Una scanzonata avventura,
recensione di Federico Mattioni
RV-62
24.06.2024
Alberto, detto Al, un musicista che sogna ancora per mezzo del rock adolescenziale, assiste allo slegarsi della propria band su cui aveva investito tempo ed energie. Deve far fronte al saldo di un debito con il proprietario del locale dove svolge le prove (il Roma Blues del titolo) e il suo lavoro al Far West Village non è sufficientemente remunerativo. Il ritrovamento di un telefono cellulare, che contiene al suo interno le prove di un omicidio, lo spingerà in una serie di assurde vicissitudini. Ad aiutarlo nella risoluzione del mistero ci sarà l’imbranata Betty, una ragazza incontrata su un’App di incontri.
Roma Blues è un lavoro caratterizzato da quella tipica leggerezza- autoironica di chi è agli esordi, un film che si muove ondivago, e che dipinge una Capitale nel pieno di una torrida estate, invasa dai rifiuti e popolata da loschi e tragicomici individui. Il regista e sceneggiatore Gianluca Manzetti crea un pastiche citazionista che richiama le atmosfere e le sensazioni di svariati generi: si passa così dal noir alla commedia grottesca, fino ad approdare alle tipiche situazioni da detective story, qui lette in una chiave scherzosa e dissacrante attraverso la figura dell’ingenuo protagonista.
Il grande pregio del film si trova però nel suo “fraseggio visivo”, in una chiara e ben sfruttata affiliazione con il musical, e ai suoi omaggi al genere noir e alle comiche del muto, rigorosamente in bianco e nero.
I colori, dai toni accaldati e dal tenore d’anguria, costellano le immagini, imbrigliando le carte e donando fervore allo scanzonato duo di protagonisti, perfettamente in linea con il ritratto che il regista intende offrire al pubblico: quello di una gioventù sprovveduta, senza punti di riferimento, in balia di un mito cinematografico che si palesa attraverso l’adrenalina che trasmette l’idea di un inseguimento o di una fuga da un branco di criminali, un qualcosa che viene visto come un’opportunità utile per allontanare la noia.
Francesco Gheghi e Mikaela Neaze Silva, grazie a due volti freschi e giovanili, si prestano al gioco voluto dal loro autore. Durante tutta la narrazione Manzetti sceglie decisamente di privilegiare un tono da commedia degli equivoci, rinunciando però ad un amalgama di tensione e umorismo che sicuramente avrebbe reso più spericolato il film. Roma Blues, sembra quindi un lavoro che non vuole prendersi sul serio, mai.
A fine visione ciò che rimane maggiormente impresso sono alcune belle immagini che, come istantanee pulsanti di vita, hanno la portata di un soffio di vento che solletica la fantasia e scopre tutte le carte. In questo senso, Roma Blues lascia tutto sommato un piacevole sapore di gioventù dall’estetica briosamente vintage, e ci trascina attraverso la Roma dei “lavori in corso” e delle “mazzette” senza lasciarsi coinvolgere in un gioco che non vale la pena di giocare, quello dei cattivi.
Bambini mancati,
recensione di Federico Mattioni
RV-62
24.06.2024
Alberto, detto Al, un musicista che sogna ancora per mezzo del rock adolescenziale, assiste allo slegarsi della propria band su cui aveva investito tempo ed energie. Deve far fronte al saldo di un debito con il proprietario del locale dove svolge le prove (il Roma Blues del titolo) e il suo lavoro al Far West Village non è sufficientemente remunerativo. Il ritrovamento di un telefono cellulare, che contiene al suo interno le prove di un omicidio, lo spingerà in una serie di assurde vicissitudini. Ad aiutarlo nella risoluzione del mistero ci sarà l’imbranata Betty, una ragazza incontrata su un’App di incontri.
Roma Blues è un lavoro caratterizzato da quella tipica leggerezza- autoironica di chi è agli esordi, un film che si muove ondivago, e che dipinge una Capitale nel pieno di una torrida estate, invasa dai rifiuti e popolata da loschi e tragicomici individui. Il regista e sceneggiatore Gianluca Manzetti crea un pastiche citazionista che richiama le atmosfere e le sensazioni di svariati generi: si passa così dal noir alla commedia grottesca, fino ad approdare alle tipiche situazioni da detective story, qui lette in una chiave scherzosa e dissacrante attraverso la figura dell’ingenuo protagonista.
Il grande pregio del film si trova però nel suo “fraseggio visivo”, in una chiara e ben sfruttata affiliazione con il musical, e ai suoi omaggi al genere noir e alle comiche del muto, rigorosamente in bianco e nero.
I colori, dai toni accaldati e dal tenore d’anguria, costellano le immagini, imbrigliando le carte e donando fervore allo scanzonato duo di protagonisti, perfettamente in linea con il ritratto che il regista intende offrire al pubblico: quello di una gioventù sprovveduta, senza punti di riferimento, in balia di un mito cinematografico che si palesa attraverso l’adrenalina che trasmette l’idea di un inseguimento o di una fuga da un branco di criminali, un qualcosa che viene visto come un’opportunità utile per allontanare la noia.
Francesco Gheghi e Mikaela Neaze Silva, grazie a due volti freschi e giovanili, si prestano al gioco voluto dal loro autore. Durante tutta la narrazione Manzetti sceglie decisamente di privilegiare un tono da commedia degli equivoci, rinunciando però ad un amalgama di tensione e umorismo che sicuramente avrebbe reso più spericolato il film. Roma Blues, sembra quindi un lavoro che non vuole prendersi sul serio, mai.
A fine visione ciò che rimane maggiormente impresso sono alcune belle immagini che, come istantanee pulsanti di vita, hanno la portata di un soffio di vento che solletica la fantasia e scopre tutte le carte. In questo senso, Roma Blues lascia tutto sommato un piacevole sapore di gioventù dall’estetica briosamente vintage, e ci trascina attraverso la Roma dei “lavori in corso” e delle “mazzette” senza lasciarsi coinvolgere in un gioco che non vale la pena di giocare, quello dei cattivi.