NC-316
24.06.2025
“There’s no place like home”, una celebre frase di The Wizard of Oz (Il Mago di Oz, 1939), che la protagonista Dorothy ripete per tornare a casa dopo l’incredibile avventura vissuta nella città di smeraldo. A chi non è mai capitato di ripetere queste parole almeno una volta nella vita? Voler esprimere il proprio desiderio di tornare in un luogo che consideriamo casa, ma in fondo cosa significa davvero “nessun posto è come casa mia”?. Oggigiorno è difficile dare un solo significato a una parola all’apparenza così semplice come Casa. C’è chi considera casa gli amici o la famiglia, e non un posto fisico, c’è chi invece se parla di casa pensa proprio a un luogo o una città, chi di casa ne ha una, chi due o più e chi nessuna, e poi c’è un gruppo di ragazzi che ha trovato la propria casa nel cinema.
Darna, dall’arabo “casa nostra”, è un associazione che nasce a Milano da un gruppo di ragazze e ragazzi che hanno in comune di essere tutti figli della diaspora SWANA (South West Asia and North Africa). Da sempre a cavallo tra due mondi, due culture, due case, hanno deciso di costruire la propria “dimora” attraverso il mezzo che meglio li rappresenta e nel quale hanno trovato uno strumento di riappropriazione della propria storia: il cinema.
Cafarnao - caos e miracoli (2018) di Nadine Labaki
Il cinema arabo, che ha conquistato i festival di tutto il mondo, è ancora troppo poco conosciuto al grande pubblico, nonostante diversi titoli siano entrati nella memoria collettiva o i suoi protagonisti si siano fatti strada a livello internazionale. Come ad esempio Cafarnao – caos e miracoli (2018) della regista libanese Nadine Labaki, che con questo film fu la prima regista araba a ricevere una nomination agli Oscar per il miglior Film straniero. E come lei tanti altri registi si sono fatti notare: Leïla Marrakchi, che nel 2006 uscì col film di maggior successo in Marocco, Marock, presentato anche a Cannes nella categoria A Certain Regard; Kaouther Ben Hania, regista tunisina che si è fatta conoscere a livello internazionale per i suoi film Beauty and the dogs (2017), The man who sold this skin (2020) e Four Daughters (2024); oppure il regista marocchino Faouzi Bensaïdi, che con i suoi lavori a girato vari festival e ha sempre spaziato tra i generi, dal dramma alla black comedy. Questi sono davvero pochissimi esempi dei tanti cineasti che con la propria arte raccontano i paesi arabi.
L’obiettivo di Darna, non è solamente quello di promuovere il cinema arabo, ma soprattutto quello di tornare ad avere una voce sulle proprie terre d’origine, libere dall’occhio imperialista occidentale che ha incatenato intere storie e personaggi a ruoli marginali e stereotipate. Proprio per questo motivo, il primo incontro dell’associazione, avvenuto al BASE di Milano, furono due giorni di cinema, musica e performance sul mondo arabo che avevano lo scopo di ricordare come, purtroppo, a causa soprattutto dei film americani (e non solo) nel nostro immaginario gli arabi sono da sempre rappresentati come terroristi, mercanti, persone losche, senza scrupoli o ribelli in qualche guerra che “stranamente” coinvolge l’esercito statunitense. Per non parlare dei paesaggi, che sono sempre ampi deserti dove la splendida architettura araba sparisce lasciando spazio a case senza forma o tende. Attraverso quei due giorni, si è invece voluta dare una nuova visione di un insieme di mondi e culture che condividono tanto ma dove ognuna porta qualcosa di sé (va infatti ricordato che dire cinema arabo è come dire cinema europeo, dove si tende a mettere insieme diversi paesi con diverse storie e culture).
Four Daughters (2024) di Kaouther Ben Hania
Se il primo evento di Darna fu un minifestival di due giorni al BASE per conoscere e celebrare il cinema Swana, successivamente hanno dato spazio al lato più tranquillo e conviviale che il cinema ha da offrire: l’intervallo. Al Circolino del pane, sempre a Milano, le ragazze di Darna hanno organizzato un “intervallo” dove tra focacce appena sfornate e atay marocchino (tè alla menta), hanno annunciato il loro ultimo progetto, Amara terra mia.
Amara terra mia è una rassegna cinematografica nata in collaborazione con il cinema Nuovo Armenia, spazio culturale ben noto ai cinefili milanesi perché permette di evadere con la mente e scoprire nuovi mondi che fuoriescono dallo sguardo occidentale, viaggiando tra film africani, asiatici e dell’America Latina. Le domande da cui parte questo viaggio con Darna è: come cambia la rappresentazione dei paesaggi nel cinema prodotto e vissuto in prima persona? Quali visioni emergono quando il deserto, la città, il mare o la montagna sono raccontati da chi li abita?. Attraverso questa rassegna Darna vuole farci scoprire cosa significhi davvero vivere quei luoghi e come vari registi etiopi, marocchini, algerini o libanesi siano riusciti a far dialogare i propri personaggi con il paesaggio circostante. Ovviamente Amara terra mia non è una rassegna come le altre, ma in pieno stile Darna, ogni rappresentazione sarà accompagnata da workshop, installazioni e musica dal vivo.
Se siete a Milano e cercate un'alternativa interessante per passare una serata (e magari scappare dal caldo in compagnia), le ragazze e i ragazzi di Darna vi aspettano giovedì 26 giugno al cinema Nuovo Armenia con il film Faya Dayi (2021) della regista Jessica Beshir, che sarà presente prima della proiezione per parlare del proprio lavoro e delle tematiche che ha trattato.
Faya Dayi (2021) di Jessica Beshir
NC-316
24.06.2025
“There’s no place like home”, una celebre frase di The Wizard of Oz (Il Mago di Oz, 1939), che la protagonista Dorothy ripete per tornare a casa dopo l’incredibile avventura vissuta nella città di smeraldo. A chi non è mai capitato di ripetere queste parole almeno una volta nella vita? Voler esprimere il proprio desiderio di tornare in un luogo che consideriamo casa, ma in fondo cosa significa davvero “nessun posto è come casa mia”?. Oggigiorno è difficile dare un solo significato a una parola all’apparenza così semplice come Casa. C’è chi considera casa gli amici o la famiglia, e non un posto fisico, c’è chi invece se parla di casa pensa proprio a un luogo o una città, chi di casa ne ha una, chi due o più e chi nessuna, e poi c’è un gruppo di ragazzi che ha trovato la propria casa nel cinema.
Darna, dall’arabo “casa nostra”, è un associazione che nasce a Milano da un gruppo di ragazze e ragazzi che hanno in comune di essere tutti figli della diaspora SWANA (South West Asia and North Africa). Da sempre a cavallo tra due mondi, due culture, due case, hanno deciso di costruire la propria “dimora” attraverso il mezzo che meglio li rappresenta e nel quale hanno trovato uno strumento di riappropriazione della propria storia: il cinema.
Cafarnao - caos e miracoli (2018) di Nadine Labaki
Il cinema arabo, che ha conquistato i festival di tutto il mondo, è ancora troppo poco conosciuto al grande pubblico, nonostante diversi titoli siano entrati nella memoria collettiva o i suoi protagonisti si siano fatti strada a livello internazionale. Come ad esempio Cafarnao – caos e miracoli (2018) della regista libanese Nadine Labaki, che con questo film fu la prima regista araba a ricevere una nomination agli Oscar per il miglior Film straniero. E come lei tanti altri registi si sono fatti notare: Leïla Marrakchi, che nel 2006 uscì col film di maggior successo in Marocco, Marock, presentato anche a Cannes nella categoria A Certain Regard; Kaouther Ben Hania, regista tunisina che si è fatta conoscere a livello internazionale per i suoi film Beauty and the dogs (2017), The man who sold this skin (2020) e Four Daughters (2024); oppure il regista marocchino Faouzi Bensaïdi, che con i suoi lavori a girato vari festival e ha sempre spaziato tra i generi, dal dramma alla black comedy. Questi sono davvero pochissimi esempi dei tanti cineasti che con la propria arte raccontano i paesi arabi.
L’obiettivo di Darna, non è solamente quello di promuovere il cinema arabo, ma soprattutto quello di tornare ad avere una voce sulle proprie terre d’origine, libere dall’occhio imperialista occidentale che ha incatenato intere storie e personaggi a ruoli marginali e stereotipate. Proprio per questo motivo, il primo incontro dell’associazione, avvenuto al BASE di Milano, furono due giorni di cinema, musica e performance sul mondo arabo che avevano lo scopo di ricordare come, purtroppo, a causa soprattutto dei film americani (e non solo) nel nostro immaginario gli arabi sono da sempre rappresentati come terroristi, mercanti, persone losche, senza scrupoli o ribelli in qualche guerra che “stranamente” coinvolge l’esercito statunitense. Per non parlare dei paesaggi, che sono sempre ampi deserti dove la splendida architettura araba sparisce lasciando spazio a case senza forma o tende. Attraverso quei due giorni, si è invece voluta dare una nuova visione di un insieme di mondi e culture che condividono tanto ma dove ognuna porta qualcosa di sé (va infatti ricordato che dire cinema arabo è come dire cinema europeo, dove si tende a mettere insieme diversi paesi con diverse storie e culture).
Four Daughters (2024) di Kaouther Ben Hania
Se il primo evento di Darna fu un minifestival di due giorni al BASE per conoscere e celebrare il cinema Swana, successivamente hanno dato spazio al lato più tranquillo e conviviale che il cinema ha da offrire: l’intervallo. Al Circolino del pane, sempre a Milano, le ragazze di Darna hanno organizzato un “intervallo” dove tra focacce appena sfornate e atay marocchino (tè alla menta), hanno annunciato il loro ultimo progetto, Amara terra mia.
Amara terra mia è una rassegna cinematografica nata in collaborazione con il cinema Nuovo Armenia, spazio culturale ben noto ai cinefili milanesi perché permette di evadere con la mente e scoprire nuovi mondi che fuoriescono dallo sguardo occidentale, viaggiando tra film africani, asiatici e dell’America Latina. Le domande da cui parte questo viaggio con Darna è: come cambia la rappresentazione dei paesaggi nel cinema prodotto e vissuto in prima persona? Quali visioni emergono quando il deserto, la città, il mare o la montagna sono raccontati da chi li abita?. Attraverso questa rassegna Darna vuole farci scoprire cosa significhi davvero vivere quei luoghi e come vari registi etiopi, marocchini, algerini o libanesi siano riusciti a far dialogare i propri personaggi con il paesaggio circostante. Ovviamente Amara terra mia non è una rassegna come le altre, ma in pieno stile Darna, ogni rappresentazione sarà accompagnata da workshop, installazioni e musica dal vivo.
Se siete a Milano e cercate un'alternativa interessante per passare una serata (e magari scappare dal caldo in compagnia), le ragazze e i ragazzi di Darna vi aspettano giovedì 26 giugno al cinema Nuovo Armenia con il film Faya Dayi (2021) della regista Jessica Beshir, che sarà presente prima della proiezione per parlare del proprio lavoro e delle tematiche che ha trattato.
Faya Dayi (2021) di Jessica Beshir