INT-50
13.11.2023
Lo scorso settembre, al Festival di Venezia, Gábor Reisz si è aggiudicato il premio di Miglior Film nella sezione Orizzonti per Explanation for Everything. Una vittoria che ci ha entusiasmato dal momento che, a nostro parere, l’opera avrebbe meritato ampiamente un posto nella competizione ufficiale, sentimento condiviso dallo stesso Alberto Barbera durante la conferenza stampa per la presentazione del programma.
Il terzo lungometraggio di Reisz è ambientato nella Budapest dei nostri giorni e segue le vicende di Abel (Adonyi-Walsh Gáspár), giovane diciottenne che sta avendo difficoltà a preparare l’esame di maturità. Tra le problematiche che bloccano Abel ci sono l’enorme mole di studio, la pressione incessante del padre György e, soprattutto, l’infatuazione che il ragazzo ha preso per la sua migliore amica, Janka (Lilla Kizlinger). La tensione cresce sempre più e il giorno dell’esame succederà l’inaspettato: un semplice esame di stato diventerà uno scandalo politico che attirerà a sé un'enorme attenzione mediatica. Reisz parte da questa premessa per costruire un’opera complessa, che rappresenta un spaccato della società ungherese e che analizza le tensioni politiche che pervadono la nazione. Il cineasta, per compiere questo ampio discorso, si avvale di una struttura a capitoli che gli permette di seguire molteplici punti di vista: quello di Abel, del padre György (István Znamenák), dell’insegnante Jakab (András Rusznák) e infine di Erika (Rebeka Hatházi), una giornalista che sta seguendo il caso. Con una scrittura magistrale dietro ai personaggi, che riflette questo perpetuo stato di ansia e tensione, Explanation for Everything si candida ad essere una delle opere più interessanti dell’anno. Il film sarà distribuito prossimamente nelle sale italiane grazie a I Wonder Pictures.
Abbiamo avuto il piacere di intervistare Gábor Reisz, che ci ha raccontato della struttura a capitoli, del casting degli attori e dell'importanza del sottotesto politico del film.
Innanzitutto congratulazioni. Prima di cominciare a parlare nel dettaglio di Explanation for Everything, volevo chiederti come fosse andata la tua esperienza a Venezia.
Grazie per i complimenti. A Venezia è andata molto bene e abbiamo festeggiato a lungo dopo la presentazione del film. Ma allo stesso tempo ero piuttosto teso e curioso di vedere cosa la gente avrebbe pensato, soprattutto i critici ungheresi.
Passando al film, volevo cominciare dalla sequenza iniziale. Vediamo dei ragazzi festeggiare e, ad un primo istante, ho pensato avessi deciso di riprendere spontaneamente dei ragazzi qualsiasi, ma durante il film mi sono reso conto che in quella sequenza erano presenti sia Abel che Jakab. Inoltre la scena è ripresa in maniera particolare, con l’immagine che si espande pian piano. Quale è il contesto di questa sequenza? Mi puoi dire qualcosa su questa scelta stilistica?
La scena non era presente all’inizio nella sceneggiatura, credo di averla aggiunta solo nella versione finale. Ho capito che dovevo cominciare con questa sequenza perché mi sono reso conto che il filone narrativo più importante del film riguardava proprio i ragazzi. Inoltre, la scena rappresenta una tipica tradizione ungherese. Di solito, i ragazzi, qualche giorno prima della maturità, vanno a trovare gli insegnanti in tarda serata per festeggiare e bere assieme. Ho pensato fosse un buon punto di partenza per il film e mi ha permesso di mettere in risalto quel senso di libertà e gioventù che i personaggi hanno. Per quanto riguarda lo stile, abbiamo girato con degli iPhone per questioni economiche e soprattutto perché questa texture si avvicina di più alla nuove generazioni.
Nonostante la durata di due ore e mezza, il film scorre piuttosto bene, questo è dovuto alla divisione in capitoli che permette di seguire dettagliatamente i diversi punti di vista dei personaggi. Puoi dirmi qualcosa su questa struttura narrativa?
Ho scritto il film con Éva Schulze, che era la mia insegnante e mentore alla scuola di cinema. Quando abbiamo iniziato a pensare ai personaggi, lei mi ha chiesto di scrivere cosa succede ad Abel e agli altri il giorno prima dell’esame. Avevo cominciato con il lunedì di Abel, erano cinque/sei pagine, volevo rappresentare tutto quello che succede al protagonista in determinati momenti. Quando ho scritto il lunedì del padre, mi sono reso conto che i due personaggi condividevano certi lassi di tempo. Le situazioni erano le stesse ma rappresentate in maniera differente perché il punto di vista cambiava. Poi, alla base della sceneggiatura, c’era questo concetto di fondo dove volevo mostrare una concezione più soggettiva all’inizio - e questo lo si può notare dall’inserimento dei nomi dei personaggi nei capitoli o anche dalla parola “amore”. Mentre nella seconda parte del film, prende il sopravvento una concezione più oggettiva, concreta, come nel capitolo 26th of August.
Anche On Sunday nothing happened?
Si, però quello era più una battuta (il regista ride, n.d.r.). Perché di fondo, ogni regista, o artista, cerca sempre di scoprire quale è il proprio limite, e a volte si cerca di “giocare” con quel limite, non so se mi sono spiegato. Nel mio caso è stato: sei abbastanza coraggioso di inserire un capitolo dove nulla succede dopo due ore di film?
È stato esilarante, ma in senso positivo.
È quello che penso anche io. Ti dico, vedere alcune persone tra il pubblico che ridevano è stato gratificante.
Rimanendo sempre sulla struttura a capitoli, è presente un interessante contrasto tra Abel e il padre György con Jakab. Per i primi, quel lunedì è come se fosse il giorno più importante della loro vita, mentre per Jakab è solo un lunedì qualunque. Puoi approfondire questo aspetto?
Per quanto riguarda il lunedì, è ovvio che Abel e György non riescano a pensare ad altro se non all’esame. Quello che è interessante è il punto di vista di Jakab e come vive quel giorno in modo “ordinario”. Conosci qualche libro su come scrivere sceneggiature? Sulla maggior parte di questi troverai scritto che un film deve sempre iniziare con situazioni o parole “ordinarie” che poi devono diventare più complesse quando la situazione evolve . All’inizio non ci ho fatto caso, ma poi ho realizzato che la struttura del mio film era simile a quella descritta in questi libri. Prendi anche il personaggio di Erika, inserisco lei e il suo punto di vista dopo un’ora e mezza. Anche questa è una situazione che può essere trovata in questi manuali. Quello di Robert McKee su tutti (intitolato Story: Substance, Structure, Style and the Principles of Screenwriting, n.d.r.). In questo c’è scritto che bisognerebbe inserire un nuovo personaggio dopo un’ora, ma io l’ho inserito dopo un’ora e mezza. Potrei andare avanti con altri dettagli della sceneggiatura ma poi diventerebbe un discorso troppo complesso.
Il cast è uno dei punti di forza di Explanation for Everything. Vorrei focalizzarmi sugli attori, partendo da Lilla Kizlinger, l’interprete di Janka, love interest di Abel. L’attrice aveva vinto, nel 2021, il premio per la miglior interpretazione da non protagonista, alla Berlinale, per Forest: I See You Everywhere di Benedek Fliegauf…mi ha fatto piacere rivederla sul grande schermo.
Avevamo poco tempo per fare i casting e ho pensato subito a Lilla. Ero un po’ preoccupato di ricevere un no visto che è una grande attrice ed è piuttosto richiesta nel panorama arthouse ungherese. Poi c’era il problema dell’intesa con il personaggio di Abel, ma ha fatto un ottimo lavoro.
Abel è interpretato da Adonyi-Walsh Gáspár e se non sbaglio è il suo primo ruolo in assoluto.
Esatto. Per il casting del personaggio di Abel abbiamo messo degli annunci su Facebook e Instagram. Cercavamo un ragazzo di diciotto anni e Adonyi-Walsh è stato il secondo a presentarsi. Mi ha conquistato fin dall’inizio.
Mentre per quanto riguarda András Rusznák e István Znamenák, interpreti di Jakab e György?
András lo conosco da tanti anni. Avevamo frequentato la stessa scuola di cinema, solo che lui era nella classe di recitazione. István è un grandissimo attore che ho sempre rispettato. Ha lavorato a lungo a teatro, ma ha fatto anche diversi film e serie tv. È stato importante avere un attore con una tale esperienza nel cast, soprattutto per aiutare il giovane interprete di Abel.
Nel film ci sono vari riferimenti a importanti avvenimenti storici dell’Ungheria, le rivoluzioni del 1848 e del 1956. Credi sia importante conoscere questi eventi per comprendere meglio il film?
Ogni paese ha le proprie storie e queste differiscono tra di loro. Ma ci sono state rivoluzioni ovunque, la gente ha sempre combattuto per la pace. Ovviamente il contesto politico e culturale nel film è diverso, ma prendi per esempio i film hollywoodiani. Tutti noi li amiamo. Però io sono stato solo una volta negli Stati Uniti, non posso dire che riesco a connettermi con la loro cultura. Ma questo non significa che non riesca a creare un legame con loro attraverso i loro film. È possibile immedesimarsi con storie o personaggi di epoche diverse. Quello che sto cercando di dire è che ogni paese ha un sentimento, un desiderio che ci accomuna tutti. Sarà difficile promuovere questo aspetto nei prossimi paesi, bisognerà vedere se il pubblico riuscirà a empatizzare con la storia del film. Durante la première a Venezia, c’è stato un buon riscontro dal pubblico…ed è stato speciale.
INT-50
13.11.2023
Lo scorso settembre, al Festival di Venezia, Gábor Reisz si è aggiudicato il premio di Miglior Film nella sezione Orizzonti per Explanation for Everything. Una vittoria che ci ha entusiasmato dal momento che, a nostro parere, l’opera avrebbe meritato ampiamente un posto nella competizione ufficiale, sentimento condiviso dallo stesso Alberto Barbera durante la conferenza stampa per la presentazione del programma.
Il terzo lungometraggio di Reisz è ambientato nella Budapest dei nostri giorni e segue le vicende di Abel (Adonyi-Walsh Gáspár), giovane diciottenne che sta avendo difficoltà a preparare l’esame di maturità. Tra le problematiche che bloccano Abel ci sono l’enorme mole di studio, la pressione incessante del padre György e, soprattutto, l’infatuazione che il ragazzo ha preso per la sua migliore amica, Janka (Lilla Kizlinger). La tensione cresce sempre più e il giorno dell’esame succederà l’inaspettato: un semplice esame di stato diventerà uno scandalo politico che attirerà a sé un'enorme attenzione mediatica. Reisz parte da questa premessa per costruire un’opera complessa, che rappresenta un spaccato della società ungherese e che analizza le tensioni politiche che pervadono la nazione. Il cineasta, per compiere questo ampio discorso, si avvale di una struttura a capitoli che gli permette di seguire molteplici punti di vista: quello di Abel, del padre György (István Znamenák), dell’insegnante Jakab (András Rusznák) e infine di Erika (Rebeka Hatházi), una giornalista che sta seguendo il caso. Con una scrittura magistrale dietro ai personaggi, che riflette questo perpetuo stato di ansia e tensione, Explanation for Everything si candida ad essere una delle opere più interessanti dell’anno. Il film sarà distribuito prossimamente nelle sale italiane grazie a I Wonder Pictures.
Abbiamo avuto il piacere di intervistare Gábor Reisz, che ci ha raccontato della struttura a capitoli, del casting degli attori e dell'importanza del sottotesto politico del film.
Innanzitutto congratulazioni. Prima di cominciare a parlare nel dettaglio di Explanation for Everything, volevo chiederti come fosse andata la tua esperienza a Venezia.
Grazie per i complimenti. A Venezia è andata molto bene e abbiamo festeggiato a lungo dopo la presentazione del film. Ma allo stesso tempo ero piuttosto teso e curioso di vedere cosa la gente avrebbe pensato, soprattutto i critici ungheresi.
Passando al film, volevo cominciare dalla sequenza iniziale. Vediamo dei ragazzi festeggiare e, ad un primo istante, ho pensato avessi deciso di riprendere spontaneamente dei ragazzi qualsiasi, ma durante il film mi sono reso conto che in quella sequenza erano presenti sia Abel che Jakab. Inoltre la scena è ripresa in maniera particolare, con l’immagine che si espande pian piano. Quale è il contesto di questa sequenza? Mi puoi dire qualcosa su questa scelta stilistica?
La scena non era presente all’inizio nella sceneggiatura, credo di averla aggiunta solo nella versione finale. Ho capito che dovevo cominciare con questa sequenza perché mi sono reso conto che il filone narrativo più importante del film riguardava proprio i ragazzi. Inoltre, la scena rappresenta una tipica tradizione ungherese. Di solito, i ragazzi, qualche giorno prima della maturità, vanno a trovare gli insegnanti in tarda serata per festeggiare e bere assieme. Ho pensato fosse un buon punto di partenza per il film e mi ha permesso di mettere in risalto quel senso di libertà e gioventù che i personaggi hanno. Per quanto riguarda lo stile, abbiamo girato con degli iPhone per questioni economiche e soprattutto perché questa texture si avvicina di più alla nuove generazioni.
Nonostante la durata di due ore e mezza, il film scorre piuttosto bene, questo è dovuto alla divisione in capitoli che permette di seguire dettagliatamente i diversi punti di vista dei personaggi. Puoi dirmi qualcosa su questa struttura narrativa?
Ho scritto il film con Éva Schulze, che era la mia insegnante e mentore alla scuola di cinema. Quando abbiamo iniziato a pensare ai personaggi, lei mi ha chiesto di scrivere cosa succede ad Abel e agli altri il giorno prima dell’esame. Avevo cominciato con il lunedì di Abel, erano cinque/sei pagine, volevo rappresentare tutto quello che succede al protagonista in determinati momenti. Quando ho scritto il lunedì del padre, mi sono reso conto che i due personaggi condividevano certi lassi di tempo. Le situazioni erano le stesse ma rappresentate in maniera differente perché il punto di vista cambiava. Poi, alla base della sceneggiatura, c’era questo concetto di fondo dove volevo mostrare una concezione più soggettiva all’inizio - e questo lo si può notare dall’inserimento dei nomi dei personaggi nei capitoli o anche dalla parola “amore”. Mentre nella seconda parte del film, prende il sopravvento una concezione più oggettiva, concreta, come nel capitolo 26th of August.
Anche On Sunday nothing happened?
Si, però quello era più una battuta (il regista ride, n.d.r.). Perché di fondo, ogni regista, o artista, cerca sempre di scoprire quale è il proprio limite, e a volte si cerca di “giocare” con quel limite, non so se mi sono spiegato. Nel mio caso è stato: sei abbastanza coraggioso di inserire un capitolo dove nulla succede dopo due ore di film?
È stato esilarante, ma in senso positivo.
È quello che penso anche io. Ti dico, vedere alcune persone tra il pubblico che ridevano è stato gratificante.
Rimanendo sempre sulla struttura a capitoli, è presente un interessante contrasto tra Abel e il padre György con Jakab. Per i primi, quel lunedì è come se fosse il giorno più importante della loro vita, mentre per Jakab è solo un lunedì qualunque. Puoi approfondire questo aspetto?
Per quanto riguarda il lunedì, è ovvio che Abel e György non riescano a pensare ad altro se non all’esame. Quello che è interessante è il punto di vista di Jakab e come vive quel giorno in modo “ordinario”. Conosci qualche libro su come scrivere sceneggiature? Sulla maggior parte di questi troverai scritto che un film deve sempre iniziare con situazioni o parole “ordinarie” che poi devono diventare più complesse quando la situazione evolve . All’inizio non ci ho fatto caso, ma poi ho realizzato che la struttura del mio film era simile a quella descritta in questi libri. Prendi anche il personaggio di Erika, inserisco lei e il suo punto di vista dopo un’ora e mezza. Anche questa è una situazione che può essere trovata in questi manuali. Quello di Robert McKee su tutti (intitolato Story: Substance, Structure, Style and the Principles of Screenwriting, n.d.r.). In questo c’è scritto che bisognerebbe inserire un nuovo personaggio dopo un’ora, ma io l’ho inserito dopo un’ora e mezza. Potrei andare avanti con altri dettagli della sceneggiatura ma poi diventerebbe un discorso troppo complesso.
Il cast è uno dei punti di forza di Explanation for Everything. Vorrei focalizzarmi sugli attori, partendo da Lilla Kizlinger, l’interprete di Janka, love interest di Abel. L’attrice aveva vinto, nel 2021, il premio per la miglior interpretazione da non protagonista, alla Berlinale, per Forest: I See You Everywhere di Benedek Fliegauf…mi ha fatto piacere rivederla sul grande schermo.
Avevamo poco tempo per fare i casting e ho pensato subito a Lilla. Ero un po’ preoccupato di ricevere un no visto che è una grande attrice ed è piuttosto richiesta nel panorama arthouse ungherese. Poi c’era il problema dell’intesa con il personaggio di Abel, ma ha fatto un ottimo lavoro.
Abel è interpretato da Adonyi-Walsh Gáspár e se non sbaglio è il suo primo ruolo in assoluto.
Esatto. Per il casting del personaggio di Abel abbiamo messo degli annunci su Facebook e Instagram. Cercavamo un ragazzo di diciotto anni e Adonyi-Walsh è stato il secondo a presentarsi. Mi ha conquistato fin dall’inizio.
Mentre per quanto riguarda András Rusznák e István Znamenák, interpreti di Jakab e György?
András lo conosco da tanti anni. Avevamo frequentato la stessa scuola di cinema, solo che lui era nella classe di recitazione. István è un grandissimo attore che ho sempre rispettato. Ha lavorato a lungo a teatro, ma ha fatto anche diversi film e serie tv. È stato importante avere un attore con una tale esperienza nel cast, soprattutto per aiutare il giovane interprete di Abel.
Nel film ci sono vari riferimenti a importanti avvenimenti storici dell’Ungheria, le rivoluzioni del 1848 e del 1956. Credi sia importante conoscere questi eventi per comprendere meglio il film?
Ogni paese ha le proprie storie e queste differiscono tra di loro. Ma ci sono state rivoluzioni ovunque, la gente ha sempre combattuto per la pace. Ovviamente il contesto politico e culturale nel film è diverso, ma prendi per esempio i film hollywoodiani. Tutti noi li amiamo. Però io sono stato solo una volta negli Stati Uniti, non posso dire che riesco a connettermi con la loro cultura. Ma questo non significa che non riesca a creare un legame con loro attraverso i loro film. È possibile immedesimarsi con storie o personaggi di epoche diverse. Quello che sto cercando di dire è che ogni paese ha un sentimento, un desiderio che ci accomuna tutti. Sarà difficile promuovere questo aspetto nei prossimi paesi, bisognerà vedere se il pubblico riuscirà a empatizzare con la storia del film. Durante la première a Venezia, c’è stato un buon riscontro dal pubblico…ed è stato speciale.