio rappresenta, in questo senso, un’unione di diversi folklori rielaborati in chiave postmoderna. L’abbigliamento della strega rimanda esplicitamente alla favola di Cappuccetto Rosso (già presente nella tradizione orale europea del XVI secolo) e quindi a una riconcezione orrorifica dei primi racconti infantili - come il regista aveva fatto nel suo primo corto Hansel and Gretel (2007)-, ma il ruolo svolto da questa figura rimanda maggiormente a quello della Leannán Sídhe, una fata del folklore irlandese che accoglie caratteristiche provenienti da due creature, che saranno centrali nella successiva filmografia di Eggers: la sirena e il vampiro. La “musa concubina” attira il maschio verso la morte nella promessa di una vita breve, ma di grande ispirazione artistica, succhiando pian piano dall’uomo il suo spirito vitale e permettendogli di esaurire la propria pulsione libidica.
Pertanto, mentre Thomasin troverà liberazione attraverso la fuga dal dogmatismo, accettando il peccato come forma di desiderio, Caleb rimarrà vittima della prigione puritana impostata dalla sua famiglia, ottenendo la libertà nella caduta verso la follia e nel momento di estasi artistica. Con le sue ultime parole (“Corruption, thou art my father”) egli accetta la promessa della strega e la corruzione del modello patriarcale che ha limitato la propria vita e quella della sorella. L’ascesa di Thomasin alla stregoneria non è quindi un finale negativo per le loro vite, ma l’accoglienza di un processo di distruzione necessario, anche in chiave progressista, verso un nuovo sistema di valori.
Il "bacio" della strega
Come già accennato, l’isolamento, la repressione sessuale e la messa in discussione di un sistema di ruoli basato sulla mascolinità continuano a essere centrali nel successivo The Lighthouse. Spostandosi dai boschi del New England dei Padri Pellegrini verso le sue coste marittime di fine Ottocento, Eggers racconta un’altra storia dove l’emarginazione di due uomini su un’isola (tanto lontana dalle regole della civiltà come lo era la fattoria di The Witch e come lo sarà poi il castello del conte Orlok) rappresenta il pretesto con cui esplorare il soffocamento del desiderio maschile. La sequenza descritta in apertura conferma come il viaggio mentale di Thomas sia plasmato, soprattutto, dalla sua frustrazione, che può sfogare solamente su quella statuetta di legno raffigurante una sirena. Le visioni di creature marine che perseguitano il protagonista non fanno altro che riproporre questo conflitto con i propri impulsi, dove emergono l’inclinazione violenta delle sue fantasie sessuali e il desiderio omoerotico da cui rifugge.
Infatti sono tanti gli indizi che rivelano la paura di Thomas di essere dominato da un altro uomo e il suo desiderio di incarnare la figura dominante nel rapporto conflittuale con la propria controparte anziana: il momento in cui i due marinai ballano e il protagonista si avvicina per accennare un bacio verso il collega, le immagini del faro-fallo che si intersecano con quelle della vagina della sirena, la sequenza in cui Wake (Willem Dafoe) viene portato alla tomba mentre è legato per il collo come un cane o quella in cui Thomas vede una goccia di sperma che cade dalla cima della torre mentre il personaggio di Dafoe si masturba guardando la luce del faro. Come un bambino che assiste di sbieco alla scena primaria in cui i genitori compiono un rapporto sessuale, ma non può accedervi per comprendere la verità dell’attrazione carnale, la frustrazione del personaggio risiede nel suo non poter assistere alla visione della luce, attraverso cui svelerebbe la cura al proprio desiderio.
Nella sceneggiatura originale i due protagonisti erano definiti solo come Old e Young, mentre in quella poi messa in scena i personaggi condividono lo stesso nome (Thomas), definendo così un rapporto in cui il figlio giovane intende dominare il padre, nonché imporsi sulla parte di sé che ne causa la repressione. Una volta dominata sessualmente la controparte anziana, il protagonista può quindi accedere alla scena primaria e nella visione della luce del faro conquistare finalmente l’orgasmo che per tutto il film non è riuscito a raggiungere. Ritornando infatti alla figura della sirena, la sceneggiatura del film ci tiene a specificare come il protagonista “non avesse mai visto una donna così bella”, definendo così un occhio vergine con cui l’uomo represso guarda alla sua idea di corpo femminile, qui definita solo dal folklore che lo circonda, come nel caso del giovane Caleb di The Witch.
I "miraggi" di The Lighthouse (2019)
La fragilità di un immaginario di mascolinità si ripresenta nel terzo film di Eggers, dove l’autore si sposta dal lugubre microcosmo di The Lighthouse all’Islanda dell’epoca delle espansioni norrene di The Northman (2022), attingendo a piene mani dal folklore scandinavo, in particolare dal Gesta Danorum (1208 circa) di Saxi Grammaticus, il testo che ha maggiormente influenzato Shakespeare durante la scrittura dell’Amleto. Il protagonista Amleth (Alexander Skarsgård) viene infatti cresciuto all’interno di un contesto dove il proprio ruolo è definito fin dalla nascita e i suoi obiettivi stabiliti da un principio deterministico: vendicare il padre, salvare la madre, uccidere lo zio. Laddove nel teatro elisabettiano erano il carattere e i conflitti interni del personaggio a definire le sue scelte, Eggers riprende dalla mitologia scandinava la centralità principale data al fato e dalla scrittura di un ruolo già predeterminato.
Fin dalla cerimonia spirituale compiuta in giovane età, in cui la sua virilità viene definita da un ritorno alla dimensione primitiva e rituale dell’uomo, il futuro di Amleth è già impresso all’interno dell’albero della famiglia e nella promessa di un Valhalla da raggiungere morendo in battaglia. L’immaginario vichingo - secondo come è stato riplasmato dalle narrazioni hollywoodiane e da icone plastiche come Conan the Barbarian (Conan il Barbaro, 1982) - è solitamente legato ad un modello machista e alla morte romantica del guerriero virile, ma la volontà di Eggers e dello sceneggiatore e poeta scandinavo Sjòn è quella di mettere il proprio protagonista di fronte alla consapevolezza di appartenere a una storia già costruita fin dalla nascita e a un ruolo che segue per fede, non per scelta.
Nel primo confronto tra Amleth da adulto e la madre Gudrún (Nicole Kidman), la regina fa emergere davanti al figlio come l’amore idealizzato dei suoi genitori fosse in realtà frutto di una violenza, come la sua nascita non fosse voluta e come il suo libero arbitrio non fosse altro che l’illusione data da un immaginario imposto fin dalla giovinezza. L’imposizione di questi obiettivi ha portato il rapporto tra Amleth e Gudrún a sottostare a un complesso edipico irrisolto, dove il desiderio del protagonista di salvare la madre è il solo modo per esprimere il desiderio carnale che prova nei suoi confronti. Freud rifiutava la lettura psicanalitica dell’opera shakespeariana, specificando come il destino di Amleto fosse nelle mani dei propri impeti emotivi, mentre le scelte dell'Edipo di Sofocle erano in quelle del destino, in linea quindi con la storia di Amleth in The Northman e l’originale opera scandinava.
La regina Gudrún (Nicole Kidman) rivela ad Amleth (Alexander Skarsgård) la verità
Parlando della possibile presenza di un conflitto edipico interno all’opera shakespeariana, Ernest Jones, nel suo articolo per il The American Journal of Psychology (1910), scriveva che “nella psiche di Amleto la motivazione positiva che lo spinge verso la vendetta è una ragione morale e sociale, mentre la motivazione negativa è un dibattito interno, personale, nei suoi istinti naturali”. Anche l’Amleth di Eggers non agisce quindi per un’attitudine personale, ma per via di un’immaginario di mascolinità che ha represso i suoi istinti naturali e il desiderio nei confronti della madre, nella promessa di un paradiso che premi la sua vendetta. La sirena-vampiro che attrae il vichingo verso la propria fine è rappresentata qui dai due personaggi femminili (la strega interpretata da Bjork e la schiava Olga di Anya Taylor-Joy), che lo attraggono verso il proprio fato. Non a caso, nel momento in cui Amleth penserà di rinunciare al destino per trovare la pace, una visione della propria dinastia lo riporterà su quel sentiero prescritto dal suo stesso sangue.
Laddove quindi The Witch esplorava la coercizione del corpo femminile e i due film successivi le fragilità di una mascolinità repressa e isolata, Nosferatu (2024) rappresenta, in via definitiva, un compendio dei temi esplorati dal regista nel corso della sua carriera, rimettendo in scena la storia già raccontata da Murnau e da Herzog per discutere dell’icona del vampiro e della cultura che lo circonda. Se infatti fin dai tempi del racconto The Vampyre (Il vampiro,1819) di John Polidori questa creatura è stata adoperata nella letteratura per simboleggiare delle malattie sessualmente trasmissibili, nell’opera di Bram Stoker e in tutti i suoi successivi adattamenti ufficiali e non, la figura del vampiro è sempre stata legata all’erotismo e ai timori puritani nei confronti del sesso.
La figura del vampiro, che si nutre da una zona erogena come il collo, è quindi stata definita nella storia del cinema e della letteratura del Novecento dalle paure (e i complessi) che mutavano di epoca in epoca, aggiornandosi ogni volta. Il Conte Orlok (Bill Skarsgård) di Eggers, pertanto, non può essere slegato dal tempo presente, dove la rivendicazione dei corpi e l’emancipazione femminile prevalgono anche in quello che altrimenti sarebbe stato solo un omaggio reverenziale al classico. Il corpo del personaggio di Hellen (Lily Rose-Depp) diventa l’obiettivo ultimo di Nosferatu e, come in The Witch il rapporto tra Thomasin e le forze maligne era segnato in maniera deterministica fin dalle sue prime mestruazioni, anche nell’ultimo lavoro del regista un patto stretto prima dell’inizio della storia segna l’inevitabilità del ricongiungimento tra la donna e il vampiro, ricercato da ella per sfuggire alla reclusione puritana. Ma nel parlare della repressione di Hellen Eggers arriva a una conclusione differente rispetto a quella di Thomasin, e per capirne la differenza bisogna prima comprendere il rapporto di rivalità fisica che si immette tra il personaggio di Thomas Hutter (Nicholas Hoult) e quello del Conte Orlok.
Lily Rose-Depp è Hellen Hutter in Nosferatu (2024)
Fin dalle prime sequenze Thomas si mostra come un uomo insicuro, una figura che non si sente dominante né nel rapporto con la moglie, né in quello con l’amico più benestante Friedrich (Aaron Taylor-Johnson), mostrando di aver bisogno del viaggio verso la Transylvania come di una sorta di processo di autodeterminazione personale. Ma è nel confronto con un altro corpo che emergono le fragilità del personaggio, ovvero con quello del vampiro stesso che, la prima volta che gli appare nella sua interezza, egli vede totalmente nudo.
Alla base del rapporto con Orlok (e quindi del triangolo che si pone tra i due e il personaggio di Ellen), c’è quindi il forte senso di inadeguatezza di Thomas, che non si sente in grado di adempiere al ruolo prescritto per lui all’interno della società tedesca del XIX secolo. La frustrazione sessuale dell’uomo emerge soprattutto nel confronto con la donna, la quale esplicita come il marito non sia in grado di darle il piacere che potrebbe procurarle il vampiro. La paura dell’impotenza guida quindi il personaggio in una rivalità che lo fa sentire inetto rispetto al Conte, unica figura in grado di soddisfare Hellen all'interno del contesto che la tiene isolata.
Lo stesso corpo di Hellen è prigioniero sia della sua stessa psiche che del bigottismo della società patriarcale, la quale proprio nel cercare di reprimere le pulsioni che la attraggono verso Nosferatu rappresenta, in realtà, la causa stessa che permette l’arrivo della creatura. Eggers non si limita a caraterizzare Orlok semplicemente come il simbolo del desiderio di Hellen, ma piuttosto adopera il folklore del vampiro come mezzo per definire la possibile via di fuga da una forma tradizionale di famiglia e di femminilità. Nelle conclusioni a cui arriva il rapporto tra Hellen e Nosferatu emergono però le differenze rispetto al percorso compiuto da Thomasin.
Sul set di Nosferatu (2024)
Come suggerisce il personaggio di von Franz (Willem Dafoe) anche la donna esercita sul desiderio di Orlok un potere di coercizione, Hellen è la sirena che può attirare il mostro verso la propria realizzazione del desiderio carnale, e quindi verso la morte. Nel sacrificio della ragazza anche il vampiro può essere portato ad abbandonare la sua razionalità, emergendo come bestia che si lascia trascinare dalla libido quanto un essere umano.
Non avviene quindi l’accettazione della corruzione del sistema patriarcale che si poteva ritrovare in The Witch nelle conclusioni degli archi narrativi di Caleb e Thomasin, ma piuttosto un sacrificio del desiderio necessario a ripristinare uno status quo distrutto dall’arrivo del vampiro. Non è un caso che laddove nell’opera originale di Murnau (1922) il mostro spariva lasciando il marito a piangere sul corpo senza vita della moglie e nella versione di Werner Herzog (1979) il personaggio di Jonathan ritornava solitario al castello prendendo il ruolo del Conte, nell’adattamento di Eggers il corpo di Orlok rimane sul cadavere di Hellen, come testimonianza di un fallimento dell’uomo nel ricoprire il proprio ruolo sociale.
A Eggers interessa creare connessioni e ponti di riferimento tra le varie culture e il folklore, allo scopo di ritornare ai conflitti psicosessuali già interni alle storie originarie, aggiornando ai canoni contemporanei racconti da sempre basati sulle pulsioni dell’essere umano e sul suo tentativo di reprimerle.
La repressione sessuale
nel cinema di Robert Eggers,
di Lorenzo Sartor
TR-120
14.01.2025
In una delle sequenze più significative di The Lighthouse (2019), seconda opera del regista Robert Eggers, il protagonista Thomas (Robert Pattinson) si isola nell’oscurità di un capannone per masturbarsi, tenendo nell’altra mano la statuetta di legno di una sirena, unico stimolo sessuale presente sull’isolotto in cui è recluso, mentre il montaggio alterna dei flash delle sue fantasie erotiche a quelli del faro che dà il titolo al film. Nella sceneggiatura originale, durante questo passaggio, il faro che sovrasta i due protagonisti viene descritto come “fallico” e in una nota di regia Eggers specifica che l’angolo dell’inquadratura del fallo deve coincidere con quella del faro, restituendo nell’immagine della struttura l’erezione che il protagonista non riesce a raggiungere.
Possiamo quindi capire quanto sia ricercata, nel cinema di Eggers, la chiave di lettura psicosessuale e come i conflitti vissuti dai suoi personaggi abbiano una rilevante vicinanza all’erotismo, alla repressione, alla mascolinità e all’impotenza, vivendo essi in perenne contrasto con i contesti storici di appartenenza.
Ne è fin da subito esempio il modo in cui viene esplorata la repressione del corpo femminile in The Witch (2015), ambientato nel New England rurale del XVII secolo. Lo scontro tra la famiglia puritana e la civilizzazione, da cui il nucleo rifugge, si definisce in quello che è un tema cardine del cinema di Eggers, ossia l’isolamento. I protagonisti della sua filmografia si distaccano dal contesto che li circonda e nel farlo reprimono il proprio desiderio, riducendo così l’approccio alla sessualità ad un istinto primitivo.
Thomasin e suo fratello Caleb, i giovani protagonisti di The Witch (2015)
La protagonista di The Witch, viene demonizzata per via dello sviluppo naturale del suo corpo verso l’età adulta, di conseguenza il suo viaggio di accettazione delle forze maligne, scatenatesi contro la famiglia, altro non è che il simbolo della sua emancipazione da quel puritanesimo che l’ha limitata sin dalla nascita. Il soffocamento del desiderio sessuale e l’imposizione di un modello puritano dei ruoli di genere non riguarda solo il corpo femminile di Thomasin (Anya Taylor-Joy), bensì anche quello del fratello Caleb (Harvey Scrimshaw), che affronta un tragitto alla cui base si trova il contrasto tra il modello di bigotta mascolinità impostato dal padre e le prime pulsioni sessuali che lo attraggono verso la morte.
L’immagine della strega che attira Caleb verso il proprio desiderio rappresenta, in questo senso, un’unione di diversi folklori rielaborati in chiave postmoderna. L’abbigliamento della strega rimanda esplicitamente alla favola di Cappuccetto Rosso (già presente nella tradizione orale europea del XVI secolo) e quindi a una riconcezione orrorifica dei primi racconti infantili - come il regista aveva fatto nel suo primo corto Hansel and Gretel (2007)-, ma il ruolo svolto da questa figura rimanda maggiormente a quello della Leannán Sídhe, una fata del folklore irlandese che accoglie caratteristiche provenienti da due creature, che saranno centrali nella successiva filmografia di Eggers: la sirena e il vampiro. La “musa concubina” attira il maschio verso la morte nella promessa di una vita breve, ma di grande ispirazione artistica, succhiando pian piano dall’uomo il suo spirito vitale e permettendogli di esaurire la propria pulsione libidica.
Pertanto, mentre Thomasin troverà liberazione attraverso la fuga dal dogmatismo, accettando il peccato come forma di desiderio, Caleb rimarrà vittima della prigione puritana impostata dalla sua famiglia, ottenendo la libertà nella caduta verso la follia e nel momento di estasi artistica. Con le sue ultime parole (“Corruption, thou art my father”) egli accetta la promessa della strega e la corruzione del modello patriarcale che ha limitato la propria vita e quella della sorella. L’ascesa di Thomasin alla stregoneria non è quindi un finale negativo per le loro vite, ma l’accoglienza di un processo di distruzione necessario, anche in chiave progressista, verso un nuovo sistema di valori.
Il "bacio" della strega
Come già accennato, l’isolamento, la repressione sessuale e la messa in discussione di un sistema di ruoli basato sulla mascolinità continuano a essere centrali nel successivo The Lighthouse. Spostandosi dai boschi del New England dei Padri Pellegrini verso le sue coste marittime di fine Ottocento, Eggers racconta un’altra storia dove l’emarginazione di due uomini su un’isola (tanto lontana dalle regole della civiltà come lo era la fattoria di The Witch e come lo sarà poi il castello del conte Orlok) rappresenta il pretesto con cui esplorare il soffocamento del desiderio maschile. La sequenza descritta in apertura conferma come il viaggio mentale di Thomas sia plasmato, soprattutto, dalla sua frustrazione, che può sfogare solamente su quella statuetta di legno raffigurante una sirena. Le visioni di creature marine che perseguitano il protagonista non fanno altro che riproporre questo conflitto con i propri impulsi, dove emergono l’inclinazione violenta delle sue fantasie sessuali e il desiderio omoerotico da cui rifugge.
Infatti sono tanti gli indizi che rivelano la paura di Thomas di essere dominato da un altro uomo e il suo desiderio di incarnare la figura dominante nel rapporto conflittuale con la propria controparte anziana: il momento in cui i due marinai ballano e il protagonista si avvicina per accennare un bacio verso il collega, le immagini del faro-fallo che si intersecano con quelle della vagina della sirena, la sequenza in cui Wake (Willem Dafoe) viene portato alla tomba mentre è legato per il collo come un cane o quella in cui Thomas vede una goccia di sperma che cade dalla cima della torre mentre il personaggio di Dafoe si masturba guardando la luce del faro. Come un bambino che assiste di sbieco alla scena primaria in cui i genitori compiono un rapporto sessuale, ma non può accedervi per comprendere la verità dell’attrazione carnale, la frustrazione del personaggio risiede nel suo non poter assistere alla visione della luce, attraverso cui svelerebbe la cura al proprio desiderio.
Nella sceneggiatura originale i due protagonisti erano definiti solo come Old e Young, mentre in quella poi messa in scena i personaggi condividono lo stesso nome (Thomas), definendo così un rapporto in cui il figlio giovane intende dominare il padre, nonché imporsi sulla parte di sé che ne causa la repressione. Una volta dominata sessualmente la controparte anziana, il protagonista può quindi accedere alla scena primaria e nella visione della luce del faro conquistare finalmente l’orgasmo che per tutto il film non è riuscito a raggiungere. Ritornando infatti alla figura della sirena, la sceneggiatura del film ci tiene a specificare come il protagonista “non avesse mai visto una donna così bella”, definendo così un occhio vergine con cui l’uomo represso guarda alla sua idea di corpo femminile, qui definita solo dal folklore che lo circonda, come nel caso del giovane Caleb di The Witch.
I "miraggi" di The Lighthouse (2019)
La fragilità di un immaginario di mascolinità si ripresenta nel terzo film di Eggers, dove l’autore si sposta dal lugubre microcosmo di The Lighthouse all’Islanda dell’epoca delle espansioni norrene di The Northman (2022), attingendo a piene mani dal folklore scandinavo, in particolare dal Gesta Danorum (1208 circa) di Saxi Grammaticus, il testo che ha maggiormente influenzato Shakespeare durante la scrittura dell’Amleto. Il protagonista Amleth (Alexander Skarsgård) viene infatti cresciuto all’interno di un contesto dove il proprio ruolo è definito fin dalla nascita e i suoi obiettivi stabiliti da un principio deterministico: vendicare il padre, salvare la madre, uccidere lo zio. Laddove nel teatro elisabettiano erano il carattere e i conflitti interni del personaggio a definire le sue scelte, Eggers riprende dalla mitologia scandinava la centralità principale data al fato e dalla scrittura di un ruolo già predeterminato.
Fin dalla cerimonia spirituale compiuta in giovane età, in cui la sua virilità viene definita da un ritorno alla dimensione primitiva e rituale dell’uomo, il futuro di Amleth è già impresso all’interno dell’albero della famiglia e nella promessa di un Valhalla da raggiungere morendo in battaglia. L’immaginario vichingo - secondo come è stato riplasmato dalle narrazioni hollywoodiane e da icone plastiche come Conan the Barbarian (Conan il Barbaro, 1982) - è solitamente legato ad un modello machista e alla morte romantica del guerriero virile, ma la volontà di Eggers e dello sceneggiatore e poeta scandinavo Sjòn è quella di mettere il proprio protagonista di fronte alla consapevolezza di appartenere a una storia già costruita fin dalla nascita e a un ruolo che segue per fede, non per scelta.
Nel primo confronto tra Amleth da adulto e la madre Gudrún (Nicole Kidman), la regina fa emergere davanti al figlio come l’amore idealizzato dei suoi genitori fosse in realtà frutto di una violenza, come la sua nascita non fosse voluta e come il suo libero arbitrio non fosse altro che l’illusione data da un immaginario imposto fin dalla giovinezza. L’imposizione di questi obiettivi ha portato il rapporto tra Amleth e Gudrún a sottostare a un complesso edipico irrisolto, dove il desiderio del protagonista di salvare la madre è il solo modo per esprimere il desiderio carnale che prova nei suoi confronti. Freud rifiutava la lettura psicanalitica dell’opera shakespeariana, specificando come il destino di Amleto fosse nelle mani dei propri impeti emotivi, mentre le scelte dell'Edipo di Sofocle erano in quelle del destino, in linea quindi con la storia di Amleth in The Northman e l’originale opera scandinava.
La regina Gudrún (Nicole Kidman) rivela ad Amleth (Alexander Skarsgård) la verità
Parlando della possibile presenza di un conflitto edipico interno all’opera shakespeariana, Ernest Jones, nel suo articolo per il The American Journal of Psychology (1910), scriveva che “nella psiche di Amleto la motivazione positiva che lo spinge verso la vendetta è una ragione morale e sociale, mentre la motivazione negativa è un dibattito interno, personale, nei suoi istinti naturali”. Anche l’Amleth di Eggers non agisce quindi per un’attitudine personale, ma per via di un’immaginario di mascolinità che ha represso i suoi istinti naturali e il desiderio nei confronti della madre, nella promessa di un paradiso che premi la sua vendetta. La sirena-vampiro che attrae il vichingo verso la propria fine è rappresentata qui dai due personaggi femminili (la strega interpretata da Bjork e la schiava Olga di Anya Taylor-Joy), che lo attraggono verso il proprio fato. Non a caso, nel momento in cui Amleth penserà di rinunciare al destino per trovare la pace, una visione della propria dinastia lo riporterà su quel sentiero prescritto dal suo stesso sangue.
Laddove quindi The Witch esplorava la coercizione del corpo femminile e i due film successivi le fragilità di una mascolinità repressa e isolata, Nosferatu (2024) rappresenta, in via definitiva, un compendio dei temi esplorati dal regista nel corso della sua carriera, rimettendo in scena la storia già raccontata da Murnau e da Herzog per discutere dell’icona del vampiro e della cultura che lo circonda. Se infatti fin dai tempi del racconto The Vampyre (Il vampiro,1819) di John Polidori questa creatura è stata adoperata nella letteratura per simboleggiare delle malattie sessualmente trasmissibili, nell’opera di Bram Stoker e in tutti i suoi successivi adattamenti ufficiali e non, la figura del vampiro è sempre stata legata all’erotismo e ai timori puritani nei confronti del sesso.
La figura del vampiro, che si nutre da una zona erogena come il collo, è quindi stata definita nella storia del cinema e della letteratura del Novecento dalle paure (e i complessi) che mutavano di epoca in epoca, aggiornandosi ogni volta. Il Conte Orlok (Bill Skarsgård) di Eggers, pertanto, non può essere slegato dal tempo presente, dove la rivendicazione dei corpi e l’emancipazione femminile prevalgono anche in quello che altrimenti sarebbe stato solo un omaggio reverenziale al classico. Il corpo del personaggio di Hellen (Lily Rose-Depp) diventa l’obiettivo ultimo di Nosferatu e, come in The Witch il rapporto tra Thomasin e le forze maligne era segnato in maniera deterministica fin dalle sue prime mestruazioni, anche nell’ultimo lavoro del regista un patto stretto prima dell’inizio della storia segna l’inevitabilità del ricongiungimento tra la donna e il vampiro, ricercato da ella per sfuggire alla reclusione puritana. Ma nel parlare della repressione di Hellen Eggers arriva a una conclusione differente rispetto a quella di Thomasin, e per capirne la differenza bisogna prima comprendere il rapporto di rivalità fisica che si immette tra il personaggio di Thomas Hutter (Nicholas Hoult) e quello del Conte Orlok.
Lily Rose-Depp è Hellen Hutter in Nosferatu (2024)
Fin dalle prime sequenze Thomas si mostra come un uomo insicuro, una figura che non si sente dominante né nel rapporto con la moglie, né in quello con l’amico più benestante Friedrich (Aaron Taylor-Johnson), mostrando di aver bisogno del viaggio verso la Transylvania come di una sorta di processo di autodeterminazione personale. Ma è nel confronto con un altro corpo che emergono le fragilità del personaggio, ovvero con quello del vampiro stesso che, la prima volta che gli appare nella sua interezza, egli vede totalmente nudo.
Alla base del rapporto con Orlok (e quindi del triangolo che si pone tra i due e il personaggio di Ellen), c’è quindi il forte senso di inadeguatezza di Thomas, che non si sente in grado di adempiere al ruolo prescritto per lui all’interno della società tedesca del XIX secolo. La frustrazione sessuale dell’uomo emerge soprattutto nel confronto con la donna, la quale esplicita come il marito non sia in grado di darle il piacere che potrebbe procurarle il vampiro. La paura dell’impotenza guida quindi il personaggio in una rivalità che lo fa sentire inetto rispetto al Conte, unica figura in grado di soddisfare Hellen all'interno del contesto che la tiene isolata.
Lo stesso corpo di Hellen è prigioniero sia della sua stessa psiche che del bigottismo della società patriarcale, la quale proprio nel cercare di reprimere le pulsioni che la attraggono verso Nosferatu rappresenta, in realtà, la causa stessa che permette l’arrivo della creatura. Eggers non si limita a caraterizzare Orlok semplicemente come il simbolo del desiderio di Hellen, ma piuttosto adopera il folklore del vampiro come mezzo per definire la possibile via di fuga da una forma tradizionale di famiglia e di femminilità. Nelle conclusioni a cui arriva il rapporto tra Hellen e Nosferatu emergono però le differenze rispetto al percorso compiuto da Thomasin.
Sul set di Nosferatu (2024)
Come suggerisce il personaggio di von Franz (Willem Dafoe) anche la donna esercita sul desiderio di Orlok un potere di coercizione, Hellen è la sirena che può attirare il mostro verso la propria realizzazione del desiderio carnale, e quindi verso la morte. Nel sacrificio della ragazza anche il vampiro può essere portato ad abbandonare la sua razionalità, emergendo come bestia che si lascia trascinare dalla libido quanto un essere umano.
Non avviene quindi l’accettazione della corruzione del sistema patriarcale che si poteva ritrovare in The Witch nelle conclusioni degli archi narrativi di Caleb e Thomasin, ma piuttosto un sacrificio del desiderio necessario a ripristinare uno status quo distrutto dall’arrivo del vampiro. Non è un caso che laddove nell’opera originale di Murnau (1922) il mostro spariva lasciando il marito a piangere sul corpo senza vita della moglie e nella versione di Werner Herzog (1979) il personaggio di Jonathan ritornava solitario al castello prendendo il ruolo del Conte, nell’adattamento di Eggers il corpo di Orlok rimane sul cadavere di Hellen, come testimonianza di un fallimento dell’uomo nel ricoprire il proprio ruolo sociale.
A Eggers interessa creare connessioni e ponti di riferimento tra le varie culture e il folklore, allo scopo di ritornare ai conflitti psicosessuali già interni alle storie originarie, aggiornando ai canoni contemporanei racconti da sempre basati sulle pulsioni dell’essere umano e sul suo tentativo di reprimerle.