di Alice De Luca e Bianca Susi
NC-102
30.03.2022
Dopo il successo al botteghino di Ennio (2021), l’ultimo lavoro di Giuseppe Tornatore che ripercorre certosinamente la carriera di Morricone, è interessante riflettere sull’importanza e sul ruolo svolto dai documentari biografici nella contemporaneità. Investita di una funzione didascalica, questa tipologia di prodotto audiovisivo, a metà tra uno stile aneddotico e un linguaggio accademico, rappresenta una maniera molto efficace per avvicinarsi o ricordare le figure di spicco della storia del cinema. Dal 2018 Fabrizio Corallo, alfiere di questo genere, ha all’attivo: due agiografie postume, utili anche alla sensibilizzazione del pubblico più giovane e due progetti su personaggi ancora in vita, scelta in forte contrasto con la comune indole nazionale di celebrare, solo e soltanto, post mortem. I suoi documentari fungono, quindi, da valevoli guide e interessanti spunti per approfondire e confrontarsi con l’eredità dell’epoca d’oro del cinema nostrano.
Sono Gassman! Vittorio re della commedia (2018):
Omaggio nostalgico al mattatore della comicità italiana che come un romanzo corale, di cui il protagonista è anche coautore, racconta in capitoli la brillante carriera di Vittorio Gassman. Lo spettatore, grazie al materiale d’archivio, vede il giovane Vittorio: un ragazzo di corporatura notevole con una memoria di ferro che trova nel teatro la sua ragione di vita; nonostante l’atteggiamento snob che mantiene per i primi anni, si avvicina al cinema per ragioni puramente economiche (le stesse che lo porteranno fino a Hollywood a girare film che Gassman definisce simpaticamente come cose innominabili). La svolta arriva con Monicelli e il suo I soliti ignoti (1958): Gassman trova nella commedia all’italiana la sua dimensione e i sodalizi artistici con autori come Risi e Scola lo renderanno uno dei volti più importanti del nostro cinema. Grazie alle testimonianze preziose dei suoi cari, in particolare del figlio Alessandro, lo spettatore riesce ad andare oltre l’attore e accedere alla sua personalità tramite un’immagine onesta che ne delinea tutte le contraddittorietà: il suo essere un padre assente ma affettuoso e amabile, la sua riservatezza in contrasto con l’esuberante recitazione e il suo spiccato cinismo che poco si lega con la leggerezza delle sue commedie.
Siamo tutti Alberto Sordi? (2020):
Uscito in occasione del centenario della nascita dell’attore che più di chiunque altro ha incarnato la romanitas, il documentario di Corallo, come allude il titolo, analizza la vita artistica di Sordi per riflettere sui modi, gli usi e i costumi del belpaese. Ed è attraverso le dichiarazioni di diversi interpreti che emerge come Albertone con il proprio corpo, le smorfie, le camminate e le scivolate sia stato capace di incarnare e allo stesso tempo criticare i malesseri e i vizi degli italiani. Visitando insieme a Luca Verdone la folle villa dell’artista proteiforme, infatti, ci si imbatte in tutti quei vestiti e oggetti di scena con cui il mitico Albertone, liberandosi dalla nomea di “jettatore del botteghino" e diventando il re degli incassi, ha traghettato il cinema italiano dal neorealismo al neorealismo comico. Così, rievocando i tempi in cui le nostre pellicole aderivano fortemente alla realtà, Corallo compie il ritratto di quel colonnello della commedia all’italiana che mai ha temuto di interpretare sul grande schermo i “mostri” che abitavano la società.
Vera e Giuliano (2020):
Uniti dal culto del lavoro e dall’insofferenza per l’intolleranza, Vera Pescarolo e Giuliano Montaldo hanno collaborato nel cinema e nella vita, senza mai separarsi. Per restituire l’intensità di questo connubio, Corallo nel documentario affida alla coppia stessa gran parte della narrazione. Così, seduti sulle poltrone di casa, Vera e Giuliano, circondati da quadri e avvolti da ricordi, rievocano il passato e la coerenza politica che ha contraddistinto ogni film a cui hanno lavorato insieme: da Sacco e Vanzetti (1971) che portò i giovani ad aggredire i cinema a Giordano Bruno (1973), durante la cui lavorazione Volontè, nei panni dell’eretico, svegliò una notte Montaldo per la paura di essere bruciato al rogo; fino ad arrivare all’adattamento per il grande schermo de Gli occhiali d’oro (1987) che alla proiezione ufficiale a Venezia fece emozionare Bassani stesso. Se il cinema è stato, quindi, galeotto del loro incontro, a suggellare e rafforzare il rapporto di Vera e Giuliano sono le città visitate insieme, tanto che Corallo decide di terminare il documentario proprio con la promessa reciproca, dei due, di tornare a viaggiare.
Vitti d’arte, Vitti d’amore (2021):
Girato per celebrare i novant’anni di Monica Vitti, il documentario di si presenta come un duplice ritratto di un’icona intramontabile della settima arte destinata a diventare, con il suo femminismo gentile, un esempio per tutte le generazioni di attrici successive. Tra filmati d’archivio, scene rinomate e testimonianze dirette, sono descritti la personalità, la vitalità artistica e i rapporti professionali e sentimentali di un talento puro e magnetico che, ancora oggi, risulta amato incondizionatamente e cristallizzato nel tempo. Attraverso la ricostruzione di Corallo ci troviamo davanti a una Vitti inedita, che nella sua quotidianità risulta diversa dall’attrice spavalda che si materializza non appena si aziona una telecamera; attrice di una professionalità estrema e con un’attenzione maniacale per i dettagli, in grado di abbracciare il cinema d’autore e la commedia all’italiana come nessuna prima di lei. Dall’altro lato della medaglia vediamo una donna introversa, con le sue insicurezze, trovatasi ad affrontare una vita tutt’altro che ordinaria.
di Alice De Luca e Bianca Susi
NC-102
30.03.2022
Dopo il successo al botteghino di Ennio (2021), l’ultimo lavoro di Giuseppe Tornatore che ripercorre certosinamente la carriera di Morricone, è interessante riflettere sull’importanza e sul ruolo svolto dai documentari biografici nella contemporaneità. Investita di una funzione didascalica, questa tipologia di prodotto audiovisivo, a metà tra uno stile aneddotico e un linguaggio accademico, rappresenta una maniera molto efficace per avvicinarsi o ricordare le figure di spicco della storia del cinema. Dal 2018 Fabrizio Corallo, alfiere di questo genere, ha all’attivo: due agiografie postume, utili anche alla sensibilizzazione del pubblico più giovane e due progetti su personaggi ancora in vita, scelta in forte contrasto con la comune indole nazionale di celebrare, solo e soltanto, post mortem. I suoi documentari fungono, quindi, da valevoli guide e interessanti spunti per approfondire e confrontarsi con l’eredità dell’epoca d’oro del cinema nostrano.
Sono Gassman! Vittorio re della commedia (2018):
Omaggio nostalgico al mattatore della comicità italiana che come un romanzo corale, di cui il protagonista è anche coautore, racconta in capitoli la brillante carriera di Vittorio Gassman. Lo spettatore, grazie al materiale d’archivio, vede il giovane Vittorio: un ragazzo di corporatura notevole con una memoria di ferro che trova nel teatro la sua ragione di vita; nonostante l’atteggiamento snob che mantiene per i primi anni, si avvicina al cinema per ragioni puramente economiche (le stesse che lo porteranno fino a Hollywood a girare film che Gassman definisce simpaticamente come cose innominabili). La svolta arriva con Monicelli e il suo I soliti ignoti (1958): Gassman trova nella commedia all’italiana la sua dimensione e i sodalizi artistici con autori come Risi e Scola lo renderanno uno dei volti più importanti del nostro cinema. Grazie alle testimonianze preziose dei suoi cari, in particolare del figlio Alessandro, lo spettatore riesce ad andare oltre l’attore e accedere alla sua personalità tramite un’immagine onesta che ne delinea tutte le contraddittorietà: il suo essere un padre assente ma affettuoso e amabile, la sua riservatezza in contrasto con l’esuberante recitazione e il suo spiccato cinismo che poco si lega con la leggerezza delle sue commedie.
Siamo tutti Alberto Sordi? (2020):
Uscito in occasione del centenario della nascita dell’attore che più di chiunque altro ha incarnato la romanitas, il documentario di Corallo, come allude il titolo, analizza la vita artistica di Sordi per riflettere sui modi, gli usi e i costumi del belpaese. Ed è attraverso le dichiarazioni di diversi interpreti che emerge come Albertone con il proprio corpo, le smorfie, le camminate e le scivolate sia stato capace di incarnare e allo stesso tempo criticare i malesseri e i vizi degli italiani. Visitando insieme a Luca Verdone la folle villa dell’artista proteiforme, infatti, ci si imbatte in tutti quei vestiti e oggetti di scena con cui il mitico Albertone, liberandosi dalla nomea di “jettatore del botteghino" e diventando il re degli incassi, ha traghettato il cinema italiano dal neorealismo al neorealismo comico. Così, rievocando i tempi in cui le nostre pellicole aderivano fortemente alla realtà, Corallo compie il ritratto di quel colonnello della commedia all’italiana che mai ha temuto di interpretare sul grande schermo i “mostri” che abitavano la società.
Vera e Giuliano (2020):
Uniti dal culto del lavoro e dall’insofferenza per l’intolleranza, Vera Pescarolo e Giuliano Montaldo hanno collaborato nel cinema e nella vita, senza mai separarsi. Per restituire l’intensità di questo connubio, Corallo nel documentario affida alla coppia stessa gran parte della narrazione. Così, seduti sulle poltrone di casa, Vera e Giuliano, circondati da quadri e avvolti da ricordi, rievocano il passato e la coerenza politica che ha contraddistinto ogni film a cui hanno lavorato insieme: da Sacco e Vanzetti (1971) che portò i giovani ad aggredire i cinema a Giordano Bruno (1973), durante la cui lavorazione Volontè, nei panni dell’eretico, svegliò una notte Montaldo per la paura di essere bruciato al rogo; fino ad arrivare all’adattamento per il grande schermo de Gli occhiali d’oro (1987) che alla proiezione ufficiale a Venezia fece emozionare Bassani stesso. Se il cinema è stato, quindi, galeotto del loro incontro, a suggellare e rafforzare il rapporto di Vera e Giuliano sono le città visitate insieme, tanto che Corallo decide di terminare il documentario proprio con la promessa reciproca, dei due, di tornare a viaggiare.
Vitti d’arte, Vitti d’amore (2021):
Girato per celebrare i novant’anni di Monica Vitti, il documentario di si presenta come un duplice ritratto di un’icona intramontabile della settima arte destinata a diventare, con il suo femminismo gentile, un esempio per tutte le generazioni di attrici successive. Tra filmati d’archivio, scene rinomate e testimonianze dirette, sono descritti la personalità, la vitalità artistica e i rapporti professionali e sentimentali di un talento puro e magnetico che, ancora oggi, risulta amato incondizionatamente e cristallizzato nel tempo. Attraverso la ricostruzione di Corallo ci troviamo davanti a una Vitti inedita, che nella sua quotidianità risulta diversa dall’attrice spavalda che si materializza non appena si aziona una telecamera; attrice di una professionalità estrema e con un’attenzione maniacale per i dettagli, in grado di abbracciare il cinema d’autore e la commedia all’italiana come nessuna prima di lei. Dall’altro lato della medaglia vediamo una donna introversa, con le sue insicurezze, trovatasi ad affrontare una vita tutt’altro che ordinaria.