NC-146
18.04.2023
Ormai, quando si parla di film d’autore in relazione alle piattaforme streaming, è d’obbligo fare il nome di MUBI. Concepita nel 2007 dall’imprenditore turco Efe Çakarel - inizialmente si chiamava The Auteurs, nome che manterrà fino al 2010 - di anno in anno questa variegata “cineteca virtuale” è riuscita ad arricchire il suo catalogo raccogliendo in sé pezzi inestimabili della storia del cinema. Essa, oltre a venire costantemente arricchita da un’attenta e poliedrica scelta di pellicole provenienti da ogni parte del mondo, dà la possibilità ai suoi iscritti di recensire i film visionati, dibattere su di essi, leggere l’opinione di importanti testate del settore, creare delle watchlist e avere l’opportunità di accedere ad analisi critiche e video essay. Un vero e proprio miraggio per ogni cinefilo appassionato, se solo si pensa alle difficoltà nel reperire determinati “pezzi cinematografici” che sembrano assolutamente impossibili da rintracciare. Ed è così che ogni mese si ritrovano su MUBI pellicole che erano nella nostra “lista dei desideri” da anni ma che ormai avevamo rinunciato a stanare, capolavori immortali della settima arte o opere di filmmaker di nicchia che, da quel momento in poi, rappresenteranno le nostre nuove ossessioni visive.
In quest’ultimo periodo la gamma di film offerti dalla piattaforma ci lascia l’imbarazzo della scelta. Cominciamo da dei titoli veramente interessanti: Sweetie (1989) e In the Cut (2003), due pellicole dirette con mano ferma da Jane Campion. Sweetie (1989), folle ritratto dello spinoso rapporto tra due sorelle, è un’opera costellata da personaggi irrisolti. Penetrante nella sua sagace descrizione di una realtà disfunzionale e grottesca, il film affronta, con una lucidità inaudita, complesse tematiche come la crudeltà mentale, l’alcolismo, l’abuso di farmaci e l’incesto. Presentato alla 42esima edizione del Festival di Cannes, Sweetie scioccò e divise la critica. Una reazione più che normale per un film della Campion, fautrice di un cinema tumultuoso e inquieto, e che si ripeterà per molte sue pellicole successive. Non fa eccezione In the Cut (2003), opera che in un primo momento fu ingiustamente ignorata e sminuita, probabilmente a causa, anche in questo caso, della sua sfuggente ambiguità. Incontrando negli anni una sempre maggiore rivalutazione critica, la pellicola si è potuta finalmente mostrare per ciò che è: un thriller carnale e provocatorio che, tramite un'attenta e studiata regia, si diverte a sovvertire continuamente le dinamiche del genere.
Un’altro grande nome che echeggia in questi mesi su MUBI è quello di Michael Haneke, presente con Storie - Racconto incompleto di diversi viaggi (Code inconnu: Récit incomplet de divers voyages, 2000) - esordio dell’autore nel cinema francese - e Niente da nascondere (Caché, 2005) - vincitore del premio per la miglior regia al Festival di Cannes - lungometraggi fondamentali per comprendere al meglio la carriera di un cineasta scomodo, che ha saputo raccontare, con spietata sincerità, le zone oscure dell’animo umano. Il regista austriaco ha fatto del “mistero del guardare” una griffa, reinterpretando la famosa affermazione del teorico André Bazin secondo cui l’inquadratura sarebbe «una benda, un nascondiglio». Non a caso, come ci racconta il critico Dario Tomasi: «Molto spesso nel cinema di Haneke l’immagine rimanda a una situazione non più onnicomprensiva e sintetica, ma parcellizzata; la continuità dei fatti viene distrutta, la dispersione, la casualità diventano il filo conduttore».
Spostandoci in Messico, sulla piattaforma sarà possibile trovare una delle opere che ci ha entusiasmato di più nel 2022. Stiamo parlando di Manto de Gemas, l’opera prima di Natalia López Gallardo vincitrice del Premio della Giuria alla 72a edizione della Berlinale. Il film è ambientato in un paese rurale del Messico e ritrae un gruppo di persone le cui vite sono messe in pericolo a causa dei problemi con il Cartello messicano. Ad una donna è scomparsa la sorella e, nonostante le innumerevoli ricerche, sa benissimo che fine ha fatto. Una poliziotta corrotta, invece, cerca di fare del bene per la propria comunità e per il figlio, un giovane coinvolto negli affari del Cartello. E infine c’è una donna che sta vivendo le brutte conseguenze di un divorzio, le quali la porteranno a compiere gesti pericolosi che metteranno a repentaglio la propria incolumità. Con un eccellente uso del piano sequenza e un ritmo pacato, ma non privo di sequenze scioccanti, Natalia López Gallardo racconta una storia di scontri di classe e corruzione, dove nessuno è al sicuro e chiunque può essere vittima del Cartello da un momento all’altro.
Freschi dei sette premi Oscar vinti quest’anno, incluso quello alla miglior regia, per Everything Everywhere All at Once, i The Daniels - nome d’arte degli americani Daniel Kwan e Daniel Scheinert - sono presenti nel cartellone MUBI con il folgorante Swiss Army Man (2016). Dopo una serie di video musicali e cortometraggi, i due registi si buttano a capofitto nella scrittura e nella direzione di un’opera multiforme, dall’estetica straniante, che gioca continuamente con il surreale e le sue mille sfaccettature. Paul Dano e Daniel Radcliffe reggono l’intera opera, regalando due performance attoriali selvagge e lavorando, con minuziosa attenzione - sopratutto nel caso di Radcliffe - su gesti, espressioni e movenze. Premiata per la miglior regia al Sundance Film Festival, la pellicola ci da una chiara idea della peculiare visione di questi due autori, il brillante esordio cinematografico di una coppia che, molto probabilmente, continuerà a stupirci.
Il cinema di Claire Denis è sempre stato caratterizzato da personaggi femminili con comportamenti moralmente discutibili, le cui azioni hanno sempre suscitato reazioni contrastanti nel pubblico. Su MUBI è possibile visionare Un Beau Soleil Intérieur (2017), film che segue le vicende di Isabelle (Juliet Binoche), una donna di mezza età che sta cercando il “vero amore”. Nel corso del film la regista mostra le varie relazioni romantiche della donna e come questa fatichi a creare una vera connessione/comunicazione con i propri partner. Le ragioni sono innumerevoli e la maggior parte di esse sono da attribuire a Isabelle. Claire Denis non nasconde i difetti della protagonista e sfrutta questo aspetto per cercare una particolare empatia dietro alla sua condizione. L’approccio stilistico invece, si discosta quasi completamente dalla filmografia di Denis; in Beau Soleil Intérieur, infatti, la regista pone la sua attenzione sulle conversazioni tra i propri personaggi, piuttosto che concentrarsi sulle sequenze di amore carnale e passionale come in Stars at Noon (2022) e Avec Amour et Achatnement (2022).
In attesa della futura distribuzione in sala di Afire di Cristian Petzold, consigliamo di recuperare sulla piattaforma streaming una delle sue opere più rinomate, ovvero Transit (2018). Il film narra la storia di Georg (Franz Rogowski), un uomo che, per cercare di scappare dalla Francia nazista, assume l’identità di uno scrittore appena deceduto. Ma nel fare ciò, l’uomo rimane bloccato nella città di Marseille, dove si innamora della giovane Marie (Paula Beer). Transit - in scadenza tra dodici giorni - è un’opera affascinante sotto vari punti di vista; dalla scelta di utilizzare elementi “moderni” in una storia che dovrebbe essere ambientata negli anni 40’, alla decisione preponderante di avere una voce narrante fuori campo. Inoltre, il lungometraggio segna l’inizio del sodalizio tra Cristian Petzold e Paula Beer, la sua nuova “musa”, collaborazione che continuerà in seguito con Undine (2020) e il già citato Afire. Da segnalare la brillante sequenza conclusiva.
Due mesi fa, Decision to Leave (2022), l’ultima sensazionale opera del regista Park Chan-wook, è stata distribuita nelle nostre sale, ora cogliamo l’occasione per consigliare la visione di Joint Security Area (2000), uno dei primi film del cineasta coreano. Ambientato nella cosiddetta “Zona Demilitarizzata Coreana”, la pellicola è un thriller intrigante che si focalizza sull’improbabile amicizia tra due soldati appartenenti alla Corea del Sud e del Nord, e le complesse dinamiche e conseguenze dietro tale rapporto. Joint Security Area è un film di frontiera, sia geografica che politica, dove Park Chan-wook mette in scena le tensioni politiche che caratterizzano le due Coree. Con le sue sequenze d’azione magistrali e grazie alle grandi interpretazioni di Lee Byung-hun e Song Kang-ho, due degli attori coreani più rinomati, Joint Security Area si colloca tra le opere più importanti degli anni duemila.
Chi invece vorrà approfondire la poliedrica filmografia di Joachim Trier, il talentuoso regista danese di La persona peggiore del mondo (2021), rimarrà decisamente soddisfatto dalle visioni di Reprise (2006), Oslo, August 31st (2011) e Thelma (2017), disponibili sulla piattaforma. Tre film che mostrano l’estrema “plurivocità cinematografica” di Trier, un autore dallo stile sicuro e riconoscibile che, attraverso la sua “poetica delle relazioni umane”, spazia di genere in genere risultando sempre autentico e mai scontato. Reprise e Oslo, August 31st non possono essere semplicemente etichettati come dei drammi, come d’altronde Thelma non può essere pienamente considerato un horror, essi sono invece delle vere e proprie odissee esistenziali che, a seconda del caso, vengono influenzate dal genere, rielaborandolo in maniera del tutto personale.
Oltre a Memoria (2021), l’ultimo film di Apichatpong Weerasethakul, su MUBI è possibile visionare Tropical Malady (2004), una delle opere più significative della filmografia del cineasta thailandese e forse il film che lo ha consacrato definitivamente, soprattutto grazie alla vittoria del Gran Premio della Giuria al Festival di Cannes. Il film è diviso in due parti; nella prima sezione il regista segue l’inizio della relazione tra la guardia forestiera Keng e il giovane Tong, mentre la seconda assume un tono più onirico e mitologico, dove Apichatpong si focalizza su un giovane soldato che si ritrova in una foresta per cacciare uno sciamano mangia uomini. È affascinante cercare di trovare una connessione tra le due sezioni del film e capire la funzione di una rispetto all’altra.Tropical Malady è una delle opere più immersive e mistiche degli ultimi decenni, e consigliamo ampiamente la visione del film.
Adesso spostiamoci in Brasile per focalizzare la nostra attenzione su Karim Aïnouz, regista di piccole meraviglie come Madame Satã (2002), Viajo Porque Preciso, Volto Porque Te Amo (2009) e Praia do Futuro (2014), uno degli autori più interessanti del panorama cinematografico internazionale. A breve Aïnouz farà il suo debutto nel cinema in lingua inglese con Firebrand, un period drama - in concorso al Festival di Cannes 2023 - dedicato alla figura di Catherine Parr, l’ultima moglie di Enrico VIII Tudor, che vede protagonisti Alicia Vikander e Jude Law. MUBI ci offre la possibilità di gustare due pezzi imperdibili della sua filmografia: La vita invisibile di Eurídice Gusmão (2019) - in scadenza tra dodici giorni - e Mariner of the Mountains (2021). La vita invisibile di Eurídice Gusmão, presentato nel Un Certian Regard della 72esima edizione del Festival di Cannes e nominato per il Miglior film internazionale agli Oscar 2020, è un potente melodramma al femminile, una saga anti-patriarcale ambientata all’inizio degli anni Cinquanta tra Rio de Janeiro, Atene e Vienna. Mariner of the Mountains - una distribuzione MUBI - è invece, allo stesso tempo, l’intimo ritratto dei legami familiari del regista e uno splendido documentario antropologico dove Aïnouz esplora le proprie origini intraprendendo un road-trip in Algeria, la terra natia di suo padre.
NC-146
18.04.2023
Ormai, quando si parla di film d’autore in relazione alle piattaforme streaming, è d’obbligo fare il nome di MUBI. Concepita nel 2007 dall’imprenditore turco Efe Çakarel - inizialmente si chiamava The Auteurs, nome che manterrà fino al 2010 - di anno in anno questa variegata “cineteca virtuale” è riuscita ad arricchire il suo catalogo raccogliendo in sé pezzi inestimabili della storia del cinema. Essa, oltre a venire costantemente arricchita da un’attenta e poliedrica scelta di pellicole provenienti da ogni parte del mondo, dà la possibilità ai suoi iscritti di recensire i film visionati, dibattere su di essi, leggere l’opinione di importanti testate del settore, creare delle watchlist e avere l’opportunità di accedere ad analisi critiche e video essay. Un vero e proprio miraggio per ogni cinefilo appassionato, se solo si pensa alle difficoltà nel reperire determinati “pezzi cinematografici” che sembrano assolutamente impossibili da rintracciare. Ed è così che ogni mese si ritrovano su MUBI pellicole che erano nella nostra “lista dei desideri” da anni ma che ormai avevamo rinunciato a stanare, capolavori immortali della settima arte o opere di filmmaker di nicchia che, da quel momento in poi, rappresenteranno le nostre nuove ossessioni visive.
In quest’ultimo periodo la gamma di film offerti dalla piattaforma ci lascia l’imbarazzo della scelta. Cominciamo da dei titoli veramente interessanti: Sweetie (1989) e In the Cut (2003), due pellicole dirette con mano ferma da Jane Campion. Sweetie (1989), folle ritratto dello spinoso rapporto tra due sorelle, è un’opera costellata da personaggi irrisolti. Penetrante nella sua sagace descrizione di una realtà disfunzionale e grottesca, il film affronta, con una lucidità inaudita, complesse tematiche come la crudeltà mentale, l’alcolismo, l’abuso di farmaci e l’incesto. Presentato alla 42esima edizione del Festival di Cannes, Sweetie scioccò e divise la critica. Una reazione più che normale per un film della Campion, fautrice di un cinema tumultuoso e inquieto, e che si ripeterà per molte sue pellicole successive. Non fa eccezione In the Cut (2003), opera che in un primo momento fu ingiustamente ignorata e sminuita, probabilmente a causa, anche in questo caso, della sua sfuggente ambiguità. Incontrando negli anni una sempre maggiore rivalutazione critica, la pellicola si è potuta finalmente mostrare per ciò che è: un thriller carnale e provocatorio che, tramite un'attenta e studiata regia, si diverte a sovvertire continuamente le dinamiche del genere.
Un’altro grande nome che echeggia in questi mesi su MUBI è quello di Michael Haneke, presente con Storie - Racconto incompleto di diversi viaggi (Code inconnu: Récit incomplet de divers voyages, 2000) - esordio dell’autore nel cinema francese - e Niente da nascondere (Caché, 2005) - vincitore del premio per la miglior regia al Festival di Cannes - lungometraggi fondamentali per comprendere al meglio la carriera di un cineasta scomodo, che ha saputo raccontare, con spietata sincerità, le zone oscure dell’animo umano. Il regista austriaco ha fatto del “mistero del guardare” una griffa, reinterpretando la famosa affermazione del teorico André Bazin secondo cui l’inquadratura sarebbe «una benda, un nascondiglio». Non a caso, come ci racconta il critico Dario Tomasi: «Molto spesso nel cinema di Haneke l’immagine rimanda a una situazione non più onnicomprensiva e sintetica, ma parcellizzata; la continuità dei fatti viene distrutta, la dispersione, la casualità diventano il filo conduttore».
Spostandoci in Messico, sulla piattaforma sarà possibile trovare una delle opere che ci ha entusiasmato di più nel 2022. Stiamo parlando di Manto de Gemas, l’opera prima di Natalia López Gallardo vincitrice del Premio della Giuria alla 72a edizione della Berlinale. Il film è ambientato in un paese rurale del Messico e ritrae un gruppo di persone le cui vite sono messe in pericolo a causa dei problemi con il Cartello messicano. Ad una donna è scomparsa la sorella e, nonostante le innumerevoli ricerche, sa benissimo che fine ha fatto. Una poliziotta corrotta, invece, cerca di fare del bene per la propria comunità e per il figlio, un giovane coinvolto negli affari del Cartello. E infine c’è una donna che sta vivendo le brutte conseguenze di un divorzio, le quali la porteranno a compiere gesti pericolosi che metteranno a repentaglio la propria incolumità. Con un eccellente uso del piano sequenza e un ritmo pacato, ma non privo di sequenze scioccanti, Natalia López Gallardo racconta una storia di scontri di classe e corruzione, dove nessuno è al sicuro e chiunque può essere vittima del Cartello da un momento all’altro.
Freschi dei sette premi Oscar vinti quest’anno, incluso quello alla miglior regia, per Everything Everywhere All at Once, i The Daniels - nome d’arte degli americani Daniel Kwan e Daniel Scheinert - sono presenti nel cartellone MUBI con il folgorante Swiss Army Man (2016). Dopo una serie di video musicali e cortometraggi, i due registi si buttano a capofitto nella scrittura e nella direzione di un’opera multiforme, dall’estetica straniante, che gioca continuamente con il surreale e le sue mille sfaccettature. Paul Dano e Daniel Radcliffe reggono l’intera opera, regalando due performance attoriali selvagge e lavorando, con minuziosa attenzione - sopratutto nel caso di Radcliffe - su gesti, espressioni e movenze. Premiata per la miglior regia al Sundance Film Festival, la pellicola ci da una chiara idea della peculiare visione di questi due autori, il brillante esordio cinematografico di una coppia che, molto probabilmente, continuerà a stupirci.
Il cinema di Claire Denis è sempre stato caratterizzato da personaggi femminili con comportamenti moralmente discutibili, le cui azioni hanno sempre suscitato reazioni contrastanti nel pubblico. Su MUBI è possibile visionare Un Beau Soleil Intérieur (2017), film che segue le vicende di Isabelle (Juliet Binoche), una donna di mezza età che sta cercando il “vero amore”. Nel corso del film la regista mostra le varie relazioni romantiche della donna e come questa fatichi a creare una vera connessione/comunicazione con i propri partner. Le ragioni sono innumerevoli e la maggior parte di esse sono da attribuire a Isabelle. Claire Denis non nasconde i difetti della protagonista e sfrutta questo aspetto per cercare una particolare empatia dietro alla sua condizione. L’approccio stilistico invece, si discosta quasi completamente dalla filmografia di Denis; in Beau Soleil Intérieur, infatti, la regista pone la sua attenzione sulle conversazioni tra i propri personaggi, piuttosto che concentrarsi sulle sequenze di amore carnale e passionale come in Stars at Noon (2022) e Avec Amour et Achatnement (2022).
In attesa della futura distribuzione in sala di Afire di Cristian Petzold, consigliamo di recuperare sulla piattaforma streaming una delle sue opere più rinomate, ovvero Transit (2018). Il film narra la storia di Georg (Franz Rogowski), un uomo che, per cercare di scappare dalla Francia nazista, assume l’identità di uno scrittore appena deceduto. Ma nel fare ciò, l’uomo rimane bloccato nella città di Marseille, dove si innamora della giovane Marie (Paula Beer). Transit - in scadenza tra dodici giorni - è un’opera affascinante sotto vari punti di vista; dalla scelta di utilizzare elementi “moderni” in una storia che dovrebbe essere ambientata negli anni 40’, alla decisione preponderante di avere una voce narrante fuori campo. Inoltre, il lungometraggio segna l’inizio del sodalizio tra Cristian Petzold e Paula Beer, la sua nuova “musa”, collaborazione che continuerà in seguito con Undine (2020) e il già citato Afire. Da segnalare la brillante sequenza conclusiva.
Due mesi fa, Decision to Leave (2022), l’ultima sensazionale opera del regista Park Chan-wook, è stata distribuita nelle nostre sale, ora cogliamo l’occasione per consigliare la visione di Joint Security Area (2000), uno dei primi film del cineasta coreano. Ambientato nella cosiddetta “Zona Demilitarizzata Coreana”, la pellicola è un thriller intrigante che si focalizza sull’improbabile amicizia tra due soldati appartenenti alla Corea del Sud e del Nord, e le complesse dinamiche e conseguenze dietro tale rapporto. Joint Security Area è un film di frontiera, sia geografica che politica, dove Park Chan-wook mette in scena le tensioni politiche che caratterizzano le due Coree. Con le sue sequenze d’azione magistrali e grazie alle grandi interpretazioni di Lee Byung-hun e Song Kang-ho, due degli attori coreani più rinomati, Joint Security Area si colloca tra le opere più importanti degli anni duemila.
Chi invece vorrà approfondire la poliedrica filmografia di Joachim Trier, il talentuoso regista danese di La persona peggiore del mondo (2021), rimarrà decisamente soddisfatto dalle visioni di Reprise (2006), Oslo, August 31st (2011) e Thelma (2017), disponibili sulla piattaforma. Tre film che mostrano l’estrema “plurivocità cinematografica” di Trier, un autore dallo stile sicuro e riconoscibile che, attraverso la sua “poetica delle relazioni umane”, spazia di genere in genere risultando sempre autentico e mai scontato. Reprise e Oslo, August 31st non possono essere semplicemente etichettati come dei drammi, come d’altronde Thelma non può essere pienamente considerato un horror, essi sono invece delle vere e proprie odissee esistenziali che, a seconda del caso, vengono influenzate dal genere, rielaborandolo in maniera del tutto personale.
Oltre a Memoria (2021), l’ultimo film di Apichatpong Weerasethakul, su MUBI è possibile visionare Tropical Malady (2004), una delle opere più significative della filmografia del cineasta thailandese e forse il film che lo ha consacrato definitivamente, soprattutto grazie alla vittoria del Gran Premio della Giuria al Festival di Cannes. Il film è diviso in due parti; nella prima sezione il regista segue l’inizio della relazione tra la guardia forestiera Keng e il giovane Tong, mentre la seconda assume un tono più onirico e mitologico, dove Apichatpong si focalizza su un giovane soldato che si ritrova in una foresta per cacciare uno sciamano mangia uomini. È affascinante cercare di trovare una connessione tra le due sezioni del film e capire la funzione di una rispetto all’altra.Tropical Malady è una delle opere più immersive e mistiche degli ultimi decenni, e consigliamo ampiamente la visione del film.
Adesso spostiamoci in Brasile per focalizzare la nostra attenzione su Karim Aïnouz, regista di piccole meraviglie come Madame Satã (2002), Viajo Porque Preciso, Volto Porque Te Amo (2009) e Praia do Futuro (2014), uno degli autori più interessanti del panorama cinematografico internazionale. A breve Aïnouz farà il suo debutto nel cinema in lingua inglese con Firebrand, un period drama - in concorso al Festival di Cannes 2023 - dedicato alla figura di Catherine Parr, l’ultima moglie di Enrico VIII Tudor, che vede protagonisti Alicia Vikander e Jude Law. MUBI ci offre la possibilità di gustare due pezzi imperdibili della sua filmografia: La vita invisibile di Eurídice Gusmão (2019) - in scadenza tra dodici giorni - e Mariner of the Mountains (2021). La vita invisibile di Eurídice Gusmão, presentato nel Un Certian Regard della 72esima edizione del Festival di Cannes e nominato per il Miglior film internazionale agli Oscar 2020, è un potente melodramma al femminile, una saga anti-patriarcale ambientata all’inizio degli anni Cinquanta tra Rio de Janeiro, Atene e Vienna. Mariner of the Mountains - una distribuzione MUBI - è invece, allo stesso tempo, l’intimo ritratto dei legami familiari del regista e uno splendido documentario antropologico dove Aïnouz esplora le proprie origini intraprendendo un road-trip in Algeria, la terra natia di suo padre.