
di Martina Di Gesu
NC-348
18.10.2025
Se da una parte Sophia Loren è un’attrice diventata emblema del nostro immaginario collettivo, dall’altra risulta una personalità che sembra sfuggire a qualsiasi tipo di definizione. Eppure, ha incarnato pienamente quell’italianità fatta di una femminilità radicata e, soprattutto, di un peculiare modo di essere. Nei cinema di tutto il mondo è stata simbolo di resistenza, trasformazione e continuità, capace di tenere insieme eleganza e concretezza.
Nata a Roma il 20 settembre del 1934 con il nome di Sofia Costanza Brigida Villani Scicolone, si trasferisce da piccolissima a Pozzuoli, luogo che rimarrà per sempre legato alla sua identità. Cresce in un’Italia ancora segnata dalla guerra ma già desiderosa di nuovi miti. Debutta con piccoli ruoli, a volte nemmeno accreditati, e fin dagli inizi adotta uno pseudonimo: dapprima Sofia Lazzaro, poi, su suggerimento del produttore Goffredo Lombardo, diventa Sophia Loren, un nome pensato per evocare glamour internazionale senza rinunciare alla sua origine italiana.
In questi primi, timidi, passi - come in Totò Tarzan (1950) - s’intravede una presenza magnetica unica, ma è con L’oro di Napoli (1954) di Vittorio De Sica che arriva la svolta decisiva. Il film, diviso in sei episodi ambientati a Napoli, la vede interpretare una pizzaiola nel segmento Pizze a credito, dove tradisce il marito con libertà e furbizia, affermandosi come una figura femminile nuova e spiazzante, lontana dalle rappresentazioni della donna allora dominanti sui grandi schermi italiani. Negli anni Cinquanta, Sophia incarna una bellezza diversa da quella eterea delle attrici hollywoodiane: il suo fisico a clessidra unisce morbidezza e vigore.

A Hollywood in compagnia di Cary Grant

Giovanissima in L'oro di Napoli (1954), alla prima collaborazione con De Sica
Tuttavia, fin dai primi momenti al cinema, il corpo dell’attrice attira più attenzione della sua recitazione, contribuendo in modo decisivo alla costruzione di un’immagine pubblica che, contemporaneamente, affascina e divide. Una presenza scenica così autonoma e decisa, che sfida apertamente i canoni e finisce per suscitare dissenso in una società ancora conservatrice - che criticherà anche la relazione non ufficiale con il produttore Carlo Ponti, suo futuro marito. È, però, proprio attraverso quel corpo “fuori norma” che la Diva Loren trova la sua strada: un corpo che abita lo schermo con autorità e umanità. Questo le permette di trasformare in forza rivoluzionaria i suoi personaggi femminili che, pur collocati nella vita quotidiana, anticipano le trasformazioni sociali delle donne nell’Italia del secondo dopoguerra.
In La donna del fiume (1954) di Mario Soldati è Nives, una lavoratrice che viene coinvolta in una relazione con il contrabbandiere Gino (Rik Battaglia) per poi essere abbandonata nel momento in cui rimane incinta. La sua sensualità si fonde con una femminilità dolente e coraggiosa, carica di quel carisma materno che segnerà gran parte della sua carriera. Il film regala alla Loren l’opportunità di lavorare su un registro drammatico, anticipando quella “consacrazione artistica” raggiunta pienamente solo nel 1960 grazie a La ciociara. Tratta dall’omonimo romanzo di Alberto Moravia, la pellicola, firmata da Vittorio De Sica, va annoverata tra i grandi capolavori del nostro cinema. Sophia, che in questo caso incarna il personaggio di Cesira, offre un’interpretazione che spezza ogni schema: intensa, viscerale, straziante. Non a caso è la prima attrice estera della storia a ricevere un Oscar per la sua interpretazione in un lungometraggio non in lingua inglese, un riconoscimento che decanta non solo la sue straordinarie doti recitative ma anche il modo in cui il cinema italiano racconta la resilienza delle donne durante la guerra.

Con l'Oscar vinto per La Ciociara (1960)
Quando Sophia Loren trionfa agli Academy Awards non rappresenta semplicemente una fortunata interprete europea appena sbarcata nel nuovo continente, è già una stella mondiale, capace di abitare due universi senza rinunciare a sé stessa. A Hollywood ha già recitato al fianco di Cary Grant in Houseboat (Un marito per Cinzia, 1958), con Frank Sinatra in The Pride and the Passion (Orgoglio e passione, 1957) e si accinge a comparire, insieme Charlton Heston, nel kolossal El Cid (1961). In quel periodo la Loren porta sullo schermo una versione sofisticata della bellezza mediterranea: elegante ma mai distante, regale ma mai algida. In nessun caso Sophia abbandona l’istinto popolare delle sue origini, anche quando le riviste internazionali la omaggiano. Appare sulle copertine di Vogue, Elle e Cosmopolitan conservando la propria identità, fatta di una sapienza istintiva che le permette di navigare tra linguaggi e culture differenti.
Negli anni Sessanta, nasce uno dei sodalizi più amati e duraturi del cinema italiano: quello con Marcello Mastroianni. Diversi per temperamento e formazione, ma complementari sullo schermo, Loren e Mastroianni costruiscono una geografia dell’amore che rappresenta una sorta di mappa immaginaria dell’Italia. In Ieri, oggi, domani (1963), diretto dal sempre fedele De Sica, regalano una delle sequenze più iconiche della commedia all’italiana: lo spogliarello di Adelina (Sophia Loren) diventa simbolo di una sensualità giocosa e consapevole. L’uso del reggicalze - che l’attrice aveva già indossato in The Millionairess (La miliardaria, 1960) - contribuisce a trasformare l’oggetto in un simbolo di femminilità ma anche di forte emancipazione.

Il celebre spogliarello di Ieri, oggi, domani (1963)
L’anno seguente, in Matrimonio all’italiana (1964), la Loren va oltre e trasforma la lingerie nel principale elemento espressivo dell’ex prostituta Filumena, la quale adopera un certo tipo di biancheria per soddisfare il proprio gusto personale e non i piaceri dello sguardo maschile. È un personaggio che lotta per i propri figli, distinguendosi per dignità e valore morale rispetto all’infimo Domenico (Marcello Mastroianni). In ogni modo, la pellicola - derivante da una celebre commedia teatrale di Eduardo De Filippo - si fa parabola di un intero Paese, delle sue guerre di nervi, di classe e di generazioni.
La dimensione di donna combattiva incarcata da Sophia ritorna anche qualche anno più tardi ne I girasoli (1970): ancora diretta da De Sica e in compagnia di Mastroianni, stavolta è una moglie che attraversa l’Europa per ritrovare il marito disperso in Russia. La sua interpretazione unisce passione e struggimento, una figura che non si arrende fino a quando la verità non le si palesa davanti. Mastroianni e la Loren gireranno insieme quattordici film, fino a Pret-à-Porter di Robert Altman nel 1994. La loro chimica sullo schermo non era esclusivamente frutto del loro talento, ma anche di un’intesa quotidiana fatta di fiducia e gioco che probabilmente permetteva ai due attori di vivere con autenticità ogni scena. I loro personaggi si rincorrono, si sfidano, si desiderano, in una dinamica mai scontata. E soprattutto, sullo schermo con Marcello, Sophia poteva essere libera: amante, madre, moglie ma sempre soggetto attivo.

Con Vittorio De Sica sul set di Matrimonio all'italiana (1964)
Con l’arrivo degli anni Settanta e Ottanta, la Loren rallenta il ritmo, mutando ogni suo ritorno in un evento. In Una giornata particolare (1977) di Ettore Scola, ancora con Mastroianni, offre una delle sue prove più mature, sottili e complesse. In un appartamento, durante la visita di Hitler a Roma, due solitudini si incontrano: Sophia è una casalinga prigioniera del suo ruolo, Marcello un omosessuale perseguitato. Entrambi si rivelano in un film intimo e malinconico, dove l’attrice mostra un volto più stanco e umano, ma per questo non meno potente. Con il passare degli anni, il suo ruolo nella cultura italiana cambia: diventa memoria, icona da tutelare e celebrare.
L’invecchiamento, per lei, non è negazione ma narrazione: si mostra, senza nascondersi, nella sua consueta eleganza, imprescindibile dall’età. Nel 1991 riceve l’Oscar alla carriera, il secondo premio dell’Academy della sua vita, consacrazione definitiva di un percorso entrato nel mito. Nel 2020, Sophia torna sugli schermi con La vita davanti a sé, film diretto dal figlio Edoardo Ponti e distribuito da Netflix. Interpreta Madame Rosa, un’ex prostituta sopravvissuta all’Olocausto che protegge bambini di altre donne che vivono ai margini. Ambientato in una Bari contemporanea ma sospesa, la pellicola si pone come una riflessione sull’accoglienza. Il suo corpo appare fragile e segnato, tuttavia, in quella vulnerabilità ritroviamo tutta la sua potenza: con movimenti lenti e accolta dalla luce morbida della fotografia, la sua presenza rimane magnetica come settant’anni prima.
Oggi, Sophia Loren ha superato la soglia dei novant’anni e la sua parabola racconta molto più di una carriera artistica. Racconta l’Italia con i suoi sogni, le sue contraddizioni e la sua tenacia. Racconta una Nazione che è cresciuta e cambiata insieme a lei (anche nei momenti in cui la giudicava). In questo senso, Sophia Loren resta quella “Diva popolana” capace di incarnare, con spontaneità e forza, la cultura, e le contraddizioni, del nostro Paese.

Con Marcello Mastroianni nello struggente Una giornata particolare (1977)
di Martina Di Gesu
NC-348
18.10.2025

A Hollywood in compagnia di Cary Grant
Se da una parte Sophia Loren è un’attrice diventata emblema del nostro immaginario collettivo, dall’altra risulta una personalità che sembra sfuggire a qualsiasi tipo di definizione. Eppure, ha incarnato pienamente quell’italianità fatta di una femminilità radicata e, soprattutto, di un peculiare modo di essere. Nei cinema di tutto il mondo è stata simbolo di resistenza, trasformazione e continuità, capace di tenere insieme eleganza e concretezza.
Nata a Roma il 20 settembre del 1934 con il nome di Sofia Costanza Brigida Villani Scicolone, si trasferisce da piccolissima a Pozzuoli, luogo che rimarrà per sempre legato alla sua identità. Cresce in un’Italia ancora segnata dalla guerra ma già desiderosa di nuovi miti. Debutta con piccoli ruoli, a volte nemmeno accreditati, e fin dagli inizi adotta uno pseudonimo: dapprima Sofia Lazzaro, poi, su suggerimento del produttore Goffredo Lombardo, diventa Sophia Loren, un nome pensato per evocare glamour internazionale senza rinunciare alla sua origine italiana.
In questi primi, timidi, passi - come in Totò Tarzan (1950) - s’intravede una presenza magnetica unica, ma è con L’oro di Napoli (1954) di Vittorio De Sica che arriva la svolta decisiva. Il film, diviso in sei episodi ambientati a Napoli, la vede interpretare una pizzaiola nel segmento Pizze a credito, dove tradisce il marito con libertà e furbizia, affermandosi come una figura femminile nuova e spiazzante, lontana dalle rappresentazioni della donna allora dominanti sui grandi schermi italiani. Negli anni Cinquanta, Sophia incarna una bellezza diversa da quella eterea delle attrici hollywoodiane: il suo fisico a clessidra unisce morbidezza e vigore.

Giovanissima in L'oro di Napoli (1954), alla prima collaborazione con De Sica
Tuttavia, fin dai primi momenti al cinema, il corpo dell’attrice attira più attenzione della sua recitazione, contribuendo in modo decisivo alla costruzione di un’immagine pubblica che, contemporaneamente, affascina e divide. Una presenza scenica così autonoma e decisa, che sfida apertamente i canoni e finisce per suscitare dissenso in una società ancora conservatrice - che criticherà anche la relazione non ufficiale con il produttore Carlo Ponti, suo futuro marito. È, però, proprio attraverso quel corpo “fuori norma” che la Diva Loren trova la sua strada: un corpo che abita lo schermo con autorità e umanità. Questo le permette di trasformare in forza rivoluzionaria i suoi personaggi femminili che, pur collocati nella vita quotidiana, anticipano le trasformazioni sociali delle donne nell’Italia del secondo dopoguerra.
In La donna del fiume (1954) di Mario Soldati è Nives, una lavoratrice che viene coinvolta in una relazione con il contrabbandiere Gino (Rik Battaglia) per poi essere abbandonata nel momento in cui rimane incinta. La sua sensualità si fonde con una femminilità dolente e coraggiosa, carica di quel carisma materno che segnerà gran parte della sua carriera. Il film regala alla Loren l’opportunità di lavorare su un registro drammatico, anticipando quella “consacrazione artistica” raggiunta pienamente solo nel 1960 grazie a La ciociara. Tratta dall’omonimo romanzo di Alberto Moravia, la pellicola, firmata da Vittorio De Sica, va annoverata tra i grandi capolavori del nostro cinema. Sophia, che in questo caso incarna il personaggio di Cesira, offre un’interpretazione che spezza ogni schema: intensa, viscerale, straziante. Non a caso è la prima attrice estera della storia a ricevere un Oscar per la sua interpretazione in un lungometraggio non in lingua inglese, un riconoscimento che decanta non solo la sue straordinarie doti recitative ma anche il modo in cui il cinema italiano racconta la resilienza delle donne durante la guerra.

Con l'Oscar vinto per La Ciociara (1960)
Quando Sophia Loren trionfa agli Academy Awards non rappresenta semplicemente una fortunata interprete europea appena sbarcata nel nuovo continente, è già una stella mondiale, capace di abitare due universi senza rinunciare a sé stessa. A Hollywood ha già recitato al fianco di Cary Grant in Houseboat (Un marito per Cinzia, 1958), con Frank Sinatra in The Pride and the Passion (Orgoglio e passione, 1957) e si accinge a comparire, insieme Charlton Heston, nel kolossal El Cid (1961). In quel periodo la Loren porta sullo schermo una versione sofisticata della bellezza mediterranea: elegante ma mai distante, regale ma mai algida. In nessun caso Sophia abbandona l’istinto popolare delle sue origini, anche quando le riviste internazionali la omaggiano. Appare sulle copertine di Vogue, Elle e Cosmopolitan conservando la propria identità, fatta di una sapienza istintiva che le permette di navigare tra linguaggi e culture differenti.
Negli anni Sessanta, nasce uno dei sodalizi più amati e duraturi del cinema italiano: quello con Marcello Mastroianni. Diversi per temperamento e formazione, ma complementari sullo schermo, Loren e Mastroianni costruiscono una geografia dell’amore che rappresenta una sorta di mappa immaginaria dell’Italia. In Ieri, oggi, domani (1963), diretto dal sempre fedele De Sica, regalano una delle sequenze più iconiche della commedia all’italiana: lo spogliarello di Adelina (Sophia Loren) diventa simbolo di una sensualità giocosa e consapevole. L’uso del reggicalze - che l’attrice aveva già indossato in The Millionairess (La miliardaria, 1960) - contribuisce a trasformare l’oggetto in un simbolo di femminilità ma anche di forte emancipazione.

Il celebre spogliarello di Ieri, oggi, domani (1963)
L’anno seguente, in Matrimonio all’italiana (1964), la Loren va oltre e trasforma la lingerie nel principale elemento espressivo dell’ex prostituta Filumena, la quale adopera un certo tipo di biancheria per soddisfare il proprio gusto personale e non i piaceri dello sguardo maschile. È un personaggio che lotta per i propri figli, distinguendosi per dignità e valore morale rispetto all’infimo Domenico (Marcello Mastroianni). In ogni modo, la pellicola - derivante da una celebre commedia teatrale di Eduardo De Filippo - si fa parabola di un intero Paese, delle sue guerre di nervi, di classe e di generazioni.
La dimensione di donna combattiva incarcata da Sophia ritorna anche qualche anno più tardi ne I girasoli (1970): ancora diretta da De Sica e in compagnia di Mastroianni, stavolta è una moglie che attraversa l’Europa per ritrovare il marito disperso in Russia. La sua interpretazione unisce passione e struggimento, una figura che non si arrende fino a quando la verità non le si palesa davanti. Mastroianni e la Loren gireranno insieme quattordici film, fino a Pret-à-Porter di Robert Altman nel 1994. La loro chimica sullo schermo non era esclusivamente frutto del loro talento, ma anche di un’intesa quotidiana fatta di fiducia e gioco che probabilmente permetteva ai due attori di vivere con autenticità ogni scena. I loro personaggi si rincorrono, si sfidano, si desiderano, in una dinamica mai scontata. E soprattutto, sullo schermo con Marcello, Sophia poteva essere libera: amante, madre, moglie ma sempre soggetto attivo.

Con Vittorio De Sica sul set di Matrimonio all'italiana (1964)
Con l’arrivo degli anni Settanta e Ottanta, la Loren rallenta il ritmo, mutando ogni suo ritorno in un evento. In Una giornata particolare (1977) di Ettore Scola, ancora con Mastroianni, offre una delle sue prove più mature, sottili e complesse. In un appartamento, durante la visita di Hitler a Roma, due solitudini si incontrano: Sophia è una casalinga prigioniera del suo ruolo, Marcello un omosessuale perseguitato. Entrambi si rivelano in un film intimo e malinconico, dove l’attrice mostra un volto più stanco e umano, ma per questo non meno potente. Con il passare degli anni, il suo ruolo nella cultura italiana cambia: diventa memoria, icona da tutelare e celebrare.
L’invecchiamento, per lei, non è negazione ma narrazione: si mostra, senza nascondersi, nella sua consueta eleganza, imprescindibile dall’età. Nel 1991 riceve l’Oscar alla carriera, il secondo premio dell’Academy della sua vita, consacrazione definitiva di un percorso entrato nel mito. Nel 2020, Sophia torna sugli schermi con La vita davanti a sé, film diretto dal figlio Edoardo Ponti e distribuito da Netflix. Interpreta Madame Rosa, un’ex prostituta sopravvissuta all’Olocausto che protegge bambini di altre donne che vivono ai margini. Ambientato in una Bari contemporanea ma sospesa, la pellicola si pone come una riflessione sull’accoglienza. Il suo corpo appare fragile e segnato, tuttavia, in quella vulnerabilità ritroviamo tutta la sua potenza: con movimenti lenti e accolta dalla luce morbida della fotografia, la sua presenza rimane magnetica come settant’anni prima.
Oggi, Sophia Loren ha superato la soglia dei novant’anni e la sua parabola racconta molto più di una carriera artistica. Racconta l’Italia con i suoi sogni, le sue contraddizioni e la sua tenacia. Racconta una Nazione che è cresciuta e cambiata insieme a lei (anche nei momenti in cui la giudicava). In questo senso, Sophia Loren resta quella “Diva popolana” capace di incarnare, con spontaneità e forza, la cultura, e le contraddizioni, del nostro Paese.

Con Marcello Mastroianni nello struggente Una giornata particolare (1977)