TR-128
03.05.2025
Alla vigilia della fine della Guerra Fredda, così come un anno fa è successo a Sean Baker con Anora (2024), trionfò a Cannes un cineasta americano indipendente, che entrò nella storia come il più giovane (fino ad allora) ad ottenere l’ambita Palma d’Oro: Steven Soderbergh. È difficile identificare Soderbergh - che ha gettato le basi per una precisa categoria di film d’azione mainstream, come Ocean’s Eleven (2001), o che ha firmato opere che sono parte integrante dell’immaginario di un cinema pensato per il vasto pubblico, come Erin Brockovich (2000), Traffic (2000) o il più recente Black Bag (2025) - come autore cinematografico e cineasta indipendente, addirittura sperimentale. Eppure, il regista originario della Georgia, ha dato vita ad una filmografia estremamente variegata, che conta al suo interno sperimentalismi, tematiche di militanza politica, così come opere di intrattenimento.
Steven Soderbergh scopre la propria passione per il cinema quando viene introdotto nei laboratori creativi dell’Università della Louisiana, dove suo padre è docente. Non esiste un dipartimento di cinema vero e proprio. Soderbergh ha ricordato durante un incontro al KVIFF 2024 di come decise di svitare una macchina da presa installata su un supporto dedicato alla produzione di cinema d’animazione e di utilizzarlo per i propri progetti personali, un’esordio che ad alcuni potrebbe ricordare il famoso episodio in cui Werner Herzog ruba la macchina da presa alla scuola di cinema. È sempre lo stesso spirito di iniziativa indipendente che porterà il venticinquenne Soderbergh a iniziare a lavorare su Sex, Lies, and Videotape (Sesso, Bugie e Videotape, 1989) dopo aver racimolato parte del budget lavorando come montatore freelance. Il budget complessivo è di 1,2 Millioni di Dollari (oggi, sarebbero 2,7). Sarà sempre quella "spinta ad osare" che lo porterà a tentare di presentare il film a Cannes, dove, con sorpresa, sarà accettato e vincerà la Palma d’Oro e il premio al Miglior Attore per James Spader (che con questa performance si consacra come uno dei più importanti interpreti americani).
Un giovanissimo Steven Soderbergh viene premiato da Jane Fonda con la Palma d'Oro per Sex, Lies, and Videotape (Sesso, Bugie e Videotape, 1989)
Un cinema polimorfo
Una leggenda metropolitana vuole immaginare il publico della Germania Est che, una volta abbattuto il muro di Berlino, accorrere al cinema per vedere l'opera prima di Soderbergh credendo che sia un film erotico. Sex, Lies, and Videotape è un'opera molto particolare: nonostante il titolo, poco ha di erotico, se non a livello verbale, e preferisce concentrarsi sull’affettività sessuale e sui suoi effetti emotivi. La protagonista Ann (Andie MacDowell), condizionata dalla società borghese-conservatrice del profondo sud urbano, reprime la propria libido. Graham (James Spader), indisposto affettivamente, è assuefatto da videotape di persone che raccontano le proprie esperienze sessuali, un delicato parallelismo con la porno-dipendenza che si poteva permettere un film di fine anni ’80.
Il suo secondo lungometraggio, Kafka (Delitti e segreti, 1991), con Jeremy Irons, reimmagina l’autore boemo invischiato in un complotto anarchico. Il film, girato in Repubblica Ceca su set nei quali mancava la corrente, venne realizzato tra mille difficoltà legate al periodo di transizione di fine regime. Filmato in bianco e nero, Kafka si discosta fortemente dai temi e dalle atmosfere di Sex, Lies, and Videotape, non a caso risultò un insuccesso commerciale. Per tutti gli anni ’90 Soderbergh, accumulò uno dopo l’altro piccoli fallimenti di box office dando l'idea di non riuscire a "trovare la propria strada" - in realtà, è proprio in quel periodo che comincia a manifestarsi la tendenza del cineasta nel “balzare” tra i generi e gli stili.
Nel 1998, con Out of Sight, inizia un periodo di avvicinamento di Soderbergh all’industria hollywoodiana vera e propria. Un heist movie che vede protagonista George Clooney e che getta le basi di una solida collaborazione. Sarà proprio sul finire del vecchio millennio e all'inizio del nuovo che usciranno i film più "popolari" del regista (Traffic, Erin Brockovich, Ocean’s Eleven) dove, pur essendo progetti più legati alla industry tradizionale, Soderbergh riesce a preservare un certo livello di libertà.
L'espressionismo di Kafka (Delitti e segreti, 1991)
La stilizzazione richiesta da Ocean’s Eleven, in particolare, si rivela una vera e propria palestra, in cui il regista può giocare con gli elementi del linguaggio cinematografico - mentre si può percepire un controllo più serrato da parte degli Studios in Erin Brockovich, film molto lineare e semplice dal punto di vista tecnico. Traffic costituì invece un caso unico, in cui Soderbergh riuscì a combattere la produzione per ottenere libertà in vari reparti tecnici, al costo di rischi finanziari personali. Sforzi che gli valsero un Oscar, una vera sorpresa a suo dire poiché era ormai certo il trionfo di Gladiator (Il Gladiatore, 2000) di Ridley Scott come Miglior Film. La vittoria agli Academy Awards venne bissata l'anno successivo, e Soderbergh - nominato anche per Erin Bockovich - si aggiudicò l’Oscar alla Miglior Regia.
Negli anni successivi, fino al 2013, il cineasta si allontanò sempre di più dallo studio system moderno. Ai sequel di Ocean’s Eleven si accompagnarono progetti indipendenti come il dittico Che (2008), dedicato alla figura di Che Guevara. Contagion, del 2011, è invece diventato durante la pandemia COVID-19 un film cardine, che descrive un mondo affetto da un misterioso virus letale, mentre Behind the Candelabra (Dietro i Candelabri, 2013), un lavoro segnato da molteplici interferenze di studio e difficoltà di produzione legate alle tematiche gay, condusse Soderbergh ad annunciare il suo ritiro dal cinema.
Un pensionamento durato poco, per fortuna: nel 2018, il regista tornò con un nuovo heist movie, Logan Lucky, che segnò una nuova fase della sua carriera. É nel cinema destinato alle piattaforme che Soderbergh trova quella libertà creativa che gli permette di sperimentare con nuovi film e generi: dirige High Filying Bird (2019) usando un iPhone come macchine da presa, presenta Let Them All Talk (Lasciali parlare, 2020) un tradizionale dramma con Meryl Streep interamente ambientato su una nave da crociera e realizza Kimi (2022), storia di una donna affetta da agorafobia che si ritrova a sventare una frode aziendale.
Alterna film caratterizzati da continue sperimentazioni formali a opere per certi versi più lineari - come No Sudden Move (2021), classico thriller-crime ambientato nella Detroit degli anni ’50. Fino a questi ultimi anni, che vedono l'uscita di due suoi film, Presence (2024), che re-immagina il ghost movie presentando la prospettiva di un fantasma che osserva i viventi in una casa infestata, e Black Bag, una commistione tra spy story e dramma romantico.
Soderbergh e Julia Roberts sul set di Erin Brockovich (2000)
Il remake come spunto
Molte delle opere centrali della filmografia di Soderbergh sono dei remake, o riadattamenti di opere pre-esistenti - anche se in forma radicale, come nel caso di Ocean’s Eleven che attualizza nella forma e nei contenuti il concept di un vecchio film e il titolo di una serie televisiva. È difficile vedere il cinema di Soderbergh in chiave compilativa, ovvero come una riproposta continua di opere pre-esistenti, perché in lui vige piuttosto un’anima rielaborativa tale da rendere il processo del remake creativo.
Il complesso rapporto tra il cinema di Soderbergh e il remake può essere esplorato attraverso Solaris, film del 2002 e adattamento diretto del romanzo di Stanislaw Lem. Soderbergh non ignora l’esistenza del classico di Andrej Tarkovskij, ma addirittura la evoca continuamente - in particolare, in una scena di fine film dove riecheggia un classico movimento di camera orizzontale tarkovskijano. La trama è pressocché identica a causa della comune fonte letteraria, ma molte delle omissioni avvicinano la sceneggiatura di Soderbergh al lungometraggio del grande cineasta russo. Eppure, Soderbergh omette anche molti aspetti filosofici dell’opera tarkovskijana, non tanto per disinteresse, ma per rifocalizzare il film sul rapporto tra Chris e Rheya (Kris e Hari nell’originale sovietico). La questione filosofica diventa non più legata all’essenza della condizione umana ma al concetto più spirituale di vita oltre la morte (certezza assoluta non messa in discussione da Tarkovskij, ma che nel suo Solaris restava sommerso dal rispetto della censura sovietica).
Il Solaris di Soderbergh reimmagina anche la conformazione del pianeta "protagonista" della vicenda, che emette una luce blu-violacea, aspetto che gli permette di sperimentare maggiormente con la forma visiva. Pur non avendo riscontrato molto successo, il film di Soderbergh ha ampiamente influenzato l’estetica fantascientifica degli anni duemila - non a caso produttore esecutivo della pellicola è James Cameron, che in Avatar (2009) riprenderà spesso la stessa palette di colori e l'atmosfera degli ambienti.
George Clooney in Solaris (2002)
Il “craft” e gli sperimentalismi
Nel cinema di Soderbergh non è tanto la profondità tematica ad essere centrale, quanto la complessità della tecnica, il cosidetto “craft", termine che indica il cinema inteso come opera artistica d’artigianato. A rafforzare l’importanza della tecnica cinematografica nell’autorialità di Soderbergh sono Peter Andrews e Mary Ann Bernard, gli pseudonimi con i quali firma la fotografia ed il montaggio dei suoi film, qualora li curi personalmente. Già in Sex, Lies, and Videotape, il cineasta sperimenta con la commistione di formati, attraverso la presenza del supporto su videocassetta nei video registrati dal co-protagonista.
Un caso cardine è Ocean’s Twelve (2004) dove, attraverso una commistione di supporti e formati digitali e l’alternanza di tecniche di découpage in genere considerate incompatibili fra loro dalla tradizione hollywoodiana, Soderbergh-Andrews costruisce un’idiosincrasia visiva che intenzionalmente aumenta il senso di disordine della trama - scelta poco apprezzata da un pubblico che si è assuefatto agli elementi introdotti nel capitolo precedente e che nel frattempo sono stati assimilati da tutto un genere più ampio di heist movie. Le scelte tecniche di Soderbergh spesso sono dettate da necessità narrative – come in Kimi, in cui le lenti distorte permettono di evocare non-verbalmente gli effetti dell’agorafobia della protagonista.
Soprattutto esaminando gli ultimi anni, è possibile notare una certa alternanza tra film dal découpage più classico - come Black Bag, No Sudden Move, Let them all talk - e film che lavorano maggiormente sul piano tecnico - come Kimi e Presence. A detta di Soderbergh stesso, le sue scelte riguardanti il progetto successivo sono spesso dettate dal porsi la domanda: "qual’è l’esatto opposto del film che ho appena girato?”
Lucy Liu in Presence (2024)
Il contenuto politico
Sex, Lies, and Videotape già presentava un sotto-testo di denuncia sociale nei confronti del conservatorismo di facciata del profondo sud, ma è solo andando avanti con gli anni che in Soderbergh diventa più marcata la presenza di tematiche sempre più anti-capitaliste, talvolta mascherate nel cinema di genere, talvolta più esplicite. In fondo, la grande rapina in Ocean’s Eleven è tesa a depredare il caveau dei tre Casinò più grandi di Las Vegas - letteralmente un duro colpo ad una delle imprese commerciali legate all’aspetto più corruttivo dell’accumulo di capitale coniugato come attività di consumo - mentre Erin Brockovich racconta di una madre single in difficoltà finanziarie che lotta contro una multinazionale dell’industria idrica. Inoltre una delle modifiche più appariscenti in Solaris è l’introduzione di un’azienda che finanzia la stazione spaziale, e che invia Chris per determinare la situazione psicologica dell’equipaggio e comprendere se la missione può ancora “generare profitto”.
L’aderenza politica diventa ancora più marcata con il dittico Che, che ripercorre la militanza armata di Che Guevara nella liberazione di Cuba. Essendo statunitense, la posizione politica di Soderbergh, per quanto critica del capitalismo, si avvicina certo a tendenze socialiste ma intinte di un idealismo piuttosto generico, lontano da un’applicazione concreta. Per Soderbergh bisogna chiedersi, in generale, come possa essere possibile che l’umanità sia capace di coordinarsi per la soluzione di difficoltà assai complesse legate al quotidiano (come la gestione di un aereoporto) ma, allo stesso tempo, non riesca a risolvere problematiche più importanti o determinanti. “Non c’è dubbio che siamo capaci (clever), ma siamo anche abbastanza intelligenti (smart)?”. La sua visione dell’essere umano discrimina solamente chi sceglie volontariamente di agire nel male o per proprio interesse, coloro che lui definisce gli “stronzi” (“assholes”).
Il regista e l'attore Benicio del Toro sul set di Che (2008)
Soderbergh il critico
Ha costituito una curiosità in rete qualche anno fa la pagina web “extension765”, sulla quale è possibile visionare una versione in bianco e nero di Raiders of the Lost Ark (I predatori dell’arca perduta, 1981) di Steven Spielbergh, in cui la banda audio è rimpiazzata da un loop di musica elettronica. Il sito, creato da Soderbergh, si pone lo scopo di presentare il film di Spielberg in un contesto che permetta di apprezzarne appieno il blocking, la messinscena, distaccandosi dai colori o dagli elementi sonori - effettivamente, visto attraverso il sito di Soderbegh, nel film sarà più facile scorgere gli stilemi della Hollywood degli anni ’40 e l'omaggio al cinema di Michael Curtiz. Da qui emerge la cinefilia del regista, che racconta di essersi avvicinato alla Settima Arte e all’analisi filmica da ragazzo, studiando Jaws (Lo Squalo, 1975) nei minimi particolari.
Autodidatta, Soderbergh ha acquisito una vasta conoscenza nella teoria del cinema solamente attraverso la visione di film e la lettura di testi, prima di accedere a cineprese ed equipaggiamento filmico. In varie interviste contemporanee il regista parla di come continua a studiare le opere dei suoi colleghi, analizzandoli e cercando nuovi elementi di apprendimento personale, citando tra i vari anche Christopher Nolan, cineasta che lui stesso aveva sostenuto agli inizi di carriera riuscendo a fargli ottenere la regia del remake Insomnia (2002) e in seguito supportandolo nella corsa alla regia del reboot di Batman - che sarebbe divenuta la Trilogia del Cavaliere Oscuro (2005-2012).
Descrivere il cinema di Steven Soderbergh, nel 2025, equivale a esplorare una vera e propria chimera cinematografica: tra cinema di genere, remake riverenti verso le loro fonti, sperimentalismi, opere indipendenti, film legati allo studio system e star del calibro di George Clooney (ma anche di James Spader), la filmografia del regista non si ferma mai su un solo stilema, una sola tematica ripetuta (eccetto per il sotto-testo politico). In una carriera lunga tre decenni, Soderbergh si è pienamente dimostrato un autore alla continua ricerca di un nuovo modo di raccontare storie attraverso tecniche che plasmino, ogni volta in maniera differente, le immagini in movimento.
Cate Blanchett, protagonista di Black Bag (2025), l'ultimo film di Soderbergh
TR-128
03.05.2025
Alla vigilia della fine della Guerra Fredda, così come un anno fa è successo a Sean Baker con Anora (2024), trionfò a Cannes un cineasta americano indipendente, che entrò nella storia come il più giovane (fino ad allora) ad ottenere l’ambita Palma d’Oro: Steven Soderbergh. È difficile identificare Soderbergh - che ha gettato le basi per una precisa categoria di film d’azione mainstream, come Ocean’s Eleven (2001), o che ha firmato opere che sono parte integrante dell’immaginario di un cinema pensato per il vasto pubblico, come Erin Brockovich (2000), Traffic (2000) o il più recente Black Bag (2025) - come autore cinematografico e cineasta indipendente, addirittura sperimentale. Eppure, il regista originario della Georgia, ha dato vita ad una filmografia estremamente variegata, che conta al suo interno sperimentalismi, tematiche di militanza politica, così come opere di intrattenimento.
Steven Soderbergh scopre la propria passione per il cinema quando viene introdotto nei laboratori creativi dell’Università della Louisiana, dove suo padre è docente. Non esiste un dipartimento di cinema vero e proprio. Soderbergh ha ricordato durante un incontro al KVIFF 2024 di come decise di svitare una macchina da presa installata su un supporto dedicato alla produzione di cinema d’animazione e di utilizzarlo per i propri progetti personali, un’esordio che ad alcuni potrebbe ricordare il famoso episodio in cui Werner Herzog ruba la macchina da presa alla scuola di cinema. È sempre lo stesso spirito di iniziativa indipendente che porterà il venticinquenne Soderbergh a iniziare a lavorare su Sex, Lies, and Videotape (Sesso, Bugie e Videotape, 1989) dopo aver racimolato parte del budget lavorando come montatore freelance. Il budget complessivo è di 1,2 Millioni di Dollari (oggi, sarebbero 2,7). Sarà sempre quella "spinta ad osare" che lo porterà a tentare di presentare il film a Cannes, dove, con sorpresa, sarà accettato e vincerà la Palma d’Oro e il premio al Miglior Attore per James Spader (che con questa performance si consacra come uno dei più importanti interpreti americani).
Un giovanissimo Steven Soderbergh viene premiato da Jane Fonda con la Palma d'Oro per Sex, Lies, and Videotape (Sesso, Bugie e Videotape, 1989)
Un cinema polimorfo
Una leggenda metropolitana vuole immaginare il publico della Germania Est che, una volta abbattuto il muro di Berlino, accorrere al cinema per vedere l'opera prima di Soderbergh credendo che sia un film erotico. Sex, Lies, and Videotape è un'opera molto particolare: nonostante il titolo, poco ha di erotico, se non a livello verbale, e preferisce concentrarsi sull’affettività sessuale e sui suoi effetti emotivi. La protagonista Ann (Andie MacDowell), condizionata dalla società borghese-conservatrice del profondo sud urbano, reprime la propria libido. Graham (James Spader), indisposto affettivamente, è assuefatto da videotape di persone che raccontano le proprie esperienze sessuali, un delicato parallelismo con la porno-dipendenza che si poteva permettere un film di fine anni ’80.
Il suo secondo lungometraggio, Kafka (Delitti e segreti, 1991), con Jeremy Irons, reimmagina l’autore boemo invischiato in un complotto anarchico. Il film, girato in Repubblica Ceca su set nei quali mancava la corrente, venne realizzato tra mille difficoltà legate al periodo di transizione di fine regime. Filmato in bianco e nero, Kafka si discosta fortemente dai temi e dalle atmosfere di Sex, Lies, and Videotape, non a caso risultò un insuccesso commerciale. Per tutti gli anni ’90 Soderbergh, accumulò uno dopo l’altro piccoli fallimenti di box office dando l'idea di non riuscire a "trovare la propria strada" - in realtà, è proprio in quel periodo che comincia a manifestarsi la tendenza del cineasta nel “balzare” tra i generi e gli stili.
Nel 1998, con Out of Sight, inizia un periodo di avvicinamento di Soderbergh all’industria hollywoodiana vera e propria. Un heist movie che vede protagonista George Clooney e che getta le basi di una solida collaborazione. Sarà proprio sul finire del vecchio millennio e all'inizio del nuovo che usciranno i film più "popolari" del regista (Traffic, Erin Brockovich, Ocean’s Eleven) dove, pur essendo progetti più legati alla industry tradizionale, Soderbergh riesce a preservare un certo livello di libertà.
L'espressionismo di Kafka (Delitti e segreti, 1991)
La stilizzazione richiesta da Ocean’s Eleven, in particolare, si rivela una vera e propria palestra, in cui il regista può giocare con gli elementi del linguaggio cinematografico - mentre si può percepire un controllo più serrato da parte degli Studios in Erin Brockovich, film molto lineare e semplice dal punto di vista tecnico. Traffic costituì invece un caso unico, in cui Soderbergh riuscì a combattere la produzione per ottenere libertà in vari reparti tecnici, al costo di rischi finanziari personali. Sforzi che gli valsero un Oscar, una vera sorpresa a suo dire poiché era ormai certo il trionfo di Gladiator (Il Gladiatore, 2000) di Ridley Scott come Miglior Film. La vittoria agli Academy Awards venne bissata l'anno successivo, e Soderbergh - nominato anche per Erin Bockovich - si aggiudicò l’Oscar alla Miglior Regia.
Negli anni successivi, fino al 2013, il cineasta si allontanò sempre di più dallo studio system moderno. Ai sequel di Ocean’s Eleven si accompagnarono progetti indipendenti come il dittico Che (2008), dedicato alla figura di Che Guevara. Contagion, del 2011, è invece diventato durante la pandemia COVID-19 un film cardine, che descrive un mondo affetto da un misterioso virus letale, mentre Behind the Candelabra (Dietro i Candelabri, 2013), un lavoro segnato da molteplici interferenze di studio e difficoltà di produzione legate alle tematiche gay, condusse Soderbergh ad annunciare il suo ritiro dal cinema.
Un pensionamento durato poco, per fortuna: nel 2018, il regista tornò con un nuovo heist movie, Logan Lucky, che segnò una nuova fase della sua carriera. É nel cinema destinato alle piattaforme che Soderbergh trova quella libertà creativa che gli permette di sperimentare con nuovi film e generi: dirige High Filying Bird (2019) usando un iPhone come macchine da presa, presenta Let Them All Talk (Lasciali parlare, 2020) un tradizionale dramma con Meryl Streep interamente ambientato su una nave da crociera e realizza Kimi (2022), storia di una donna affetta da agorafobia che si ritrova a sventare una frode aziendale.
Alterna film caratterizzati da continue sperimentazioni formali a opere per certi versi più lineari - come No Sudden Move (2021), classico thriller-crime ambientato nella Detroit degli anni ’50. Fino a questi ultimi anni, che vedono l'uscita di due suoi film, Presence (2024), che re-immagina il ghost movie presentando la prospettiva di un fantasma che osserva i viventi in una casa infestata, e Black Bag, una commistione tra spy story e dramma romantico.
Soderbergh e Julia Roberts sul set di Erin Brockovich (2000)
Il remake come spunto
Molte delle opere centrali della filmografia di Soderbergh sono dei remake, o riadattamenti di opere pre-esistenti - anche se in forma radicale, come nel caso di Ocean’s Eleven che attualizza nella forma e nei contenuti il concept di un vecchio film e il titolo di una serie televisiva. È difficile vedere il cinema di Soderbergh in chiave compilativa, ovvero come una riproposta continua di opere pre-esistenti, perché in lui vige piuttosto un’anima rielaborativa tale da rendere il processo del remake creativo.
Il complesso rapporto tra il cinema di Soderbergh e il remake può essere esplorato attraverso Solaris, film del 2002 e adattamento diretto del romanzo di Stanislaw Lem. Soderbergh non ignora l’esistenza del classico di Andrej Tarkovskij, ma addirittura la evoca continuamente - in particolare, in una scena di fine film dove riecheggia un classico movimento di camera orizzontale tarkovskijano. La trama è pressocché identica a causa della comune fonte letteraria, ma molte delle omissioni avvicinano la sceneggiatura di Soderbergh al lungometraggio del grande cineasta russo. Eppure, Soderbergh omette anche molti aspetti filosofici dell’opera tarkovskijana, non tanto per disinteresse, ma per rifocalizzare il film sul rapporto tra Chris e Rheya (Kris e Hari nell’originale sovietico). La questione filosofica diventa non più legata all’essenza della condizione umana ma al concetto più spirituale di vita oltre la morte (certezza assoluta non messa in discussione da Tarkovskij, ma che nel suo Solaris restava sommerso dal rispetto della censura sovietica).
Il Solaris di Soderbergh reimmagina anche la conformazione del pianeta "protagonista" della vicenda, che emette una luce blu-violacea, aspetto che gli permette di sperimentare maggiormente con la forma visiva. Pur non avendo riscontrato molto successo, il film di Soderbergh ha ampiamente influenzato l’estetica fantascientifica degli anni duemila - non a caso produttore esecutivo della pellicola è James Cameron, che in Avatar (2009) riprenderà spesso la stessa palette di colori e l'atmosfera degli ambienti.
George Clooney in Solaris (2002)
Il “craft” e gli sperimentalismi
Nel cinema di Soderbergh non è tanto la profondità tematica ad essere centrale, quanto la complessità della tecnica, il cosidetto “craft", termine che indica il cinema inteso come opera artistica d’artigianato. A rafforzare l’importanza della tecnica cinematografica nell’autorialità di Soderbergh sono Peter Andrews e Mary Ann Bernard, gli pseudonimi con i quali firma la fotografia ed il montaggio dei suoi film, qualora li curi personalmente. Già in Sex, Lies, and Videotape, il cineasta sperimenta con la commistione di formati, attraverso la presenza del supporto su videocassetta nei video registrati dal co-protagonista.
Un caso cardine è Ocean’s Twelve (2004) dove, attraverso una commistione di supporti e formati digitali e l’alternanza di tecniche di découpage in genere considerate incompatibili fra loro dalla tradizione hollywoodiana, Soderbergh-Andrews costruisce un’idiosincrasia visiva che intenzionalmente aumenta il senso di disordine della trama - scelta poco apprezzata da un pubblico che si è assuefatto agli elementi introdotti nel capitolo precedente e che nel frattempo sono stati assimilati da tutto un genere più ampio di heist movie. Le scelte tecniche di Soderbergh spesso sono dettate da necessità narrative – come in Kimi, in cui le lenti distorte permettono di evocare non-verbalmente gli effetti dell’agorafobia della protagonista.
Soprattutto esaminando gli ultimi anni, è possibile notare una certa alternanza tra film dal découpage più classico - come Black Bag, No Sudden Move, Let them all talk - e film che lavorano maggiormente sul piano tecnico - come Kimi e Presence. A detta di Soderbergh stesso, le sue scelte riguardanti il progetto successivo sono spesso dettate dal porsi la domanda: "qual’è l’esatto opposto del film che ho appena girato?”
Lucy Liu in Presence (2024)
Il contenuto politico
Sex, Lies, and Videotape già presentava un sotto-testo di denuncia sociale nei confronti del conservatorismo di facciata del profondo sud, ma è solo andando avanti con gli anni che in Soderbergh diventa più marcata la presenza di tematiche sempre più anti-capitaliste, talvolta mascherate nel cinema di genere, talvolta più esplicite. In fondo, la grande rapina in Ocean’s Eleven è tesa a depredare il caveau dei tre Casinò più grandi di Las Vegas - letteralmente un duro colpo ad una delle imprese commerciali legate all’aspetto più corruttivo dell’accumulo di capitale coniugato come attività di consumo - mentre Erin Brockovich racconta di una madre single in difficoltà finanziarie che lotta contro una multinazionale dell’industria idrica. Inoltre una delle modifiche più appariscenti in Solaris è l’introduzione di un’azienda che finanzia la stazione spaziale, e che invia Chris per determinare la situazione psicologica dell’equipaggio e comprendere se la missione può ancora “generare profitto”.
L’aderenza politica diventa ancora più marcata con il dittico Che, che ripercorre la militanza armata di Che Guevara nella liberazione di Cuba. Essendo statunitense, la posizione politica di Soderbergh, per quanto critica del capitalismo, si avvicina certo a tendenze socialiste ma intinte di un idealismo piuttosto generico, lontano da un’applicazione concreta. Per Soderbergh bisogna chiedersi, in generale, come possa essere possibile che l’umanità sia capace di coordinarsi per la soluzione di difficoltà assai complesse legate al quotidiano (come la gestione di un aereoporto) ma, allo stesso tempo, non riesca a risolvere problematiche più importanti o determinanti. “Non c’è dubbio che siamo capaci (clever), ma siamo anche abbastanza intelligenti (smart)?”. La sua visione dell’essere umano discrimina solamente chi sceglie volontariamente di agire nel male o per proprio interesse, coloro che lui definisce gli “stronzi” (“assholes”).
Il regista e l'attore Benicio del Toro sul set di Che (2008)
Soderbergh il critico
Ha costituito una curiosità in rete qualche anno fa la pagina web “extension765”, sulla quale è possibile visionare una versione in bianco e nero di Raiders of the Lost Ark (I predatori dell’arca perduta, 1981) di Steven Spielbergh, in cui la banda audio è rimpiazzata da un loop di musica elettronica. Il sito, creato da Soderbergh, si pone lo scopo di presentare il film di Spielberg in un contesto che permetta di apprezzarne appieno il blocking, la messinscena, distaccandosi dai colori o dagli elementi sonori - effettivamente, visto attraverso il sito di Soderbegh, nel film sarà più facile scorgere gli stilemi della Hollywood degli anni ’40 e l'omaggio al cinema di Michael Curtiz. Da qui emerge la cinefilia del regista, che racconta di essersi avvicinato alla Settima Arte e all’analisi filmica da ragazzo, studiando Jaws (Lo Squalo, 1975) nei minimi particolari.
Autodidatta, Soderbergh ha acquisito una vasta conoscenza nella teoria del cinema solamente attraverso la visione di film e la lettura di testi, prima di accedere a cineprese ed equipaggiamento filmico. In varie interviste contemporanee il regista parla di come continua a studiare le opere dei suoi colleghi, analizzandoli e cercando nuovi elementi di apprendimento personale, citando tra i vari anche Christopher Nolan, cineasta che lui stesso aveva sostenuto agli inizi di carriera riuscendo a fargli ottenere la regia del remake Insomnia (2002) e in seguito supportandolo nella corsa alla regia del reboot di Batman - che sarebbe divenuta la Trilogia del Cavaliere Oscuro (2005-2012).
Descrivere il cinema di Steven Soderbergh, nel 2025, equivale a esplorare una vera e propria chimera cinematografica: tra cinema di genere, remake riverenti verso le loro fonti, sperimentalismi, opere indipendenti, film legati allo studio system e star del calibro di George Clooney (ma anche di James Spader), la filmografia del regista non si ferma mai su un solo stilema, una sola tematica ripetuta (eccetto per il sotto-testo politico). In una carriera lunga tre decenni, Soderbergh si è pienamente dimostrato un autore alla continua ricerca di un nuovo modo di raccontare storie attraverso tecniche che plasmino, ogni volta in maniera differente, le immagini in movimento.
Cate Blanchett, protagonista di Black Bag (2025), l'ultimo film di Soderbergh