A cura di Aureliana Bontempo e Omar Franini
INT-01
05.05.2022
Nello scorso decennio il cinema coreano ha avuto uno sviluppo impressionante a livello internazionale, da una parte grazie ad autori già consacrati come Bong Joon-ho, Park Chan-wook, Lee Chang-dong e Hong Sang-soo (giusto per citare qualche nome), dall’altra grazie alle serie televisive, i k-drama, che stanno spopolando in tutto il mondo tramite le piattaforme streaming. In Corea si è visto anche l’incremento di produzioni indipendenti che vedono diverse donne, nel ruolo di registe, portare sul grande schermo storie di personaggi femminili complessi; A Girl at My Door (2014) di July Jung, The Truth Beneath (2016) di Lee Kyoung-mi, Microhabitat (2017) di Jeon Go-woon e Kim Ji-young, Born 1982 (2019) di Kim Do-young sono alcune delle opere più rappresentative di questo “movimento”.
Lo scorso anno, è stato presentato al Busan Film Festival il film The Apartment with Two Women, opera prima della giovane Kim Se-in, classe 1992, che ha frequentato la prestigiosa Korean Academy of Film Arts (KAFA), dalla quale è uscito anche il pluripremiato regista Bong Joon-ho.
Sin dalla premiere il film ha ricevuto solo pareri positivi e si è aggiudicato anche il premio di Miglior Film al festival appena citato. La redazione di ODG magazine era riuscita a vederlo in anteprima alla Berlinale di quest’anno, definendolo nell’articolo I film che abbiamo visto a Berlino come una delle pellicole più interessanti del festival.
La scorsa settimana il film è stato presentato al Far East Film Festival di Udine, dove ha presenziato anche la regista, che abbiamo avuto l’opportunità di intervistare. Ma di cosa parla The Apartment with Two Women? e perché ci è piaciuto così tanto?
Il film narra del rapporto disfunzionale tra due donne, madre e figlia, le quali non sono mai riuscite ad andare d’accordo. La situazione peggiora col tempo finché un giorno la madre investe la figlia con l’auto, lasciando che sia lo spettatore a scoprire se si è trattato di un gesto intenzionale o meno. L’opera prima di Kim Se-in è un film ambizioso e maturo, in cui lo sguardo della regista non si esime dal mostrare i difetti e gli aspetti più complessi che accomunano e dividono questi due personaggi. Il risultato finale è un film originale e mai scontato nella scelta dei gesti e dei dialoghi, in cui le due attrici reggono magistralmente il clima crescente di tensione, nonostante la durata di circa 140 minuti.
Davanti a noi si presenta una ragazza minuta e solare. La timidezza emersa durante l’incontro con il pubblico, qui cessa completamente di esistere, come se il raccontare del proprio film la sciogliesse completamente, abbandonandosi ad una lunga conversazione non priva di dettagli legati alle scelte da lei operate; un aspetto, quest’ultimo, non scontato e per cui vogliamo ringraziarla per essersi aperta con noi, considerato il successo che le è piombato addosso e al fatto che i registi spesso amano lasciare un alone di mistero rispetto alle scelte che prendono nel fare i propri film.
La nostra prima domanda riguarda il titolo del film, The Apartment with Two Women, cosa ne pensi di questa traduzione? Potresti spiegare ai nostri lettori il significato del titolo in coreano?
Per quanto riguarda il titolo in coreano, la traduzione letterale sarebbe “due donne che indossano/scambiano la stessa biancheria intima”. Ho inserito “due donne” per non limitare il rapporto nella cornice madre/figlia. Devo ammettere che è da poco che ho smesso di indossare la biancheria di mia madre [la regista ride], ho chiesto sia alle mie amiche che ai miei amici maschi se facevano la stessa cosa, le prime mi hanno risposto affermativamente mentre i ragazzi no. Da queste piccole domande ho capito che il rapporto madre/figlia è ancora più stretto, dove si condividono troppe cose, per questo ho messo la biancheria intima come simbolo per rappresentare questo legame. Nel momento in cui dovevo tradurre il titolo in inglese ho pensato su cosa potessi focalizzarmi, in quanto parlando di “indumenti intimi”, il titolo poteva essere frainteso come un film per “adulti”, quindi, era importante cambiare il titolo e trovare un soggetto tanto importante quanto le “mutande”, e la scelta è ricaduta sull’appartamento, che ritengo sia un terzo “personaggio”.
Cosa ti ha spinta a realizzare questo film? Quando è nata l’idea del film, per te, quale dei due punti di vista era più importante raccontare e far emergere: quello della rivalsa della figlia o quello della liberazione della madre?
All’inizio, siccome anch’io sono una figlia, sono sicuramente partita mettendo al centro il punto di vista della figlia; un giorno, però, ho letto un fumetto Moms (엄마들) di Ma Young-sin (마영신). L’ho lasciato per caso sul tavolo di casa e mia mamma l’ha trovato e si è messa a leggerlo moltissime volte. Da lì ho capito che il punto di vista della madre, che vuole essere compresa e considerata, è altrettanto importante, quindi dentro di me mi sono chiesta “Il film che sto scrivendo lo posso mostrare a mia madre senza che lei si ferisca? Riuscirà a comprendere i sentimenti che provo io in quanto figlia?”. Mi sono risposta di no, e quindi da lì ho voluto cambiare molte cose per stabilire un equilibrio nella rappresentazione dei due personaggi e trasmettere anche la prospettiva della madre.
A questo proposito, quanto è stato lungo il periodo di stesura della sceneggiatura?
La prima stesura è stata nel 2016 quando ho scritto 10 pagine in due settimane, poi però sono passati circa 4 anni in cui mi sono dovuta dedicare completamente agli studi e nel 2020 ho ripreso in mano la sceneggiatura finendola in un mese. Quando poi lo script è stato selezionato dall’Accademia (KAFA) per ricevere il finanziamento, ci sono stati circa tre mesi di modifiche.
La prossima domanda riguarda le due attrici protagoniste, come è avvenuto il casting e come hai diretto le due performance?
Per quanto riguarda il casting, siccome c’erano degli investimenti da parte dell’accademia (la KAFA), ho potuto fare dei provini e scegliere le attrici. Mi ritengo molto fortunata perché avevo poco tempo, solo uno/due mesi per trovare le persone giuste. Ero piuttosto preoccupata per il personaggio di Su-kyung (la madre) perché è un personaggio che potrebbe avere un riscontro negativo nello spettatore; quindi, il fascino dell’attrice giocava un ruolo importante. Quando ho incontrato Yang Mal-bok la prima volta, questa si era presentata con dei lunghissimi capelli bianchi e nonostante questi, avevo visto la giovinezza nel suo volto, non perché non c’erano rughe ma per l’energia che sprigionava tramite il suo sguardo e la sua espressione. Anche l’“amabilità” nei suoi atteggiamenti è stato un fattore, ho pensato da subito che fosse la persona giusta. Quando ho visto per la prima volta Im Ji-ho invece, ho notato degli occhi profondi, pieni di espressività, e ho pensato fossero perfetti per trasmettere i vari stati emotivi di I-jung (la figlia).
Sono una regista che s’intromette molto nella recitazione delle mie attrici e ho dovuto usare approcci diversi; Mal Yang-bok è un’attrice che non sarà apparsa molto in televisione, ma che ha sulle spalle più di 30 anni di carriera teatrale, quindi, è una donna “esperta” in questo campo. Vista la sua espressività e versatilità, le ho assegnato diverse versioni di alcune scene e l’attrice ne sceglieva liberamente una. Im Ji-ho non aveva invece molte esperienze recitative e ho voluto dare delle direttive più nei dettagli per aiutarla il più possibile.
C’è qualche regista o film che ti ha ispirata a fare questo film? Il tuo film ci ha ricordato molto le prime opere di Lee Chang-dong.
Sono una grande ammiratrice di Lee Chang-dong e vi ringrazio molto per il paragone. Lee è stata un’influenza “indiretta” per me. In Accademia abbiamo studiato in modo approfondito il suo stile di regia, sia come gestisce lo spazio, cosa che ritengo fondamentale, sia come dirige gli attori. Ma non mi sono ispirata nello specifico ai suoi film. Studiando molti autori contemporanei in accademia, posso dire che ogni regista mi ha influenzato “indirettamente”. Uno di questi è stato Federico Fellini; ho visto Amarcord quando avevo vent’anni e mi è piaciuto particolarmente. Mentre durante la fase di montaggio ho rivisto Le Notti di Cabiria e ho riscontrato delle similitudini tra il personaggio di Cabiria e Su-kyung, quindi posso dire che questo autore sì, mi ha influenzato, ma “indirettamente”.
A cura di Aureliana Bontempo
e Omar Franini
INT-01
05.05.2022
Nello scorso decennio il cinema coreano ha avuto uno sviluppo impressionante a livello internazionale, da una parte grazie ad autori già consacrati come Bong Joon-ho, Park Chan-wook, Lee Chang-dong e Hong Sang-soo (giusto per citare qualche nome), dall’altra grazie alle serie televisive, i k-drama, che stanno spopolando in tutto il mondo tramite le piattaforme streaming. In Corea si è visto anche l’incremento di produzioni indipendenti che vedono diverse donne, nel ruolo di registe, portare sul grande schermo storie di personaggi femminili complessi; A Girl at My Door (2014) di July Jung, The Truth Beneath (2016) di Lee Kyoung-mi, Microhabitat (2017) di Jeon Go-woon e Kim Ji-young, Born 1982 (2019) di Kim Do-young sono alcune delle opere più rappresentative di questo “movimento”.
Lo scorso anno, è stato presentato al Busan Film Festival il film The Apartment with Two Women, opera prima della giovane Kim Se-in, classe 1992, che ha frequentato la prestigiosa Korean Academy of Film Arts (KAFA), dalla quale è uscito anche il pluripremiato regista Bong Joon-ho.
Sin dalla premiere il film ha ricevuto solo pareri positivi e si è aggiudicato anche il premio di Miglior Film al festival appena citato. La redazione di ODG magazine era riuscita a vederlo in anteprima alla Berlinale di quest’anno, definendolo nell’articolo I film che abbiamo visto a Berlino come una delle pellicole più interessanti del festival.
La scorsa settimana il film è stato presentato al Far East Film Festival di Udine, dove ha presenziato anche la regista, che abbiamo avuto l’opportunità di intervistare. Ma di cosa parla The Apartment with Two Women? e perché ci è piaciuto così tanto?
Il film narra del rapporto disfunzionale tra due donne, madre e figlia, le quali non sono mai riuscite ad andare d’accordo. La situazione peggiora col tempo finché un giorno la madre investe la figlia con l’auto, lasciando che sia lo spettatore a scoprire se si è trattato di un gesto intenzionale o meno. L’opera prima di Kim Se-in è un film ambizioso e maturo, in cui lo sguardo della regista non si esime dal mostrare i difetti e gli aspetti più complessi che accomunano e dividono questi due personaggi. Il risultato finale è un film originale e mai scontato nella scelta dei gesti e dei dialoghi, in cui le due attrici reggono magistralmente il clima crescente di tensione, nonostante la durata di circa 140 minuti.
Davanti a noi si presenta una ragazza minuta e solare. La timidezza emersa durante l’incontro con il pubblico, qui cessa completamente di esistere, come se il raccontare del proprio film la sciogliesse completamente, abbandonandosi ad una lunga conversazione non priva di dettagli legati alle scelte da lei operate; un aspetto, quest’ultimo, non scontato e per cui vogliamo ringraziarla per essersi aperta con noi, considerato il successo che le è piombato addosso e al fatto che i registi spesso amano lasciare un alone di mistero rispetto alle scelte che prendono nel fare i propri film.
La nostra prima domanda riguarda il titolo del film, The Apartment with Two Women, cosa ne pensi di questa traduzione? Potresti spiegare ai nostri lettori il significato del titolo in coreano?
Per quanto riguarda il titolo in coreano, la traduzione letterale sarebbe “due donne che indossano/scambiano la stessa biancheria intima”. Ho inserito “due donne” per non limitare il rapporto nella cornice madre/figlia. Devo ammettere che è da poco che ho smesso di indossare la biancheria di mia madre [la regista ride], ho chiesto sia alle mie amiche che ai miei amici maschi se facevano la stessa cosa, le prime mi hanno risposto affermativamente mentre i ragazzi no. Da queste piccole domande ho capito che il rapporto madre/figlia è ancora più stretto, dove si condividono troppe cose, per questo ho messo la biancheria intima come simbolo per rappresentare questo legame. Nel momento in cui dovevo tradurre il titolo in inglese ho pensato su cosa potessi focalizzarmi, in quanto parlando di “indumenti intimi”, il titolo poteva essere frainteso come un film per “adulti”, quindi, era importante cambiare il titolo e trovare un soggetto tanto importante quanto le “mutande”, e la scelta è ricaduta sull’appartamento, che ritengo sia un terzo “personaggio”.
Cosa ti ha spinta a realizzare questo film? Quando è nata l’idea del film, per te, quale dei due punti di vista era più importante raccontare e far emergere: quello della rivalsa della figlia o quello della liberazione della madre?
All’inizio, siccome anch’io sono una figlia, sono sicuramente partita mettendo al centro il punto di vista della figlia; un giorno, però, ho letto un fumetto Moms (엄마들) di Ma Young-sin (마영신). L’ho lasciato per caso sul tavolo di casa e mia mamma l’ha trovato e si è messa a leggerlo moltissime volte. Da lì ho capito che il punto di vista della madre, che vuole essere compresa e considerata, è altrettanto importante, quindi dentro di me mi sono chiesta “Il film che sto scrivendo lo posso mostrare a mia madre senza che lei si ferisca? Riuscirà a comprendere i sentimenti che provo io in quanto figlia?”. Mi sono risposta di no, e quindi da lì ho voluto cambiare molte cose per stabilire un equilibrio nella rappresentazione dei due personaggi e trasmettere anche la prospettiva della madre.
A questo proposito, quanto è stato lungo il periodo di stesura della sceneggiatura?
La prima stesura è stata nel 2016 quando ho scritto 10 pagine in due settimane, poi però sono passati circa 4 anni in cui mi sono dovuta dedicare completamente agli studi e nel 2020 ho ripreso in mano la sceneggiatura finendola in un mese. Quando poi lo script è stato selezionato dall’Accademia (KAFA) per ricevere il finanziamento, ci sono stati circa tre mesi di modifiche.
La prossima domanda riguarda le due attrici protagoniste, come è avvenuto il casting e come hai diretto le due performance?
Per quanto riguarda il casting, siccome c’erano degli investimenti da parte dell’accademia (la KAFA), ho potuto fare dei provini e scegliere le attrici. Mi ritengo molto fortunata perché avevo poco tempo, solo uno/due mesi per trovare le persone giuste. Ero piuttosto preoccupata per il personaggio di Su-kyung (la madre) perché è un personaggio che potrebbe avere un riscontro negativo nello spettatore; quindi, il fascino dell’attrice giocava un ruolo importante. Quando ho incontrato Yang Mal-bok la prima volta, questa si era presentata con dei lunghissimi capelli bianchi e nonostante questi, avevo visto la giovinezza nel suo volto, non perché non c’erano rughe ma per l’energia che sprigionava tramite il suo sguardo e la sua espressione. Anche l’“amabilità” nei suoi atteggiamenti è stato un fattore, ho pensato da subito che fosse la persona giusta. Quando ho visto per la prima volta Im Ji-ho invece, ho notato degli occhi profondi, pieni di espressività, e ho pensato fossero perfetti per trasmettere i vari stati emotivi di I-jung (la figlia).
Sono una regista che s’intromette molto nella recitazione delle mie attrici e ho dovuto usare approcci diversi; Mal Yang-bok è un’attrice che non sarà apparsa molto in televisione, ma che ha sulle spalle più di 30 anni di carriera teatrale, quindi, è una donna “esperta” in questo campo. Vista la sua espressività e versatilità, le ho assegnato diverse versioni di alcune scene e l’attrice ne sceglieva liberamente una. Im Ji-ho non aveva invece molte esperienze recitative e ho voluto dare delle direttive più nei dettagli per aiutarla il più possibile.
C’è qualche regista o film che ti ha ispirata a fare questo film? Il tuo film ci ha ricordato molto le prime opere di Lee Chang-dong.
Sono una grande ammiratrice di Lee Chang-dong e vi ringrazio molto per il paragone. Lee è stata un’influenza “indiretta” per me. In Accademia abbiamo studiato in modo approfondito il suo stile di regia, sia come gestisce lo spazio, cosa che ritengo fondamentale, sia come dirige gli attori. Ma non mi sono ispirata nello specifico ai suoi film. Studiando molti autori contemporanei in accademia, posso dire che ogni regista mi ha influenzato “indirettamente”. Uno di questi è stato Federico Fellini; ho visto Amarcord quando avevo vent’anni e mi è piaciuto particolarmente. Mentre durante la fase di montaggio ho rivisto Le Notti di Cabiria e ho riscontrato delle similitudini tra il personaggio di Cabiria e Su-kyung, quindi posso dire che questo autore sì, mi ha influenzato, ma “indirettamente”.