NC-265
21.01.2025
Chi ama il cinema - che si tratti di un fruitore o di un artista - sa quanto questa forma d’arte sia il frutto di innumerevoli fattori. Cosa rende un film riuscito? Certe volte la sceneggiatura, altre è il lato visivo ad esprimere la poetica dell’autore, ma le possibilità non terminano qui. Risulta evidente l’assenza di una regola, e lo stesso vale per quanto riguarda gli attori. Potremmo porci la stessa domanda: cosa rende un attore bravo? Anche qui la risposta risulterebbe multiforme.
Esistono infatti delle figure che, per un qualche motivo, sono indimenticabili. Nella nostra esperienza di spettatori avremo certamente notato quanto certi volti risultino più memorabili di altri. Ognuno può spiccare per motivi diversi: chi per lo sguardo, chi per i movimenti o chi per la particolarità dei ruoli interpretati. Al fianco di queste categorie, però, ne esiste un’altra spesso poco curata in quanto basata su una dote “naturale”: si tratta degli attori memorabili per i loro tratti estetici. L’apparenza di un interprete, infatti, dovrebbe essere uno degli ultimi aspetti da prendere in considerazione nel valutarne le capacità, ma le cose non vanno mai così e cercare di cambiare questa tendenza sarebbe una inevitabile forzatura, in quanto molto banalmente il fattore estetico è il primo in cui ci imbattiamo quando vediamo un film. Ovviamente ciò non significa che un attore debba essere bello; un attore memorabile, però, è capace di giocare con la propria immagine, di apparire come vuole e rivestire qualsiasi ruolo. Certe volte, poi, la natura sembra quasi assecondare queste inclinazioni, fornendo agli attori tratti somatici unici, gradevoli o sgradevoli che siano
Léa Seydoux è un’attrice che riesce a restare impressa nell’immaginario del pubblico per i motivi appena descritti. Il suo viso dagli zigomi prominenti, il piccolo spazio che separa gli incisivi e gli occhi malinconici hanno forse accentuato le caratteristiche insite in diversi ruoli che l’hanno condotta alla fama.
Léa Seydoux
La Belle Personne (2008)
Spesso criticata per la provenienza da una famiglia potente nel mondo del cinema, Léa iniziò in realtà relativamente tardi a recitare. L’attrice racconta di essere caduta in depressione durante l’adolescenza e di aver trovato nel teatro il proprio posto solo all’età di diciotto anni; ad oggi lavora spesso anche come modella, ma dichiara che ciò che davvero sente il bisogno di fare è solamente recitare, il resto non ha importanza. Sembra quasi che divenire un’attrice fosse inevitabile per Léa: tutto nella sua vita l’ha spinta ad iniziare un percorso privo di alternative e il magnetismo che la contraddistingue sullo schermo ne è la conferma. Numerosi film che la vedono protagonista non sono immaginabili senza la sua figura. I suoi occhi ammiccanti comunicano una forte vitalità intessuta di note malinconiche e lei stessa è consapevole di questa capacità espressiva; durante un’intervista per BLING! Léa, mostrando una foto di sé da piccola, esclama ridendo: “Ero già malinconica!”.
Non è un caso che Christophe Honoré abbia scelto proprio lei come protagonista di La Belle Personne (2008). L'attrice entra perfettamente nei panni di un’adolescente che stravolge con la propria bellezza la realtà di cui viene improvvisamente a far parte, forse addirittura spiccando su Louis Garrel, che al tempo era già esploso con The Dreamers (2003). Qui Lèa appare come una sorta di femme fatale, risultando qusi i"nquietantemente" affascinante nel suo essere portatrice di disgrazie.
Dopo questa esperienza la Seydoux ottiene piccoli ruoli in grandi film, ovvero Inglourious Basterds (Bastardi senza gloria, 2009) di Quentin Tarantino e Midnight in Paris (2011) di Woody Allen, ma la pellicola che segna la sua carriera aprendole le porte ad un futuro luminoso è La Vie d'Adèle (La vita di Adele, 2013). Assieme alla Palma d'Oro tributata all'opera, sia lei che la coprotagonista Adèle Exarchopoulos vinsero un premio speciale per le loro interpretazioni. Negli anni successivi Léa raccontò che girare questo film fu una dura prova per entrambe; oltre alla mancanza di qualsiasi forma di rispetto per le nudità delle due attrici, il regista fece un lavoro di profondo contatto con il loro vissuto e le loro emotività, che le scosse anche a livello personale. Non possiamo però negare che, forse, è anche questo approccio a tratti "violento" ad aver reso la pellicola tanto memorabile. Il film rappresenta la potenza dei rapporti e il modo in cui due persone possano reciprocamente sconvolgersi; oltre alla pellicola in generale, però, ad essere memorabile è l’interpretazione delle due interpreti principali: Léa non è come al solito un'ambigua femme fatale o una dolce e indifesa fanciulla, ma un personaggio attivo, magnetico, che tira fuori da Adele (la donna di cui è innamorata) un qualcosa di sconosciuto a se stessa. Questa caratterizzazione, che produce tra le due un gioco di forza dal precario equilibrio, è il frutto di una tecnica particolare; le due attrici raccontano infatti di aver abbandonato dopo poco il copione e di essere state esortate a dimenticare tutto per concentrarsi sul "momento in divenire".
Léa Seydoux e Adèle Exarchopoulos in La Vie d'Adèle (La vita di Adele, 2013)
A seguito di La Vie d'Adèle la carriera di Léa esplode, collabora con registi come Yorgos Lanthimos (The Lobster, 2015), Sam Mendes (Spectre, 2015), Xavier Dolan (Juste la fin du monde, 2016). La caratterizza il fatto di riuscire ad immedesimarsi in personaggi di grandi blockbusters, come Mission Impossibile (2011), e protagoniste di film d’autore. Arrivando ai suoi lavori più recenti spicca The French Dispatch (2021) di Wes Anderson, in cui l'attrice sfrutta il proprio fascino e la sensualità del corpo per creare una commovente immagine di sé: forse l'episodio che la vede protagonista di una drammatica storia d’amore e tra i più memorabili della pellicola.
Di certo però Un beau matin (Un bel mattino, 2022) le dà uno spazio maggiore; qui Léa sfrutta in modo ancora diverso la propria espressività: la vediamo infatti in qualità di madre. Sandra - è questo il nome del suo personaggio - è una donna vitale, nonostante la vita sia stata dura nei suoi confronti: questo aspetto è ritratto perfettamente dalla Seydoux che, servendosi dell’espressività del proprio volto incorniciato dai capelli corti, accenna dei sorrisi quasi ingenui. Gli abiti colorati, la capitale francese e le case colme di libri la accompagnano nel corso del film, alimentando una sensazione di conclusione, che si delinea man mano grazie al ricordo di un passato evocato di continuo. Léa ha qui una bellezza più matura, ma ancora pura e disincantata, alimentata da una vitale malinconia.
Successivamente lavora a Crimes of the Future (2022), un film distopico e grottesco che vede alla regia di David Cronenberg. In questo caso l’attrice riesce a dare una forma ancora nuova al proprio fascino, risultando a tratti inquietante e a tratti seduttiva nel quadro di uno scenario disturbante.
Con l'attore Melvil Poupaud in Un beau matin (Un bel mattino, 2022)
Tra gli ultimi lavori di Léa, però, forse quello che ha fatto più scalpore è The Beast (2023) di Bertrand Bonello. Ancora una volta la Seydoux funziona benissimo in combinazione con un altro protagonista, in questo caso George MacKay. Il film è attraversato da un costante senso di precarietà: sta per accadere qualcosa di orribile, lo sappiamo sin dalla prima sequenza, e proprio intorno a questo presentimento ruota il racconto di Henry James, sulla base del quale è liberamente costruita questa pellicola dai tratti distopici.
Il volto dell'attrice riesce perfettamente a rappresentare un costante e invadente sentimento di irrequietezza; la malinconia che gli occhi di Léa comunicano, trasformandosi ad un tratto in quelli vuoti di una bambola, riescono perfettamente a rappresentare l’impotenza di chi vive un qualcosa che, inevitabilmente, finirà; non è un caso che tanto spesso la telecamera si soffermi proprio sui dettagli del viso di questa protagonista. Ne risulta un lavoro che destabilizza lo spettatore, coinvolgendolo in un contesto di generale inquietudine.
Da questo breve quadro della carriera di una figura ormai centrale nello scenario cinematografico internazionale emerge l’immagine di un interprete sensibile e unica. Basti pensare alle assonanze tra Un beau matin e The Beast, entrambe pellicole attraversate da una indefinito senso di malinconia, alla capacità della Seydoux di recitare in stretto contatto con un secondo protagonista, quasi fondendosi con esso. Sembra che il lavoro di questa attrice possa essere concepito come un'unica grande opera, e forse è proprio questa possibilità a rendere grande un artista.
La Bête (The Beast, 2023)
NC-265
21.01.2025
Léa Seydoux
Chi ama il cinema - che si tratti di un fruitore o di un artista - sa quanto questa forma d’arte sia il frutto di innumerevoli fattori. Cosa rende un film riuscito? Certe volte la sceneggiatura, altre è il lato visivo ad esprimere la poetica dell’autore, ma le possibilità non terminano qui. Risulta evidente l’assenza di una regola, e lo stesso vale per quanto riguarda gli attori. Potremmo porci la stessa domanda: cosa rende un attore bravo? Anche qui la risposta risulterebbe multiforme.
Esistono infatti delle figure che, per un qualche motivo, sono indimenticabili. Nella nostra esperienza di spettatori avremo certamente notato quanto certi volti risultino più memorabili di altri. Ognuno può spiccare per motivi diversi: chi per lo sguardo, chi per i movimenti o chi per la particolarità dei ruoli interpretati. Al fianco di queste categorie, però, ne esiste un’altra spesso poco curata in quanto basata su una dote “naturale”: si tratta degli attori memorabili per i loro tratti estetici. L’apparenza di un interprete, infatti, dovrebbe essere uno degli ultimi aspetti da prendere in considerazione nel valutarne le capacità, ma le cose non vanno mai così e cercare di cambiare questa tendenza sarebbe una inevitabile forzatura, in quanto molto banalmente il fattore estetico è il primo in cui ci imbattiamo quando vediamo un film. Ovviamente ciò non significa che un attore debba essere bello; un attore memorabile, però, è capace di giocare con la propria immagine, di apparire come vuole e rivestire qualsiasi ruolo. Certe volte, poi, la natura sembra quasi assecondare queste inclinazioni, fornendo agli attori tratti somatici unici, gradevoli o sgradevoli che siano
Léa Seydoux è un’attrice che riesce a restare impressa nell’immaginario del pubblico per i motivi appena descritti. Il suo viso dagli zigomi prominenti, il piccolo spazio che separa gli incisivi e gli occhi malinconici hanno forse accentuato le caratteristiche insite in diversi ruoli che l’hanno condotta alla fama.
La Belle Personne (2008)
Spesso criticata per la provenienza da una famiglia potente nel mondo del cinema, Léa iniziò in realtà relativamente tardi a recitare. L’attrice racconta di essere caduta in depressione durante l’adolescenza e di aver trovato nel teatro il proprio posto solo all’età di diciotto anni; ad oggi lavora spesso anche come modella, ma dichiara che ciò che davvero sente il bisogno di fare è solamente recitare, il resto non ha importanza. Sembra quasi che divenire un’attrice fosse inevitabile per Léa: tutto nella sua vita l’ha spinta ad iniziare un percorso privo di alternative e il magnetismo che la contraddistingue sullo schermo ne è la conferma. Numerosi film che la vedono protagonista non sono immaginabili senza la sua figura. I suoi occhi ammiccanti comunicano una forte vitalità intessuta di note malinconiche e lei stessa è consapevole di questa capacità espressiva; durante un’intervista per BLING! Léa, mostrando una foto di sé da piccola, esclama ridendo: “Ero già malinconica!”.
Non è un caso che Christophe Honoré abbia scelto proprio lei come protagonista di La Belle Personne (2008). L'attrice entra perfettamente nei panni di un’adolescente che stravolge con la propria bellezza la realtà di cui viene improvvisamente a far parte, forse addirittura spiccando su Louis Garrel, che al tempo era già esploso con The Dreamers (2003). Qui Lèa appare come una sorta di femme fatale, risultando qusi i"nquietantemente" affascinante nel suo essere portatrice di disgrazie.
Dopo questa esperienza la Seydoux ottiene piccoli ruoli in grandi film, ovvero Inglourious Basterds (Bastardi senza gloria, 2009) di Quentin Tarantino e Midnight in Paris (2011) di Woody Allen, ma la pellicola che segna la sua carriera aprendole le porte ad un futuro luminoso è La Vie d'Adèle (La vita di Adele, 2013). Assieme alla Palma d'Oro tributata all'opera, sia lei che la coprotagonista Adèle Exarchopoulos vinsero un premio speciale per le loro interpretazioni. Negli anni successivi Léa raccontò che girare questo film fu una dura prova per entrambe; oltre alla mancanza di qualsiasi forma di rispetto per le nudità delle due attrici, il regista fece un lavoro di profondo contatto con il loro vissuto e le loro emotività, che le scosse anche a livello personale. Non possiamo però negare che, forse, è anche questo approccio a tratti "violento" ad aver reso la pellicola tanto memorabile. Il film rappresenta la potenza dei rapporti e il modo in cui due persone possano reciprocamente sconvolgersi; oltre alla pellicola in generale, però, ad essere memorabile è l’interpretazione delle due interpreti principali: Léa non è come al solito un'ambigua femme fatale o una dolce e indifesa fanciulla, ma un personaggio attivo, magnetico, che tira fuori da Adele (la donna di cui è innamorata) un qualcosa di sconosciuto a se stessa. Questa caratterizzazione, che produce tra le due un gioco di forza dal precario equilibrio, è il frutto di una tecnica particolare; le due attrici raccontano infatti di aver abbandonato dopo poco il copione e di essere state esortate a dimenticare tutto per concentrarsi sul "momento in divenire".
Léa Seydoux e Adèle Exarchopoulos in La Vie d'Adèle (La vita di Adele, 2013)
A seguito di La Vie d'Adèle la carriera di Léa esplode, collabora con registi come Yorgos Lanthimos (The Lobster, 2015), Sam Mendes (Spectre, 2015), Xavier Dolan (Juste la fin du monde, 2016). La caratterizza il fatto di riuscire ad immedesimarsi in personaggi di grandi blockbusters, come Mission Impossibile (2011), e protagoniste di film d’autore. Arrivando ai suoi lavori più recenti spicca The French Dispatch (2021) di Wes Anderson, in cui l'attrice sfrutta il proprio fascino e la sensualità del corpo per creare una commovente immagine di sé: forse l'episodio che la vede protagonista di una drammatica storia d’amore e tra i più memorabili della pellicola.
Di certo però Un beau matin (Un bel mattino, 2022) le dà uno spazio maggiore; qui Léa sfrutta in modo ancora diverso la propria espressività: la vediamo infatti in qualità di madre. Sandra - è questo il nome del suo personaggio - è una donna vitale, nonostante la vita sia stata dura nei suoi confronti: questo aspetto è ritratto perfettamente dalla Seydoux che, servendosi dell’espressività del proprio volto incorniciato dai capelli corti, accenna dei sorrisi quasi ingenui. Gli abiti colorati, la capitale francese e le case colme di libri la accompagnano nel corso del film, alimentando una sensazione di conclusione, che si delinea man mano grazie al ricordo di un passato evocato di continuo. Léa ha qui una bellezza più matura, ma ancora pura e disincantata, alimentata da una vitale malinconia.
Successivamente lavora a Crimes of the Future (2022), un film distopico e grottesco che vede alla regia di David Cronenberg. In questo caso l’attrice riesce a dare una forma ancora nuova al proprio fascino, risultando a tratti inquietante e a tratti seduttiva nel quadro di uno scenario disturbante.
Con l'attore Melvil Poupaud in Un beau matin (Un bel mattino, 2022)
Tra gli ultimi lavori di Léa, però, forse quello che ha fatto più scalpore è The Beast (2023) di Bertrand Bonello. Ancora una volta la Seydoux funziona benissimo in combinazione con un altro protagonista, in questo caso George MacKay. Il film è attraversato da un costante senso di precarietà: sta per accadere qualcosa di orribile, lo sappiamo sin dalla prima sequenza, e proprio intorno a questo presentimento ruota il racconto di Henry James, sulla base del quale è liberamente costruita questa pellicola dai tratti distopici.
Il volto dell'attrice riesce perfettamente a rappresentare un costante e invadente sentimento di irrequietezza; la malinconia che gli occhi di Léa comunicano, trasformandosi ad un tratto in quelli vuoti di una bambola, riescono perfettamente a rappresentare l’impotenza di chi vive un qualcosa che, inevitabilmente, finirà; non è un caso che tanto spesso la telecamera si soffermi proprio sui dettagli del viso di questa protagonista. Ne risulta un lavoro che destabilizza lo spettatore, coinvolgendolo in un contesto di generale inquietudine.
Da questo breve quadro della carriera di una figura ormai centrale nello scenario cinematografico internazionale emerge l’immagine di un interprete sensibile e unica. Basti pensare alle assonanze tra Un beau matin e The Beast, entrambe pellicole attraversate da una indefinito senso di malinconia, alla capacità della Seydoux di recitare in stretto contatto con un secondo protagonista, quasi fondendosi con esso. Sembra che il lavoro di questa attrice possa essere concepito come un'unica grande opera, e forse è proprio questa possibilità a rendere grande un artista.
La Bête (The Beast, 2023)